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Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

FINGAL

POEMA EPICO

INTRODUZIONE

Artosupremo re d’Irlandaessendo venuto a morteebbe per successoreCormac suo figliuolo

rimasto in minorità. Cucullinofigliuolo di Semosignore dell’isoladella nebbiauna delle Ebridi

ritrovandosi a quel tempo in Ulstered essendo rinomatissimo per le suegrandi impresefu in

un’assemblea di regolie capi delle tribù radunate per quest’oggetto aTemorapalagio del re

d’Irlandaeletto unanimemente custode del giovine re. Non avea governato alungo gli affari di

Colmacquando fu recata la novella che Svaranofiglio di Starnore diLoclino sia della

Scandinaviaavea disegnato d’invader l’Irlanda. Cucullinoa tal nuovaspedì tosto Munan

figliuolo di Stirmalguerriero irlandesea Fingalre o capo di quejCaledonjche abitavano la

costa occidentale della Scoziaper implorarne soccorso. Fingal mosso nonmeno da un principio di

generositàche dall’affinità che passava tra lui e la famiglia regale d’Irlandarisolse di far una

spedizione in quel paese: ma prima ch’egli arrivasseil nemico era giàapprodato ad Ulster.

Cucullinoin questo frattempo aveva raccolto il fiore delle tribù a Turacastello di Ulstere

mandati scorridori lungo la costaperchè gli dessero pronte notizie dell’arrivodel nemico. Tal è lo

stato degli affariquando il poema comincia.

L’azione del poema non comprende che cinque giornie cinque notti. Lascena è nella pianura di

Lenapresso una montagna chiamata Cromlasulla costa di Ulster.

CANTO I

ARGOMENTO: Cucullino postosi a seder solo sotto d’un alberoalla porta diTuramentri gli altri capitani erano iti a

caccia sul vicino monte di Cromlaè avvisato dello sbarco di Svarano daMoranfigliuolo di Fitiuno dei suoi

scorridori. Egli raduna i capi della nazione: si tiene un consiglionelquale si disputa se debbasi dar battaglia al

nemico. Conalregolo di Togorma ed intimo amico di Cucullinoè di parereche debbasi differire sino all’arrivo di

Fingalma Calmarfiglio di Matasignore di Laracontrada del Connaughtè d’opinione che s’attacchi tosto il

nemico: Cucullinogià desideroso di combatteres’attiene al parere diCalmar.Nella rassegna dei suoi soldati non

vede tre de’ suoi più valorosi campioniFergustoDucomano e Catbar.GiungeFergusto e dà notizia a Cucullino della

morte degli altri due capitani: L’armata di Cucullino è scoperta da lungida Svaranoil quale manda il figliuolo di

Arno ad osservare i movimenti del nemicomentre egli schiera le sue truppein ordine di battaglia. Descrizione del

carro di Cucullino. Le armate si azzuffano; masopraggiunta la nottelavittoria resta indecisa. Cucullinosecondo

l’ospitalità di que’ tempi invita Svarano ad un convito per mezzo delsuo bardo Carilo. Svarano ricusa ferocemente

l’invito. Carilo narra a Cucullino la storia di Grudar e Brassolis. Simandano per consiglio di Conalalcune scorte ad

osservare il nemico e con questo termina l’azione del primo giorno.

Di Tura accanto alla muraglia assiso

Sotto una pianta di fischianti foglie

Stavasi Cucullin: lì pressoal balzo

Posava l'asta; appiè giacea lo scudo.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

3

Membrava ei col pensiero il pro' Cairba

Da lui spento in battaglia; allor che ad esso

L'esplorator dell'ocèan sen venne

Moran figlio di Fiti. Alzatiei disse

AlzatiCucullin: già di Svarano

Veggo le navi; è numerosa l'oste

Molti i figli del mar. Tu sempre tremi

Figlio di Fitia lui rispose il duce

Occhiazzurro d'Erinae la tua tema

Agli occhi tuoi moltiplica i nemici.

Fia forse il re de’ solitarj colli

Che a soccorrer mi vien. Nonodiss'egli

Vidi il lor duce; al luccicar dell'arme

Alla quadrata torreggiante mole

Parea masso di ghiaccio: asta ei solleva

Pari a quel pin che folgore passando

Disfrondato lasciò: nascente luna

Sembra il suo scudo. Egli sedea sul lido

Sopra uno scoglioannubilato in volto

Come nebbia sul colle. O primoio dissi

Tra' mortaliche fai? son molte in guerra

Le nostre destree forti: a ragion detto

Il possente sei tu; ma non pertanto

Più d'un possente dall'eccelsa Tura

Fa di sè mostra. Ohrispos'eicol tuono

D'un'infranta allo scoglioe mugghiante onda

Chi mi somiglia? al mio cospetto innanzi

Non resistono eroi; cadon prostrati

Sotto il mio braccio. Il sol Fingalloil forte

Re di Morven nembosaaffrontar puote

La possa di Svaran. Lottammo un tempo

Sui prati di Malmorree i nostri passi

Crollaro il bosco; e traballàr le rupi

Smosse dalle ferrigne ime radici;

E impauriti alla terribil zuffa

Fuggir travolti dal suo corso i rivi.

Tre dì pugnammoe ripugnammo; i duci

Stetter da lungie ne tremàr. Nel quarto

Vanta Fingàlche 'l re dell'oceàno

Cadde atterrato; ma Svaran sostenta

Ch'ei non piegò ginocchioe non diè crollo

Or ceda dunque Cucullino oscuro

A luiche nell'indomita possanza

L'orride di Malmor tempeste agguaglia.

Nogridò il duce dal ceruleo sguardo

Non cederò a vivente: o Cucullino

Sarà grandeo morrà. Figlio di Fiti

Prendi la lancia mia; vannee con essa

Batti lo scudo di Cabar che pende

Alla porta di Tura: il suo rimbombo

Non è suono di pace; i miei guerrieri

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

4

L'udiran da' lor colli. Ei va; più volte

Batte il concavo scudo: e collie rupi

Ne rimbombaroe si diffuse il suono

Per tutto il bosco. Slanciasi d'un salto

Dalla roccia Curan; Conallo afferra

La sanguinosa lancia; a Crugal forte

Palpita il bianco petto; e dammee cervi

Lascia il figlio di Fai. RonnàrLugante

Questo è lo scudo della guerraè questa

L'asta di Cucullin: quaquabrandielmi;

Compagni all'arme. Vèstiti l'usbergo

Figlio dell'onda: alza il sanguigno acciaro

Fero Calmàr. Che fai? su sorgio Puno

Orrido eroe: scoteteviaccorrete

EtoCaltoCarban: tu 'l rosseggiante

Alber di Cromlae tu lascia le sponde

Del patrio Lena; e tu t'avanzao Calto

Lunghesso il Morae l'agil piede impenna.

Or sì gli scorgo: ecco i campion possenti

Fervidiaccesi di leggiadro orgoglio.

La rimembranza dell'imprese antiche

Sprona il valor natio. Son i lor occhi

Fiamme di focoe de’ nemici in traccia

Van dardeggiando per la piaggia i sguardi.

Stan su i brandi le destre: escon frequenti

Dai lor fianchi d'acciar lampi focosi.

Ciascun dal colle suo scagliossi urlando

Qual torrente montan. Brillan i duci

Della battaglia nei paterni arnesi

Precedendo ai guerrier: seguono questi

Foltifoschi terribili a vedersi

Siccome gruppo di piovose nubi

Dietro a rosse del ciel meteore ardenti.

S'odon l'arme stridir; s'alzan le note

Del bellicoso canto: i grigi cani

Le interrompono cogli urli; e raddoppiando

L'indistinto fragor Cromla rintrona.

Stettersi tutti alfin sopra il deserto

Prato di Lenae l'adombrar; siccome

Nebbia là per l'autunno i colli adombra

Quando oscuraondeggiante in alto poggia.

Io vi salutoCucullin comincia

Figli d'anguste vallioh vi saluto

Cacciatori di belve; a noi ben altra

Caccia s'apprestaromorosaforte

Come quell'onda che la spiaggia or fere.

Ditefigli di guerra: or viadobbiamo

Pugnar noi dunqueod a Loclin la verde

Erina abbandonar? ParlaConallo

Tu fior d'eroitu spezzator di scudi

Che pensi tu? più d'una volta in campo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

5

Contro Loclin pugnasti; ed or vorrai

Meco la lancia sollevar del padre?

Cucullinoei parlòplacido in volto

Acuta è l'asta di Conalloed ama

Di brillar nella pugnae diguazzarsi

Nel sangue degli eroi: pur se la guerra

Pende la mansta per la pace il core.

Tu che alle guerre di Corman sei duce

Guarda la flotta di Svaran: stan folte

Sul nostro lido le velate antenne

Quanto canne del Lego; e le sue navi

Sembran boschi di nebbia ricoperti

Quando gli alberi piegano alle alterne

Scosse del vento; i suoi guerrier son molti:

Per la pace son io. Fingàlnon ch'altri

L'incontro scanseriaFingallo il primo

L'unico tra gli eroiFingal che i forti

Sperdequal turbo la minuta arena.

A lui rispose disdegnosamente

Calmar figlio di Mata. E ben va'fuggi

Tu pacifico eroefuggie t'inselva

Tra' colli tuoidove giammai non giunse

Luce d'asta guerriera: ivi di Cromla

I cervi inseguiivi coi dardi arresta

I saltellanti cavriol del Lena.

Ma tu di Semo occhi–ceruleo figlio

Tu delle pugne correttordisperdi

La stirpe di Loclin; scagliati in mezzo

Dell'orgogliose schieree latrae ruggi.

Fa' che naviglio del nevoso regno

Più non ardisca galleggiar sull'onde

Oscure d'Inistor. Sorgete o voi

Voi d'Inisfelatenebrosi venti

Imperversate tempestefremete

Turbini e nembi. Ah sìmuoja Calmarre

Fra le tempeste infrantoo dentro a un nembo

Squarciato dall'irate ombre notturne;

Muoja Calmar fra turbini e procelle

Se mai grato gli fu suono da caccia

Quanto di scudo messaggier di guerra.

Furibondo CalmarConàl riprese

Posatamenteè a me la fuga ignota;

Misi l'ale al pugnar: bench'anco è bassa

La fama di Conalloin mia presenza

Vinsersi pugnee s'atterràr gagliardi.

Figlio di Semo la mia voce ascolta:

Cura ti prenda del regal retaggio

Del giovine Corman; ricchezze e doni

E la metà della selvosa terra

Offri a Svaranfinché da Morven giunga

Il possente Fingallo in tuo soccorso.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

6

Questo è 'l consiglio mio: che se piuttosto

La pugna eleggieccomi pronto; e lancia

Brandisco e spada; mi vedrai tra mille

Ratto avventarmie l'alma mia di gioja

Sfavillerà nei bellicosi orrori.

Sì sìsoggiunse Cucullin; m'è grato

Il suon dell'armiquanto a primavera

Tuono forier di desiata pioggia.

Su dunque tosto si raccolgan tutte

Le splendide tribù; sicch'io di guerra

Ravvisi i figli ad un ad un schierarsi

Sulla pianurarilucenti come

Anzi tempesta il solqualora il vento

Occidental le nubi ammassae scorre

Il sordo suon per le morvenie querce.

Ma dove son gli amici? i valorosi

Compagni del mio braccio entro i perigli?

Ove se’ tu Catbarre? ove quel nembo

In guerra Ducomano? e tu Fergusto

M'abbandonasti nel terribil giorno

Della tempesta? tu de’ miei conviti

Nella gioja il primierfiglio di Rossa

Braccio di morte. Eccolo; ei vienqual leve

Cavriol de Malmorre. Addio possente

Figlio di Rossae qual cagion rattrista

Quell'anima guerriera? In su la tomba

Di Catbarreei risposein questo punto

S'alzano quattro pietree queste mani

Sotteràr Ducomanquel nembo in guerra.

Catbarreo figlio di Tormantu eri

Raggio sulle colle: o Ducoman rubesto

Nebbia eri tu del paludoso Lano

Che pel fosco d'autunno aer veleggia

E morte porta al popolo smarrito.

O Mornao tra le vergini di Tura

La più leggiadraè placido il tuo sonno

Nell'antro della rupe. Ah tu cadesti

Come stella fra tenebre che striscia

Per lo desertoe 'l peregrin soletto

Di così passaggier raggio si dole.

Ma di'riprese Cucullinma dimmi

Come cadder gli eroi? cadder pugnando

Per man dei figli di Loclin? qual altra

Cagion racchiude d'Inisfela i duci

Nell'angusta magion? - Catbar cadeo

Per man di Ducomano appo la quercia

Del mormorante rio; Ducoman poscia

Venne all'antro di Turae a parlar prese

All'amabile Morna: O Mornao fiore

Delle donzellea che ti stai soletta

Nel cerchio delle pietreentro lo speco?

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

7

Sei pur bellaamor mio: sembra il tuo volto

Neve là nel desertoe i tuoi capelli

Fiocchi di nebbia che serpeggiae sale

In tortuosi vorticie s'indora

Al raggio occidental. Sembran le mamme

Due liscietondeluccicanti pietre

Che spuntano dal Brano: e le tue braccia

Due tornite marmoree colonne

Che sorgon di Fingallo entro le sale.

E donde vieni? l'interruppe allora

La donzelletta dalle bianche braccia:

Donde ne vieni o Ducomanfra tutti

I viventi il più tetro? oscure e torve

Son le tue cigliaed hai gli occhi di bragia.

Comparisce Svaran? di'del nemico

Qual nuova arrechiDucomano? - O Morna

Vengo dal colledal colle de’ cervi

Vengone a te; coll'infallibil arco

Tre pur or ne trafissie tre ne presi

Coi veltri della caccia. Amabil figlia

Del nobile Cormanteodimi: io t'amo

Quanto l'anima mia: per te col dardo

Uccisi un cervo maestoso; avea

Alta fronte ramosae piè di vento.

Ducomanripigliò placida e ferma

La figlia di Cormante: or vianon t'amo

Non t'amoorrido ceffo; hai color di selce

Ciglio di notte. TuCatbartu solo

Sei di Morna l'amortu che somigli

Raggio di sole in tempestoso giorno.

Di'lo vedesti amabileleggiadro

Sul colle de’ suoi cervi? in questa grotta

La sua Morna l'attende. E lungo tempo

Morna l'attenderàferocemente

Riprese Ducoman: siede il suo sangue

Sopra il mio brando. Egli cadeo sul Brano:

La tomba io gli alzerò. Ma tu donzella

Volgiti a Ducomanoin lui tu fisa

Tutto il tuo corein Ducoman che ha 'l braccio

Forte come tempesta. Oimè! cadeo

Il figlio di Torman? disse la bella

Dall'occhio lagrimoso; il giovinetto

Dal bel petto di neve? ei ch'era il primo

Nella caccia del colle? il vincitore

Degli stranier dell'oceàno? Ah truce

Truce sei Ducoman; crudele a Morna

È 'l braccio tuo. Dammi quel brando almeno

Crudo nemicoond'io lo stringa; io amo

Il sangue di Catbar. Diede la spada

Alle lagrime sue: quella repente

Passogli il petto: ei rovinò qual ripa

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

8

Di torrente montan. Stese il suo braccio

E così disse: Ducomano hai morto;

Freddo è l'acciaro nel mio petto: o Morna

Freddo lo sento. Almen fa' che 'l mio corpo

L'abbia Moina: Ducomano il sogno

Era delle sue notti; essa la tomba

Innalzerammi; il cacciator vedralla

Mi loderà: trammi del petto il brando

Morna; freddo è l'acciar. Venne piangendo;

Trassegli il brando: ei col pugnal di furto

Trafisse il bianco latoe sparse a terra

La bella chioma: gorgogliando il sangue

Spiccia dal fianco; il suo candido braccio

Striscian note vermiglie: ella prostesa

Rotolò nella mortee a' suoi sospiri

L'antro di Tura con pietà rispose.

Sia lunga paceCucullin soggiunse

All'alme degli eroi: le loro imprese

Grandi fur ne’ perigli. Errinmi intorno

Cavalcion sulle nubie faccian mostra

De’ lor guerrieri aspetti; allor quest'alma

Forte fia ne’ periglie 'l braccio mio

Imiterà le folgori del cielo.

Ma tuMorna gentilvientene assisa

Sopra un raggio di lunae dolcemente

T'affaccia allo sportel del mio riposo

Quando cessò lo strepito dell'arme

E tutti i miei pensier spirano pace.

Or delle mie tribù sorga la possa

Alla zuffa moviam. Seguite il carro

Delle mie pugne: a quel fragor di gioja

Brillivi l'alma: mi sien poste accanto

Tre lanciee dietro all'anelante foga

De’ miei destrier correte. Io vigor quindi

Novo concepiròquando s'offusca

La mischia ai raggi del mio brando intorno.

Con quel rumorcon quel furor che sbocca

Torrente rapidissimo dal cupo

Precipizio di Cromlae 'l tuon frattanto

Mugge su i fianchie sulla cima annotta;

Così vastiterribiliferoci

Balzano tutti impetuosamente

D'Inisfela i guerrier. Precede il duce

Siccome immensa d'oceàn balena

Che gran parte di mar dietro si tragge.

Lungo la spiaggia ei va rotandoe a rivi

Sgorga valor. L'alto torrente udiro

I figli di Loclin: Svaran percosse

Lo scudoe a sè chiamò d'Arno la prole.

Dimmiche è quel mormorio dal monte

Che par d'un sciame di notturni insetti?

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

9

Scendono i figli d'Inisfelao 'l vento

Freme lungi nel bosco? in cotal suono

Romoreggia Gormalprima che s'alzi

De’ flutti miei la biancheggiante cima.

Poggia sul colleo figlio d'Arnoe guata

L'oscura faccia della piaggia. Andonne

Ma tosto ritornò: tremanteansante

Sbarra gli occhi atterritie il cor nel petto

Sentesi palpitar; son le voci

Rottelenteconfuse. Alzatio figlio

Dell'oceàn; veggo il torrente oscuro

Della battaglial'affollata possa

Della stirpe d'Erina: il carroil carro

Della guerra ne vienfiamma di morte

Il carro rapidissimo sonante

Di Cucullin figlio di Semo. Addietro

Curvasi in arcocome onda allo scoglio

Come al colle aurea nebbia: i fianchi suoi

Son di commesse colorate pietre

Variatie distinti; e brillan come

Mar che di notte ad una barca intorno

De’ remi all'agitar lustrae s'ingemma.

Forbito tasso è 'l suo timonee 'l seggio

Di liscio e lucid'osso: e quincie quindi

Aspro è di lanciee la più bassa parte

È predella d'eroi: dal destro lato

Scorgesi il generosoil ben–crinito

Di largo pettodi cervice altera

Alto–sbuffantenitritor destriero;

L'unghia sfavillaed i suoi sparsi crini

Sembran quella colà striscia fumosa.

Sifadda ha nomee Duronallo è l'altro

Che al manco lato del terribil carro

Stassidi sottil crindi robusta unghia

Nelle tempeste dell'acciar bollente

Veloce corridorfiglio del colle.

Mille striscie di cuojo il carro in alto

Legano; aspri d'acciar bruniti freni

Nuotano luminosi in biancheggiante

Corona ampia di spumee gemmi–sparse

Liscie sottili redini scorrendo

Libere van su' maestosi colli

De’ superbi destrieri: essi la piaggia

Libano velocissimiqual nebbia

Le acquose vallie van ferocemente

Con la foga de’ cervie con la possa

D'aquila infaticabileche piomba

Sulla sua predae col fragor del verno

Là per le terga di Gormal nevose.

Sul carro assiso alto grandeggia il duce

Il tempestoso figlio della spada

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

10

Il forte Cucullinprole di Semo

Re delle conche: le sue fresche guancie

Lustrano a paro del mio tassoe 'l guardo

De’cerulei suoi lumi ampio si volve

Sottesso all'arco delle ciglia oscuro.

Volagli fuor come vibrante fiamma

Del capo il crinmentr'ei spingesi innanzi

Crollando l'asta minacciosa: fuggi

O re dell'oceànfuggiei s'avanza

Come tempesta. E quando mairispose

Mi vedesti a fuggir? quando ho fuggito

Figlio di codardia? Che? di Gormallo

Le tempeste affrontaiquando dei flutti

Torreggiava la spuma; affrontai fermo

Le tempeste del cieloed or vilmente

Fuggirò da un guerrier? Foss'ei Fingallo

Non mi si abbuierìa l'alma di tema.

Alzateviversatemivi intorno

Forti miei millein vorticosi giri

Qual rotante profondo: il brando vostro

Segua il sentier del luminoso acciaro

Del vostro duce; e dei nemici all'urto

Siate quai rupi del terren natio

Che baldanzosamente alle tempeste

Godon di farsi incontroe stendon tutti

Al vento irato i tenebrosi boschi.

Come d'autunno da due balze opposte

Iscatenati turbini focosi

S'accavallan tra lorcosì l'un l'altro

S'avviluppan gli eroi; come dall'alto

Di rotte rupi rotolon cadendo

Due torrenti spumosi urtansi in giostra

Con forti cozzie giù con le miste onde

Van rovinosi a tempestar sul piano;

Sì romoroseprocellosee negre

Inisfelae Loclin nella battaglia

Corronsi ad incontrar: duce con duce

Cambiava i colpiuomo con uom; già scudo

Scudo premeelmetto elmoacciar percosso

Rimbalza dall'acciaro: a brania squarci

Spiccansi usberghi; e sgorga atroe fumeggia

Il sangue; e per lo ciel volanocadono

Nembi di dardie tronchi d'astee schegge;

Quai circoli di luceonde s'indora

Di tempestosa notte il fosco aspetto.

Non mugghiar d'oceànoe non fracasso

D'ultimo tuono assordator del cielo

Può uguagliar quel rimbombo. Ancor se presso

Fosservi i cento di Corman cantori

Per dar al canto le guerresche imprese

Pur di cento cantor foran le voci

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

11

Fiacche per tramandar ai dì futuri

Le morti degli eroi; sì folti e spessi

Cadeano a terrae de’ gagliardi il sangue

Sì largo trascorrea. Figli del canto

Piangete Sitalin; piangiFiona

Sulle tue piagge il grazioso Ardano.

Come due snelli giovinetti cervi

Là nel desertoessi cadèr per mano

Del feroce Svaran; che in mezzo a mille

Mugghiava sìche il tenebroso spirto

Parea della tempestaassiso in mezzo

Dei nembi di Gormalche della morte

Del naufrago nocchier s'allegra e pasce.

Nè già sul fianco ti dormì la destra

Sir della nebulosa isola: molte

Del braccio tuo furon le mortie il brando

Era un foco del ciel quando colpisce

I figli della valle; incenerite

Cadon le gentie tutto il monte è fiamma.

Sbuffan sangue i destrier; nel sangue guazza

L'unghia di DuronalSifadda infrange

Pesta corpi d'eroi: sta raso il campo

Addietro lorquai rovesciati boschi

Nel deserto di Cromlaallor che 'l turbo

Sulla piaggia passò carco de’ tetri

Spirti notturni le rugghianti penne.

Vergine d'Inistorre allenta il freno

Alle lagrime tuedelle tue strida

Empi le balzeil biondo capo inchina

Sopra l'onde ceruleeo tu più bella

Dello spirto dei colli in su 'l meriggio

Che nel silenzio dei movernj boschi

Sopra d'un raggio tremulo di luce

Move soavemente. Egli cadeo:

E` basso il tuo garzon; pallido ei giace

Di Cucullin sotto la spada; e 'l core

Fervido di valorpiù nelle pugne

Non fia che spinga il giovinetto altero

De’ regi il sangue ad emular. Trenarre

L'amabile Trenardonzellaè morto.

Empion la casa d'ululati i fidi

Grigi suoi canie del signor diletto

Veggon l'ombra passar. Nelle sue sale

Pende l'arco non tesoe non s'ascolta

Sul colle de’ suoi cervi il corno usato.

Come a scoglio mille ondeincontro Erina

Tal di Svaran va l'oste; e come scoglio

Mille onde incontradi Svaran la possa

Così Erina incontrò. Schiude la morte

Tutte le fauci suetutte l'orrende

Sue voci innalzae le frammischia al suono

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

12

Dei rotti scudi: ogni guerriero è torre

D'oscuritadeed ogni spada è lampo.

Monti echeggiano e piaggeal par di cento

Ben pesanti martelli alternamente

Alzantisiabbassantisi sul rosso

Figlio della fornace. E chi son questi

Questi chi sonche tenebrosiorrendi

Vanno con tal furor? veggo due nembi

Duo folgori vegg'io: turbati intorno

Sono i colli minorie trema il musco

Sull'erte cime delle rupi annose.

E chi son questi maifuorché il possente

Figlio dell'oceànoe il nato al carro

D'Erina correttor. Tengon lor dietro

Spessi sul piano ed anelanti sguardi

Dei fidi amicialla terribil vista

Turbatiincerti: ma già già la notte

Scendee tra nubi i due campioni involve;

E all'orribil conflitto omai dà posa.

Di Cromla intanto sull'irsuto fianco

Pose Dorglante i cavrioli e i cervi

Felici doni della caccia innanzi

Che lasciassero il colle i forti eroi.

Cento guerrieri a raccor scope in fretta

Dansitrecento a scer le lisce pietre;

Dieci accendon la fiammae fuma intorno

L'apprestato convito. Allor d'Erina

Il generoso duce il suo leggiadro

Spirito ripigliò: sulla raggiante

Lancia chinossie a Carilo si volse

Canuta prole di Chinfenae dolce

Figlio de’ canti: E per me solo adunque

S'imbandirà questo convitoe intanto

Starà il re di Loclin sulla ventosa

Spiaggia d'Ullina abbrividatoe lungi

Dai cervi de’ suoi collie dalle sale

De’ suoi conviti? Or viaCarilo sorgi

Porta a Svaran le mie parole: digli

Che la mia festa io spargo: ei venga in queste

Ore notturne ad ascoltare il suono

De’ miei boschettior che gelatiacuti

Pungono i venti le marine spume.

Vengae la dolce arpa tremantee i canti

Ascolti degli eroi. Carilo andonne

Con la voce più dolcee così disse

Al re dei bruni scudi: Esci dall'irte

Pelli della tua cacciaesciSvarano

Signor dei boschi: Cucullin diffonde

La gioja delle conchee a sè t'invita.

Vienio Svaran. Quei non parlòmuggìo

Simile al cupo brontolio di Cromla

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

13

Di tempeste forier: "Quand'ancheErina

Le giovinette tue mi stendan tutte

Le loro braccia di nevee faccian mostra

Dei palpitanti pettie dolcemente

Girino a me gl'innamorati sguardi;

Fermo quai mille di Loclin montagne

Qui Svaran rimarràfinché 'l mattino

Venga co' raggi suoi dal mio orìente

A rischiarar di Cucullin la morte.

Grato mi freme nell'orecchio il vento

Che percuote i miei mari: ei nelle sarte

Parlamie nelle velee mi rimembra

I verdi boschi di Gormalche spesso

A' miei venti echeggiarquando rosseggia

La lancia mia dietro le belve in caccia.

A Cucullin tu riedi: a ceder pensi

L'antico trono di Cormano imbelle;

O i torrenti d'Erina al nuovo giorno

Alle sue rupi mostreran la spuma

Rossa del sangue del domato orgoglio".

Carilo ritornò: bendisseè trista

La voce di Svaran. Ma sol per lui

Ripigliò Cucullin: tu la tua sciogli

Carilo intantoe degli antichi tempi

Rammenta i fatti; fra le storie e i canti

Scorra la notte: entro il mio core infondi

La dolcezza del duol; che molti eroi

E molte vaghe vergini d'amore

Già fioriro in Erinae dolci all'alma

Scendon le note del dolorche s'ode

Ossian cantar là d'Albion su i monti

Quando cessò la romorosa caccia

E s'arresta ad udir l'onda del Cona.

Venne in Erina nei passati giorni

Ei cominciòdell'oceàn la stirpe.

Ben mille navi barcollar sull'onde

Ver l'amabile Ullina. Allor s'alzaro

I figli d'Inisfelae fersi incontro

Alla schiatta dei scudi. Ivi Cairba

Cima dei ducied ivi era pur Gruda

Maestoso garzon: già lunga rissa

Ebber tra lor pel variato toro

Che nella valle di Golbun muggìa.

Ciascun volealoe fu spesso la morte

Già per calar sulle taglienti spade.

Pur nel gran giorno l'un dell'altro a lato

Pugnar que’ prodi; gli stranier fuggiro.

Qual nome sopra il colle era sì bello

Quanto Grudae Cairba? Ah perchè mai

Tornò 'l toro a muggir? quelli mirarlo

Trescar bizzarroe saltellar sul prato

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

14

Candido come nevee si raccese

L'ira dei duci: in sull'erbose sponde

Del Luba essi pugnaroe 'l maestoso

Gruda cadeo. Venne Cairba oscuro

Alla valle di Tura. Ivi Bresilla

Delle sorelle sua la più leggiadra

Sedea solettae già pascendo il core

Coi canti della doglia. Eran suo canto

Le prodezza di Grudail giovinetto

De’ suoi pensier segreti; ella il piangea

Come già spento nel campo del sangue.

Pur sosteneala ancor picciola speme

Del suo ritorno. Un cotal poco uscìa

Fuor delle vesti il bianco senqual luna

Che da nubi trapela: avea la voce

Dolce più ch'arpa flebile gemente:

Fissa in Gruda avea l'almaera di Gruda

Il suo segreto sospirettoe il lento

Furtivo sogguardar delle pupille.

Gruda quando verrai? guerriero amato

Quando ritorni a me? Venne Cairba

E sì le disse: "Or quaBresillaprendi

Questo sanguigno scudoentro la sala

L'appendi per trofeo: la spoglia è questa

Del mio nemico." Alto tremor le scosse

Il suo tenero corvola repente

Pallidafuribonda; il suo bel Gruda

Trovò nel sanguee gli spirò sul petto.

Or qui riposa la lor polvee questi

Due mesti tassi solitarii usciro

Di questa tombae s'affrettar l'un l'altro

Ad abbracciarsi con le verdi cime.

Tu sul pratoo Bresillae tu sul colle

Bello erio Gruda; il buon cantor con doglia

Rimembrerà i tuoi casie co' suoi versi

Consegnerà questi amorosi nomi

Alla memoria di remote etadi".

Dolce è la voce tuaCariloe dolce

Storia narrasti: ella somiglia a fresca

Di primavera placidetta pioggia

Quando sorride il solee volan levi

Nuvole sottilissime lucenti.

Deh tocca l'arpae fammi udir le lodi

Dell'amor miodel solitario raggio

Dell'oscura Dunscaglia; ah tocca l'arpa

Canta Bragela: io la lasciai soletta

Nell'isola nebbiosa. Il tuo bel capo

Stendi tucaradal nativo scoglio

Per discuoprir di Cucullin la nave?

Ah che lungi da te rattienmio cara

L'invido mar: quante fiatee quante

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

15

Per le mie vele prenderai la spuma

Del mar canutoe ti dorrai delusa!

Ritiratiamor mio; notte s'avanza

E 'l freddo vento nel tuo crin sospira.

Va' nella sale de’ conviti miei

A ricovrartie alle passate gioje

Volgi il pensier; che a me tornar non lice

Se pria non cessa il turbine di guerra.

Ma tu fido Conalparlami d'arme

Parla di pugnee fa' m'esca di mente

Che troppo è dolcela vezzosa figlia

Del buon Sorglanl'amabile Bragela

Dal bianco sendalle corvine chiome.

"Figlio di Semoripigliò Conallo

A parlar lentoattentamente osserva

Del mar la stirpe; i tuoi guerrier notturni

Manda all'intornoe di Svaran la possa

Statti vegliando. Il pur dirò di nuovo

Per la pace son iofinché sia giunta

La schiatta del desertoe che qual sole

L'alto Fingallo i nostri campi irraggi".

Cucullin s'acchetòcolpì lo scudo

Di scolte ammonitor; mossersi tosto

I guerrier della nottee su la piaggia

Giacquero gli altri al zufolar del vento.

L'ombre de’ morti intanto ivan nuotando

Sopra ammontate tenebrose nubi;

E per lo cupo silenzio del Lena

S'udiano ad or ad or gemer da lungi

Le fioche voci e querule di morte.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

16

CANTO II

ARGOMENTO: L’ombra di Crugaluno degli eroi irlandesi ch’era statoucciso in battaglia

apparisce a Conal e predice la sconfitta di Cucullino nel prossimocombattimento. Conal comunica

a questo la sua visionee lo sollecita vivamente a far la pace con Svarano;ma Cucullino è

inflessibile per principio d’onore ed è deciso a continuare la guerra.Giunge il mattino. Svarano

propone a Cucullino disonorevoli condizionile quali vengono rigettate. Labattaglia incomincia e

dura ostinatamente per qualche tempofinchè alla fuga di Grumal tutta l’armatairlandese va in

rotta. Cucullino e Conal coprono la ritirata. Carilo conduce i soldatiirlandesi ad un monte vicino

dove sono tosto seguiti da Cucullino medesimoil quale scopre da lungi laflotta di Fingalche

s’avanza verso la costa: ma sopraggiunta la nottela perde di vista.Cucullinoafflitto ed abbattuto

per la sua sconfittaattribuisce questo sinistro avvenimento alla morte diFerdasuo amico

qualche tempo innanzi da lui ucciso. Cariloper far vedere che il cattivosuccesso non seguita

sempre coloro che innocentemente uccidono le persone a lor careintroduce l’episodiodi Comal e

Galvina.

Posan gli eroitace la piaggia. Al suono

D'alpestre riosotto l'antica pianta

Giace Conallo: una muscosa pietra

Sostiengli il capo. Della notte udia

Stridula acuta cigolar la voce

Per la piaggia del Lena; ei dai guerrieri

Giace lontanche non temea nemici

Il figlio della spada. Entro la calma

Del suo riposoegli spiccar dal monte

Vide di foco un rosseggiante rivo.

Per quell'ardente luminosa riga

A lui scese Crugallouno dei duci

Poc'anzi estintiche cadeo per mano

Del fier Svaran: par di cadente luna

Raggio il suo volto; nugoli del colle

Forman le vesti: sembrano i suoi sguardi

Scintille estreme di languenti faci:

Apertaoscuranel mezzo del petto

Sospira una ferita. "O Crugaldisse

Il possente Conalfiglio di Dedga

Chiaro sul colleo frangitor di scudi

Perchè pallido e mesto? io non ti vidi

Mai nelle pugne impallidir di tema.

E che t'attrista? " Lagrimosoe fosco

Quegli si stette: sull'eroe distese

La sua pallida manlanguidamente

Alzò la voce in suon debole e roco

Come l'auretta del cannoso Lego.

"Conàltu vedi l'ombra mia che gira

Sul natio collema il cadaver freddo

Giace d'Ullina sull'ignude arene.

Più non mi parlerainè le mie orme

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

17

Vedrai sul prato: qual nembo di Cromla

Son vuoto e lievee per l'aere galleggio

Come nebbia sottile. Odimio duce:

Veggio l'oscuro nugolo di morte

Che sul Lena si sta: cadranno i figli

D'Inisfelacadran: da questo campo

Ritiratio Conallo; è campo d'ombre".

Dissee sparì come offuscata luna

Nel fischiante suo nembo. Ah not'arresta

T'arrestao fosco rosseggiante amico

Disse Conal; vientene a meti spoglia

Di quel raggio celesteo del ventoso

Cromla guerriero. In qual petrosa grotta

Ricovri tu? qual verdeggiante colle

Datti albergo e riposo? e non udremti

Dunque nella tempestao nel rimbombo

Dell'alpestre torrenteallor che i fiacchi

Figli del vento a cavalcar sen vanno

Per l'aeree campagne? Eicosì detto

Rizzasi armato; a Cucullin s'accosta

Picchia lo scudo: risvegliossi il figlio

Della battaglia. E qual cagion ti guida?

Disse del carro il reggitor sublime;

Perchè nel buio della notte armato

Vieni o Conàl? potea la lancia mia

Volgersi incontro a quel rumoreond'io

Piangessi poi del mio fedel la morte.

Conàl che vuoi? figlio di Colgar parla;

Lucido è 'l tuo consiglio a par del sole.

Duceei risposea me pur ora apparve

L'ombra di Crugal: trasparian le stelle

Fosche per la sua forma; avea la voce

Di lontano ruscello: egli sen venne

Messaggero di morte; ei favellommi

Dell'oscura magion. Duce d'Erina

Sollecita la paceo a sgombrar pensa

Dalla piaggia del Lena. Ancor che fosche

Per la sua forma trasparian le stelle

Soggiunse Cucullinteco o Conallo

L'ombra parlò? questo fu 'l vento amico

Che nelle grotte mormorò del Lena.

O se pur fu Crugàlche nol forzasti

Di comparirmi innanzi? e non gli hai chiesto

Dove sia l'antro suodove l'albergo

Dell'ospite dei venti? allor potrebbe

Forse il mio brando rintracciar cotesta

Presaga vocee trar da quella a forza

Il suo saper: ma 'l suo saperConallo

credimiè poco. Or come? egli poc'anzi

Fu pur tra noi; più su che i nostri colli

Ei non varcò: chi della nostra morte

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

18

Potriagli adunque rivelar l'arcano?

L'ombre su i venti e sulle nubi in frotta

Vengono e vanno a lor piacersoggiunse

Il senno di Conal; nelle spelonche

Fanno alterni colloquje degli eventi

Parlano de’ mortali. - E de’ mortali

Parlino a senno lorparlin di tutti;

Di me non giàche 'l ragionarne è vano.

Scordinsi Cucullinperch'io son fermo

Di non fuggir: se fisso è pur ch'io caggia

Trofeo di gloria alle future etadi

Sorgerà la mia tomba; il cacciatore

Verserà qualche lagrima pietosa

Sopra il mio sassoe alla fedel Bragela

Sarò memoria ognor dolceed acerba.

Non temo di morirdi fuggir temo

E di smentirmi: che più volte in guerra

Scorsemi vincitor l'alto Fingallo.

O tenebroso fantasma del colle

Su via mostrati a mevien' sul tuo nembo

Vien' sul tuo raggio; in la tua man rinchiusa

Mostrami la mia morteaerea forma

Non fuggirò. Va'va'Conàlcolpisci

Lo scudo di Cabàr che giace appeso

Là tra quell'aste; i miei guerrier dal sonno

Sveglinsi tuttie alla vicina pugna

S'accingan tosto. Ancor che a giunger tardi

L'eroe di Selmae la robusta schiatta

De’ tempestosi colliandiamneamico

Pugnisie sia con noi vittoriao morte.

Si diffonde il rumor; sorgono i duci.

Stan su la piaggia armati al par d'antiche

Quercie crollanti i noderosi rami

Se gelata onda le percuotee al vento

S'odon forte stormir l'aride fronde.

Già la nebbiosa dirupata fronte

Di Cromla appargià 'l mattutino raggio

Tremola su la liquida marina

Nè fosca piùnè ben lucente ancora.

Va roteando lentamente intorno

La grigia nebbiae d'Inisfela i figli

Nasconde agli occhi di Svaran. Sorgete

Disse il signor dei tenebrosi scudi

Sorgeteo voi che di Loclin dall'onde

Meco veniste: già dall'armi nostre

Fuggir d'Erina i duci. Or che si tarda?

S'inseguanos'incalzino. Tu Morla

Tosto alla reggia di Corman t'avvia:

Comanda a luiche di Svaran la possa

Prostrato inchinianzi che 'l popol tutto

Nella morte precipitied Ullina

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

19

Altro non resti che deserto e tomba.

S'adunano colorsimili a stormo

D'augei mariniquando il flutto irato

Li rispinge dal lidoe fremon come

Nella valle di Cona accolti rivi

Qualor dopo notturna atra bufera

Alla sbiadata mattutina luce

Volvon riflussi vorticosi oscuri.

Sfilanquai succedentisi sul monte

Nugoloni d'autunnoorride in vista

Le avverse schiere. Maestoso e grande

A par del cervo de’ morvenii boschi

Svaran s'avanzae fuor dell'ampio scudo

Esce il fulgor della notturna fiamma

Che per la muta oscurità del mondo

Fassi guida e sentiero all'erranti ombre:

Guatale il peregrin pallidoe teme.

Ma un nembo alfin sorto dal mar la densa

Nebbia squarciò: tutti apparir repente

D'Inisfela i guerrier schieratie stretti

Qual catena infrangibile di scogli

Lungo la spiaggia. Ohdisse allor l'altero

Dei boschi regnatorvattene o Morla

Offri pace a costorooffri quei patti

Che diamo ai requando alla nostra possa

Piegan le vinte nazionie spenti

Sono i guerrierie le donzelle in lutto.

Disse. Con lunghi risonanti passi

Morla avviossie baldanzoso in atto

Venne dinanzi al condottier d'Erina

Che stava armato: gli fean cerchio intorno

Gli eroi minori. O Cucullinaccetta

Diss'eila pace di Svaranla pace

Ch'egli offre ai requando alla sua possanza

Piegan le nazioni; a lui tu cedi

La verdeggiante Ullinae in un con essa

La tua sposae il tuo can; la dal ricolmo

E palpitante sen bella tua sposa

Ed il tuo can raggiungitor del vento.

Questi a lui cedi in testimonio eterno

Della fiacchezza del tuo braccioe in esso

Scorgi il tuo re. - "Porta a quel cor d'orgoglio

Porta a Svaranche Cucullin non cede.

Egli m'offre la pace: io offro a lui

Le strade dell'oceànooppur la tomba.

Non fia giammai ch'uno stranier possegga

Quel raggio di Dunscaglia; e mai cervetta

Non fuggirà per le loclinie selve

Dal piè ratto di Lua. " Vano e superbo

Del carro guidatorMorla riprese

Vuoi tu dunque pugnar? pugnar vuoi dunque

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

20

Contro quel redi cui le navi figlie

Di molti boschi trar potrian divelta

Tutta l'isola tua seco per l'onde?

" Sì quest'Ullina è meschinettae poca

Contro il signor del mar. Morlaei soggiunse

Cedo a molti in parolea nullo in fatti.

Rispetterà la verdeggiante Erina

Lo scettro di Cormanfinchè respiri

Conalloe Cucullin. Conalloo primo

Tra' ducior che dirai? pur or di Morla

Le voci udisti; o generoso e prode

Saran pur anco i tuoi pensier di pace?

O spirto di Crugalloe tu di morte

M'osasti minacciar? schiudimi il varco

Dell'angusta tua casa: ella fra' raggi

M'accoglierà della mia gloria involto.

Su sufigli d'Erinaalzate l'asta

Piegate l'arcodisperatamente

Sul nemico avventateviond'ei creda

Che a lui dall'alto si rovescin sopra

Tutti i notturni tempestosi spirti " .

Or sì mugghianteorribileprofondo

Volvesi il bujo della zuffa: nebbia

Così piomba sul campo allor che i nembi

Invadono il solar tacito raggio.

Precede il duce; irata ombra il diresti

Che dietro ha negra nubeed infocate

Meteore intornoe nella destra i venti.

Carilo era in disparte: ei fa che s'alzi

Il suon del corno bellicoso; e intanto

Scoglie la grata voceed il suo spirto

Sgorga nel cor de’ bellicosi eroi.

Dove dove è Crugal? disse la dolce

Bocca del canto: ei basso giaceè muta

La sala delle conche; oblio lo copre.

Mesta è la sposa suache peregrina

Entro le stanze del suo lutto alberga.

Ma quel raggio vegg'ioche tra le schiere

Dei nemici si scaglia? ella è Degrena

La sposa di Crugallo: addietro ai venti

Lascia la chioma; ha rosseggiante sguardo

Strillante voce. Ahi lassa! azzurro e vuoto

È ora il tuo Crugal: sta la sua forma

Nella cava del colle: egli al tuo orecchio

Fessi pian pian nel tuo riposoalzando

Voce pari al ronzio d'ape montana.

Ve’ ve’ cade Degrenae sembra nube

Che striscia in sul mattino: è nel suo fianco

La spada di Loclin. Cairbaè spenta

Cadde Degrena tua; Degrenail dolce

Risorgente pensier de’ tuoi verd'anni.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

21

Udì Cairba il mesto suonoe vide

La morte della figlia; in mezzo a mille

Qual balena che 'l mar frange col pondo

Slanciasie mugghia: la sua lancia incontra

Il cor d'un figlio di Loclin: s'ingrossa

La sanguinosa mischia. In bosco annoso

Ben cento ventio tra ramosi abeti

Di cento colli violenta fiamma

Poriano appena pareggiar la strage

La rovinail fragor dell'affollate

Schiere cadenti. Cucullin recide

Come cardi gli eroi; Svaran devasta

Diserta Erina: di sua man Curano

Caddee Cairba dal curvato scudo.

Giace Morglano in ferreo sonnoe Calto

Guizza morendo: del suo sangue ha tinto

Il bianco petto; è strascinata e sparsa

La gialla chioma per la molle arena

Del suo terren natio. Spesso ov'ei cadde

Già conviti imbandìspesso dell'arpa

La voce sollevò; festosi intorno

Saltellavangli i veltrie i giovinetti

Stavansi ad assettar faretre ed archi.

Già Svaran crescee già soverchiacome

Torrente che traboccae i minor poggi

Schianta e travolvee i maggior pesta e sfianca.

Ma s'attraversa Cucullinqual monte

Di nembi arrestator: cozzano i venti

Sulla fronte di pinie i massi informi

La ripercossa grandine flagella:

Quello in sua possa radicato e fermo

Stassied adombra la soggetta valle.

Tal Cucullino ombra faceasie schermo

Ai figli d'Inisfela: a lui d'intorno

Di palpitanti eroi zampilla il sangue

Come fonte da rupe: invanch'Erina

Cade pur d'ogni partee si dilegua

Siccome neve a caldo sol. Compagni

Gruma gridòLoclin conquistae vince:

Che più dunque pugnarpalustri canne

Contro il vento del cielo? al colleal colle

Fuggiam compagni: ed ei fuggissi il primo

Come cervo inseguitoe la sua lancia

Simile a raggio tremulo di luce

Dietro traea. Pochi fuggir con Gruma

Duce di picciol cor: gli altri pugnando

Cadderoe 'l Lena ricoprir coi corpi.

Vede dall'alto del gemmato carro

La sconfitta de’ suoivedelae freme

D'Erina il condottier: trafisse il petto

A un fier nemicoindi a Conàl si volse.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

22

O Conalloesclamòtu m'addestrasti

Questo braccio di morte: or che farassi?

Ancor ch'Erina sia fugata o spenta

Non pugnerem perciò? Sì sì: tu vanne

Cariloe i sparsi fuggitivi avanzi

Di nostre schiere là raccoglie guida

Dietro quell'erto cespuglioso colle.

Noi stiam fermi quai scoglie sostenendo

L'impeto di Loclinde’ fidi amici

La fuga assicuriam. Balza Conallo

Sopra il carro di luce: i due campioni

Stendono i larghi tenebrosi scudi

Come la figlia dei stellati cieli

Lenta talor move per l'aeree intorno

Di fosco cerchio s'incorona e tinge.

Palpitanteanelante e spuma e sangue

Spruzza Sifaddae Duronallo a cerchio

Volvesi alteramentee calca e strazia

Nemici corpi: quei serrati e folti

Tempestano gli eroiquai sconvolte onde

Sconcia balena d'espugnar fan prova.

Di Cromla intanto sul ciglion petroso

Si ritrassero alfine i pochi e mesti

Figli d'Erinasomiglianti a un bosco

Cui strisciando lambì rapida fiamma

Spinta dai venti in tempestosa notte.

Dietro una quercia Cucullin si pose

Taciturnopensoso: il torbid'occhio

Gira agli astanti amici. Ecco venirne

Moran del mare esplorator. "Le navi

Le naviegli gridò; FingalFingallo

Il Sol dei duciil domator d'eroi

Ei vieneei vien: spumano i flutti innanzi

Le nere prue; le sue velate antenne

Sembran boschi tra nubi. " O ventio voi

Ventisoggiunse Cucullinche uscite

Dall'isoletta dell'amabil nebbia

Spirate tutte favorevoli aure

Secondate il guerrier: vientene amico

Alla morte di milleamico ah vieni.

Nubi dall'oriente a questo spirto

Son le tue velee l'aspettate navi

Luce del cieloe tu mi sei tu stesso

Come colonna d'improvviso foco

Rischiaratrice della notte oscura.

O mio Conalquanto graditi e cari

Ci son gli amici! Ma s'abbuja intanto

La notte: ov'è Fingal? noi le fosch'ore

Stiam qui passandoe sospiriam la luna.

Già sbuffa il vento; dalle fesse rupi

Già sboccano i torrenti: al capo irsuto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

23

Di Cromla intorno s'adunò la pioggia

E rosse tremolavano le stelle

Per le spezzate nubi. Appresso un rivo

Di cui la pianta al gorgoglìo risponde

Mesto s'assise il condottier d'Erina.

Carilo il buon cantor stavagli accanto

E 'l pro' Conallo. Ahsospirando disse

Di Semo il figlioah che infelice e fiacca

E` la mia mandacchè l'amico uccise!

O Ferdao caro Ferdaio pur t'amava

Quanto me stesso. Cucullindeh dinne

L'interruppe Conalcome cadèo

Quell'illustre guerrier? ben mi sovvengo

Del figlio di Damman. Grande era e bello

Come l'arco del ciel. - Ferda signore

Di cento collid'Albion sen venne.

Nella sala di Muri ei da' prim'anni

L'arte del brando appresee d'amistade

Strinsesi a Cucullin: fidi alla caccia

N'andammo insieme; era comune il letto

Era a Cairba già signor d'Ullina

Deugala sposa: avea costei nel volto

La luce di beltàma in mezzo al core

La magion dell'orgoglio. Ella invaghissi

Di quel raggio solar di gioventude

Del figlio di Damman. Cairbaun giorno

Disse la bellaorsù dividi il gregge;

Dammi la mia metà: restar non voglio

Nelle tue stanze: il gregge tuo dividi

Fosco Cairba. Cucullinrispose

Lo divida per me: trono è 'l suo petto

Di giustizia: tu parti. Andai: la greggia

Divisi. Un toro rimanevaun toro

Bianco di neve; al buon Cairba il diedi.

Deugala n'avvampò; venne all'amante:

Ferdadiss'ellaCucullin m'offende;

Fammi udir di sua morteo sul mio corpo

Scorrerà il Luba; la mia pallid'ombra

Staratti intornoe del mio orgoglio offeso

Piangerà la ferita: o spargi il sangue

Di Cucullinoo mi trapassa il petto.

Oimèdisse il garzonDeugalae come?

Io svenar Cucullino? egli è l'amico

De’ miei pensier segretie contro ad esso

Solleverò la spada? Ella tre giorni

Pianse; nel quarto dì cesse al suo pianto

L'infelice garzon. Deugalaei disse

Tu 'l vuoicombatterò: ma potess'io

Cader sotto il suo brando! Io dovrei dunque

Errar sul collee rimirar la tomba

Di Cucullin? Noi presso a Muri insieme

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

24

Pugnammo: s'impacciavano l'un l'altro

Ad arte i brandi nostriil fatal colpo

Sfuggendosdrucciolavano sugli elmi

Strisciavano su i scudi. Eragli accanto

Deugala sua: con un sorriso amaro

Diedesi a rampognarlo: O giovinetto

Debole è 'l braccio tuonon è pel brando

Questa tenera età; garzone imbelle

Cedi al figlio di Semo; egli pareggia

Lo scoglio di Malmor. Corsegli all'occhio

Lagrima di vergogna; a me si volse

E parlò balbettando: alza il tuo scudo

AlzaloCucullinoe ti difendi

Dal braccio dell'amico: ho grave e negra

L'anima di dolorche uccider deggio

Il maggior degli amici e degli eroi.

Trassi a quei detti alto sospirqual vento

Da fessa rupe: sollevai del brando

L'acuto filo: ahi lasso! egli cadeo.

Cadde il Sol della pugnail caroil primo

Tra' fidi amici: sciagurataimbelle

È la mia mandacchè l'amico uccisi.

Figlio del carrodolorosa istoria

Carilo ripigliònarrasti: or questa

Mi rimanda alla mente un fatto antico

Che può darti conforto. Io spesso intesi

Membrar Comallo che l'amata uccise;

Pur sempre accompagnò vittoria e fama

La sua spadae i suoi passi. Era Comallo

Un figlio d'Albiondi cento colli

Alto signor: da mille rivi e mille

I suoi cervi beveanoe mille scogli

Rispondeano al latrar de’ veltri suoi.

Era soavità di giovinezza

L'amabile suo volto; era il suo braccio

Morte d'eroi. De’ suoi pensier l'obietto

Uno era e bellola gentil Galvina

La figlia di Colonco: ella sembrava

Sol tra le donnee liscia ala di corvo

La sua chioma vincea; sagaci in caccia

Erano i cani suoifischiava al vento

La corda del suo arco. I lor soavi

Sguardi d'amor si riscontrar sovente:

Uno alla caccia era il lor corsoe dolci

Le lor segrete parolette e care.

Ma per la bella si struggea d'amore

Il fier Gormante; il tenebroso duce

D'Arven nembosadi Comal nemico.

Egli tutt'or della donzella i passi

Sollecito esplorava. Un dì che stanchi

Tornavano da cacciae avea la nebbia

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

25

Tolti alla vista lor gli altri compagni

Si riscontraro i due teneri amanti

Alla grotta di Ronna. Ivi Comallo

Facea spesso soggiorno; ivi del duce

Pendean disposti i bellicosi arnesi:

Cento scudi di cuoioe cento elmetti

Di risuonante acciar. Qui dentroei disse

Riposatiamor mioriposa o luce

Dello speco di Ronna: un cervo appare

Su la vetta di Mora; io là men volo

Ma tosto tornerò. Comalrispose

Temo Gormante il mio nemico; egli usa

In questa grotta; io poserò fra l'armi:

Ma fa' tostoamor mio. Volò l'eroe

Verso il cervo di Mora. Allor la bella

Volle far prova sconsigliatamente

Dell'amor del suo caro: il bianco lato

Ella coperse di guerriere spoglie

E della grotta uscì. Comàl l'adocchia

Credela il suo nemico; il cor gli balza:

Iscolorossiintenebrossi; incocca

L'arco; vola lo stral; cade Galvina

Nel sangue suo. Quei furibondoansante

Vola all'antroe la chiama: alcun non s'ode;

Muta è la rupe. O dolce amor rispondi

Dove se’ tu? Torna all'estintoe vede

Il cor di quella palpitar nel sangue

Dentro il suo dardo. O mia Galvina! oh vista!

Or se’ tu quella? e le cadeo sul petto.

Vennero i cacciatorie ritrovaro

La sventurata coppia. Il duce ancora

Errò sul colle; ma solinghi e muti

Erano i passi suoi presso l'oscura

Magion dell'amor suo. Sceser le navi

Dell'oceàno; egli pugnò; fuggiro

Dal suo brando i stranier: cercò la morte

Ma chi dar la poteagli? a terra irato

Scagliò lo scudo; una volante freccia

Riscontrò alfine il maschio petto. Ei dorme

Con l'amata Galvina in riva al mare;

E fendendo il nocchier le nordiche onde

Scorge le verdi tombee ne sospira.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

26

CANTO III

Cucullino essendosi moltocompiaciuto della storia di Cariloinsiste perchè canti più a lungo. Il

Bardo riferisce le azioni di Fingal in Loclin e la morte di Aganadecalabella sorella di Svarano.

Sopraggiunge Calmared espone loro il disegno di Svarano di sorprender ilrimanente

dell’esercito irlandese. Propone di resistere egli solo a tutte le forzedel nemico in un angusto

passaggio finchè l’armata irlandese possa ritirarsi in buon ordine.Cucullinoammirando la

coraggiosa proposizione di Calmarrisolve di accompagnarloe comanda aCarilo di scortar

altrove que’ pochi Irlandesi che rimanevano. Venuta la mattinaCalmarmuore dalle sue ferite: e

comparendo i navigli de’ CaledoniSvarano tralascia di inseguire gl’Irlandesie torna addietro per

opporsi allo sbarco di Fingal. Cucullinovergognandosi di comparire davantia Fingaldopo la

sua sconfittasi ritira nella grotta di Tura. Fingal attacca la zuffa colnemico e lo mette in fuga. Ma

la notte che sopravviene fa che la vittoria non sia compiuta. Il re che avevaosservato il valore e ‘l

coraggio d’Oscarsuo nipotegli dà alcuni ammaestramenti per bencondursi in pace e in guerra.

Storia di Fainasollisfiglia del re di Cracacui Fingal aveva presa aproteggere nella sua gioventù.

Fillano e Oscar sono inviati ad osservardurante la nottei movimenti deinemici. Gaulofiglio di

Mornidomanda il comando dell’armata nella seguente battagliae Fingalglielo accorda.

Soavi notedilettose istorie

Raddolcitrici de’ leggiadri cori!

Soggiunse Cucullin. Tal molce il colle

Rugiada del mattin placida e fresca

Quando il sogguarda temperato il sole

E la faccia del lago èpura e piana.

SeguiCarilosegui; ancor satollo

Non è 'l mio cor. La bella voce sciogli

Dinne il canto di Turail canto eletto

Che soleasi cantar nelle mie sale;

Quando Fingallo il gran signor dei brandi

V'era presentee s'allegrava udendo

O le sue proprieo le paterne imprese.

Fingallouom di battaglia (in cotal guisa

Carilo incominciò) prevenne gli anni

La gloria tua. Nel tuo furor consunta

Restò Loclinche la tua fresca guancia

Gara avea di beltà con le donzelle.

Esse amorosamente alla fiorita

Vezzosa faccia sorrideanma morte

Stava nella sua destra. Avea la possa

Della corsìa del Lora; i suoi seguaci

Fremeangli addietro come mille rivi.

Essi il re di Loclinl'altero Starno

Presero in guerrae 'l ricondusser poi

Alle sue navi: ma d'orgoglio e d'ira

Rigonfiossegli il coree nel suo spirto

Piantossi oscura del garzon la morte:

Perchè non altri che Fingallo avea

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

27

Vinta di Starno l'indomabil possa.

Stava in Loclin costui dentro la sala

Delle sue conchee a sè chiamò dinanzi

Il canuto Snivan; Snivan che spesso

Cantava intorno al circolo di Loda

Quando la pugna nel campo dei forti

Volgeasie a' canti suoi porgeva ascolto

La Pietra del poter. Snivan canuto

Va'disse Starnoalle dal mar cerchiate

Arvenie rocce; ed al possente e bello

Re del deserto tu diraich'io gli offro

La figlia miala più gentil donzella

Ch'alzi petto di neve; essa ha le braccia

Candide al par della marina spuma;

Dolce e nobile il cor. Venga Fingallo

Venga co' suoi più forti alla vezzosa

Vergine figlia di segreta stanza.

Alle colline d'Albion ventose

Venne Snivano; e 'l ben chiomato eroe

Seco n'andò: dinanzi a lui volava

L'infiammato suo cormentr'ei l'azzurre

Nordich'onde fendea. Ben venga a noi

Starno gridòben venga il valoroso

Re di Morven scoscesa; e voi ben giunti

Siate pur suoi guerrieriillustri figli

Dell'isola solinga: in feste e canti

Vi starete tre giornie tre le belve

Seguirete alla cacciaaffin che possa

Giunger la vostra fama alla donzella

Della segreta stanza abitatrice.

Sì fintamente favellò l'altero

Re della nevee meditava intanto

Di trarli a morte. Nella sala ei sparse

La festa delle conche. Avea sospetto

Fingàl di frodeed avvedutamente

L'arme ritenne; si sguardar l'un l'altro

Pallidi in volto i figli della morte

E taciti svanir. S'alzan le voci

Della vivace gioja: arpe tremanti

Mandan dolce armonia; cantano i vati

Scontri di pugnao tenerelli petti

Palpitanti d'amor. Stava tra questi

Il cantor di FingalloUllinla dolce

Voce di Cona. Ei celebrò la bella

Vergine della nevee 'l nato al carro

Signor di Selma: la donzella intese

L'amabil cantoe abbandonò la stanza

Segreto testimon de’ suoi sospiri.

Uscì di tutta sua bellezza adorna

Quasi luna da nube in oriente.

Le leggiadrie cingevanla e le grazie

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

28

Come fascia di luce: i passi suoi

Movean soavimisuratie lenti

Come armoniche note. Il garzon vide

Videloe n'arse. O benedetto raggio!

Disse tra sè. Già del suo core egli era

Il nascente sospiroe a lui di furto

Spesso volgeasi il desioso sguardo.

Tutto raggiante il terzo dì rifulse

Sul bosco delle belve. Uscì Fingallo

Signor dei scudie 'l tenebroso Starno.

Del giovin prode rosseggiò la lancia

Nel sangue di Gormallo. Era già 'l sole

A mezzo il corso suo quando la bella

Figlia di Starno al bel Fingal sen venne

Con amorosa vocee coi begli occhi

In lagrime girantisi e tremanti;

E sì parlò: Fingalloah non fidarti

Del cor di Starno; egli nel bosco agguati

Pose contro di teguardati o caro

Dal bosco della morte: ad avvisarti

Spronami amor: tu generoso eroe

Rammenta Aganadecae mi difendi

Dallo sdegno del padre. Il giovinetto

L'udì tranquilloed avviossi al bosco

Spregiantemente: i suoi guerrier possenti

Stavangli a fianco. Di sua man cadero

I figli della mortee a' loro gridi

Gormallo rimbombò. Rimpetto all'alta

Reggia di Starno si raccolser tutti

Gli stanchi cacciatori. Il re si stava

Torbidoin sè romito; avea sul ciglio

Funesta nubeatro vapor negli occhi.

Olàgridò l'alteroal mio cospetto

Guidisi Aganadeca; ella ne venga

Al re di Selmaal suo leggiadro sposo:

Già del sangue de’ miei tinta è la destra

Del suo diletto; inefficaci e vane

Non fur sue voci: del fedel messaggio

È giusto il guiderdon. Venne la bella

Sciolta il crinmolle il ciglio: il bianco petto

Le si gonfiava all'aura de’ sospiri

Come spuma del Luba. Il fero padre

L'afferròla trafisse. Ella cadeo

Come di neve candidetta falda

Che dalle rupi sdrucciolar del Rona

Talor si scorgequando il bosco tace

E basso per la valle il suon si sperde.

Giunse Fingalvide la bella; il guardo

Vibrò sopra i suoi ducie i duci suoi

L'arme impugnaro: sanguinosa e negra

Pugna mugghiò; Loclin fu spersao spenta.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

29

Pallida allor nella spalmata nave

La vergine ei racchiuse: in Arven poi

Le alzò la tomba; or freme il mar d'intorno

All'oscura magion d'Aganadeca.

Benedetto il suo spirtoe benedetta

Sii tubocca del cantoallor riprese

Di Semo il figlio. Di Fingal fu forte

Il braccio giovenilforte è l'antico.

Cadrà Loclin sotto l'invitta spada

Cadrà di nuovo: esci da' nembio luna

Mostra la bella facciae per l'oscura

Onda notturna le sue vele aspergi

Della serena tua candida luce.

E se forse lassù sopra quel basso

Nebuloso vapor sospeso alberghi

O qual che tu ti sia spirto del cielo

Cavalcator di turbini e tempeste

Tu proteggi l'eroetu le sue navi

Dagli scogli allontanae tu lo guida

Securo e salvo ai desiosi amici.

Sì parlo Cucullin; quando sul colle

Salì di Mata il valoroso figlio

Calmar ferito: egli venia dal campo

Nel sangue suo; ne sostenea la lancia

I vacillanti passi: ha fiacco il braccio

Ma indomabile il cor. Gradito a noi

Giungidisse Conàlgraditoo forte

Figlio di Mata. Ond'è ch'esce il sospiro

Dal petto di coluiche in mezzo all'arme

Mai non temè? - Nè temerà giammai

Sir dell'acuto acciar. Brillami l'alma

Entro i periglie mi festeggia il core.

Son della schiatta dell'acciaroa cui

Nome ignoto è 'l timor. Cormar fu 'l primo

Della mia stirpe. Eran suo scherzo e gioco

Flutti e tempeste: il suo leggiero schifo

Saltellava sull'ondee gìa guizzando

Su le penne dei venti. Un negro spirto

Turbò la notte. Il mar gonfiasii scogli

Rugghiano: i venti vorticosi a cerchio

Strascinano le nubi; ale di lampi

Volan focose. Egli smarrissia terra

Ei ricovrò; ma s'arrossì ben tosto

Del suo timore: in mezzo al mar di nuovo

Scagliasiil figlio a rintracciar del vento.

Tre giovinetti del suo legno han cura

E ne reggon il corso. Egli si stava

Col brando ignudo: ecco passar l'oscuro

Vapor sospeso: ei l'afferrò pel crine

Rapidoe con l'acciaro il tenebroso

Petto gli ricercò: l'aereo figlio

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

30

Fuggì stridendoe comparir le stelle.

Tal fu l'ardir de’ miei: Calmar somiglia

Ai padri suoi. Dall'inalzata spada

Fugge il periglio: uom c'ha fermezzaha sorte.

Ma voi progenie delle verdi valli

Dalla del Lena sanguinosa piaggia

Scostatevi; adunate i tristi avanzi

Dei nostri amicie di Fingallo al brando

Ad unirvi correte. Il suono intesi

Dell'oste di Loclin che a noi s'avanza.

Partiteamiciresterà Calmarre

Calmar combatterà: bench'io sia solo

Tal darò suon come se mille e mille

Fossermi a tergo. Or tufiglio di Semo

Rammentati Calmàrrammenta il freddo

Corpo giacente. Poi ch'avrà Fingallo

Guasto il campo nemicoappo una pietra

Di memoria ripommionde il mio nome

Passi ai tempi futurie si rallegri

La madre di Calmàr curva sul sasso

Della mia fama. Ah nofiglio di Mata

Rispose Cucullinnon vo' lasciarti;

Io sarò teco: ove più grande e certo

Rischio s'affacciaivi più 'l cor di gioja

M'esultae fervee mi s'addoppia in petto.

Forte Conalloe tu Carilo antico

Voi d'Inisfela i dolorosi figli

Scorgete altrove; e quando al fin sia giunto

L'aspro conflittorintracciate i nostri

Pallidi corpi: in questo angusto passo

Presso di questa pianta ambedue fermi

Staremci ad affrontar l'atro torrente

Della pugna di mille. O tuva'corri

Figlio di Fitiale di vento impenna.

Vanne a Fingàldigli ch'Erina è bassa

Fa' che s'affretti. Oh venga tosto a noi

Qual vivo solee le tempeste nostre

Sgombri coi raggie rassereni il colle.

Grigio in Cromla è 'l mattin; sorgono i figli

Dell'oceàno. Uscì Calmar fumante

Di bellicoso ardor; ma pallida era

La faccia sua: chinavasi sull'asta

De’ padri suoisopra quell'asta istessa

Che dalle sale egli portò di Lara

E stava mesta a risguardar la madre.

Ma or languidoesangue a poco a poco

Mancae cade l'eroe; qual lentamente

Cade sul Cona sbarbicata pianta.

Solo rimane Cucullin qual rupe

Nell'arenosa valle: il mar coi flutti

Viensenee mugge su i petrosi fianchi;

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

31

Stridono i massie la scoscesa fronte

Spruzza e ricopre la canuta spuma.

Ma già fuor fuor per la marina nebbia

Veggonsi a comparir le di Fingallo

Bianco–velate navi; e maestoso

S'avanza il bosco dell'eccelse antenne.

Svaran l'adocchiae di combatter cessa

D'Inisfela l'eroe. Qual per le cento

Isole d'Inistor s'arretrae ferve

Gonfia marea; sì smisurata e vasta

La possa di Loclin scese a rincontro

All'alto re dei solitari colli.

Ma lentoa capo chinmestopiangente

La lunga lancia traendosi dietro

Cucullin ritirossie si nascose

Dentro il bosco di Cromlae amaramente

Pianse gli estinti amici. Egli temea

L'aspetto di Fingàlche tante volte

Seco già s'allegròquand'ei tornava

Dal campo della fama. Oh quantioh quanti

Giaccion colà de’ miei possenti eroi

Sostegni d'Inisfela! essi che un tempo

Festosi s'accogliean nelle mie sale

Delle mie conche al suon. Non più sul prato

Le lor orme vedrò; non più sul monte

Udrò l'usata voce. Or là prostesi

Pallidimutiin sanguinosi letti

Giacciono i fidi amici. O cari spirti

Dei dianzi estinti a Cucullin venite;

Con lui vi state a favellar sul vento

Quando l'albero piegasie bisbiglia

Su la grotta di Tura: ivi solingo

Giacerò sconosciuto; alcun cantore

Non membrerà 'l mio nomealcuna pietra

A me non s'ergerà. Bragela addio:

Già più non songià la mia fama è spenta;

Piangimi cogli estintiaddio Bragela.

Sì parlò sospirando; e si nascose

Ove la selva è più selvaggia e cupa.

Ma d'altra parte maestosamente

Passa Fingàl nella sua navee stende

La luminosa lancia: orrido intorno

Folgoreggia l'acciarqual verdeggiante

Vapor di morte che talor si posa

Su i capi di Malmor: scura è nel cielo

La larga lunail peregrin soletto.

Terminato è 'l conflitto; io veggo il sangue

De’ nostri amiciil Re gridò; le quercie

Gemon di Cromlae siede orror sul Lena.

Colà cadèro i cacciatori; il figlio

Di Semo non è più. RinoFillano

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

32

Diletti figlior viasonate il corno

Della battaglia di Fingal; salite

Quel colle in su la spiaggiae dalla tomba

Del buon Landergo il fier nemico in campo

Sfidate alla tenzon. La vostra voce

Quella del padre nel tonar pareggi

Allor che nella pugna entra spirante

Baldanza di valor: qui fermo attendo

Questo possente uom tenebroso; attendo

Con piè fermo Svarano. E venga ei pure

Con tutti i suoi; che non conoscon tema

Gli amici degli estinti. Il gentil Rino

Volò qual lampo; il brun Fillano il segue

Pari ad ombra autunnal. Scorre sul Lena

La voce loro: odon del mare i figli

Il roco suon del bellicoso corno

Del corno di Fingallo; e piomban forti

Grossimugghiantiqual riflesso oscuro

Del sonante oceànquando ritorna

Dal regno della neve: alla lor testa

Scorgesi il re superbo: ha tetro aspetto

D'ira avvampanteocchi rotanti in fiamma.

Lo rimirò Fingalloe rammentossi

D'Aganadeca sua: perchè Svarano

Con giovenili lagrime avea pianto

La gentil suora dal bel sen di neve.

Mandò Ullino dai cantie alla sua festa

Cortesemente l'invitò; che dolce

Del nobil Fingal ricorse all'alma

Del suo primiero amor la rimembranza.

Venne l'antico Ullin di Starno al figlio

E sì parlò: tu che da lungi alberghi

Cinto dall'onde tuecome uno scoglio

Vieni alla regia festae 'l dì tranquillo

Passa; doman combatteremdomani

Spezzeremo gli scudi. Oggirispose

Spezzinsi purstarò domani in festa;

Domani sìche fia Fingàl sotterra.

E ben spezzinsi tostoe poi festeggi

Doman se puòcon un sorriso amaro

L'alto Fingàl riprese. Ossian tu statti

Da presso al braccio miotu Gaulo inalza

Il terribile acciarpiega Fergusto

L'incurvato tuo tassoe tu Fillano

La tua lancia palleggia; alzate i scudi

Qual tenebrosa lunae ciascun'asta

Sia meteora mortal: me me seguite

Per lo sentier della mia famae sièno

Le vostre destre ad emularmi intese.

Cento nembi aggruppatio cento irate

Onde sul lidoo cento venti in bosco

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

33

O cento in cento colli opposti rivi;

Forse con taleo con minor fracasso

Stragefuriaterror s'urtan l'un l'altro

Di quelcon cui le poderose armate

Vannosi ad incontrar nell'echeggiante

Piaggia del Lena: spargesi su i monti

Alto infinito gemito confuso

Pari a notturno tuonquando una nube

Spezzasi in Cona; e mille ombre ad un tempo

Mandan nel vuoto vento orrido strido.

Spinsesi innanzi in la sua possa invitta

L'alto Fingàlterribile a mirarsi

Come lo spirto di Tremmorqualora

Vien sopra un nembo a contemplar i figli

Della possanza sua; crollan le querce

Al suon delle sue pennee innanzi ad esso

S'atterrano le rupi. Atrasanguigna

Era la man del padre mio rotando

Il balenante acciar; struggeasi il campo

Nel suo corso guerrier. Rino avanzossi

Qual colonna di fuoco: è scuro e torvo

Di Gaulo il ciglio; rapido Fergusto

Corre con piè di vento; erra Fillano

Come nebbia del colle. Io stesso io stesso

Piombai qual masso: alle paterne imprese

Mi sfavillava il cor: molte le morti

Fur del mio braccio; nè di grata luce

Splendea la spada di Loclin sul ciglio.

Ah non avea così canuti i crini

Ossian allornè in tenebre sepolti

Eran quest'occhinè tremante e fiacca

L'antica mannè 'l piè debole al corso.

Chi del popol le mortie chi le gesta

Può ridir degli eroiquando Fingallo

Nella sua ardente struggitrice fiamma

Divorava Loclin? di colle in colle

Gemiti sopra gemiti s'affollano

Di morti e di spirantiinfin che scese

La nottee tutto in tenebre ravvolse.

Smarritispauritisbalorditi

Come greggia di cerviallor sul Lena

Strinsersi i figli di Loclin: ma noi

Lietamente sedemmo in riva al vago

Ruscel di Lubaad ascoltar le gaje

Note dell'arpa. Il gran Fingàl sedea

Non lungi dai nemicie dava orecchio

Ai versi dei cantor. S'udian nel canto

Altamente sonar gli eccelsi nomi

Di sua stirpe immortale. Ei sullo scudo

Piegava il braccioe ne bevea tranquillo

La soave armonìa. Stavagli appresso

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

34

Curvo sulla sua lanciail giovinetto

Il mio amabile Oscarre. Ei meraviglia

Avea del re di Selmae i suoi gran fatti

Scorrean per l'almae gli scoteano il core.

Figlio del figliuol miodisse Fingallo

Onor di gioventù: vidi la luce

Del tuo brandola vidie mi compiacqui

Della progenie mia: segui la fama

De’ padri tuoisegui l'avite imprese.

Sii quel ch'essi già furquando vivea

L'alto Tremmor primo tra' ducie quando

Tratal padre d'eroi. Quei da' prim'anni

Pugnar da forti: or sono de’ vati il canto.

Valoroso garzoncurva i superbi

Ma risparmia gl'imbelli: una corrente

Di molt'acque sii tu contro i nemici

Del popol tuo; ma a chi soccorso implora

Sii dolce placidissimoqual aura

Che lusinga l'erbettae la solleva.

Così visse TremmorTratal fu tale

Tal è Fingallo. Il braccio mio fu sempre

Schermo degl'infelicie dietro al lampo

Della mia spada essi posar securi.

Oscarreio era giovinetto appunto

Qual se’ tu oraquando a me sen venne

Fainasillala vezzosa figlia

Del re di Cracavivida soave

Luce d'amore: io ritornava allora

Dalla piaggia di Cona; avea con meco

Pochi de’ miei. Di bianche vele un legno

Da lungi apparveche movea sull'onde

Come nebbia sul nembo. Avvicinossi

La bella comparì. Salìascendea

Il bianco petto a scosse di sospiri

E le strisciavan lagrimose stille

La vermiglietta guancia. E qual tristezza

Alberga in sì bel senplacido io dissi

O figlia di beltà? poss'ioqual sono

Giovine ancorfarmi tuo schermo e scudo

Donna del mar? non ho invincibil brando

Ma cor che non vacilla. A te men volo

Sospirando risposeo prence eccelso

Di valorosia te men voloo sire

Delle conche ospitalialto sostegno

Della debile destra. Il re di Craca

Me vagheggiava qual vivace raggio

Della sua stirpeed echeggiar sovente

Le colline di Cromala s'udìo

Ai sospiri d'amor per l'infelice

Fainasilla. Il regnator di Sora

Bella mi videe n'arse: ha spada al fianco

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

35

Qual folgore del ciel; ma torvo ha 'l ciglio

E tempesta nel cor: da lui men fuggo

Sopra il rotante mar: costui m'insegue.

Statti dietro al mio scudoe posa in pace

Raggio amoroso; fuggirà di Sora

Il fosco rese di Fingallo il braccio

Rassomiglia al suo cor. Potrei celarti

In qualche cupa solitaria grotta:

Ma non fugge Fingallo ove tempesta

D'aste minaccia; egli l'affrontae ride.

Vidi la lagrimetta in su le guancie

Della beltà: m'intenerii. Ma tosto

Come da lungi formidabil onda

Del tempestoso Borbaro la nave

Minacciosa apparì: dietro alle bianche

Vele vedi piegar l'eccelse antenne;

Fiedono i fianchi con le bianche spume

L'onde rotanti; mormora la possa

Dell'oceàn. Lascia il muggir del mare

Io dissi a luicalpestator dei flutti

E vienne alla mia sala; essa è l'albergo

Degli stranieri. Al fianco mio si stava

La donzelletta palpitante: ei l'arco

Scoccò; quella cadèo. Ben hai del paro

Infallibile destrae cor villano

Dissie pugnammo. Senza sanguee leve

Non fu la mortal zuffa: egli pur cadde;

E noi ponemmo in due tombe di pietra

L'infelice donzellae 'l crudo amante.

Tal fui negli anni giovanili: Oscarre

Tu la vecchiezza di Fingallo imita.

Mai non andarne di battaglia in traccia

Nè la sfuggir giammai quando a te viene.

Fillanoe Oscarre dalla bruna chioma

Figli del corsoor via pronti volate

Sopra la piaggiaed osservate i passi

Dei figli di Loclin; sento da lungi

Il trepido rumor della lor tema

Simile a mar che bolle. Iteneond'essi

Non possano sottrarsi alla mia spada

Lungo l'onde del Nord: son basso i duci

Della stirpe d'Erinae molti eroi

Giaccion sul letto squallido di morte.

Volaro i due campioncome due nubi

Negri carri dell'ombreallor che vanno

Gli aerei figli a spaventar la terra.

Fecesi innanzi allor Gauloil vivace

Figlio di Mornie si piantò qual rupe.

Splendea l'asta alle stelle: alzò la voce

Pari al suon di più rivi. O generoso

Delle conche signorfiglio di guerra

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

36

Fa' che 'l cantor con l'arpa al sonno alletti

D'Erina i stanchi figli. E tu Fingallo

Lascia per poco omai posar sul fianco

La tua spada di mortee alle tue schiere

Permetti di pugnar: noi qui senz'opra

Stiamci struggendo inonorati e lenti;

Poichè tu soltu spezzator di scudi

Sei soloe sol fai tuttoe tutto sei.

Quando il mattin su i nostri colli albeggia

Statti in dispartele prodezze osserva

De’ tuoi guerrieri. Di Loclin la prole

Provi di Gaulo la tagliente spada;

Onde me pur cantino i vatie chiaro

Voli il mio nome ancor; tal fu 'l costume

Della nobil tua stirpee tale il tuo.

Figlio di Mornia lui Fingàl rispose

Gioisco alla tua gloria: e bencombatti

Prode garzon; ma fia sempre a tergo

La lancia miaper arrecarti aita

Quando sia d'uopo. O voi la voce alzate

Figli del cantoe 'l placido riposo

Chiamatemi sul ciglio. Io giacerommi

Tra i sibili del vento: e se qui presso

Aganadeca amabile t'aggiri

Tra i figli di tua terrao se t'assidi

Sopra un nembo ventoso in fra le folte

Antenne di Loclin; vientene o bella

Rallegra i sonni miei; vienie fa' mostra

Del tuo soave rilucente aspetto.

Più d'una voce e più d'un'arpa sciolse

Armoniose note. Essi cantaro

Le gesta di Fingalloe dell'eccelsa

Stirpe di Selma; e nell'amabil canto

Tratto tratto s'udia sonar con lode

Dell'or così diverso Ossian il nome.

Ossian dolente! io già pugnaigià vinsi

Spesso in battaglia: or lagrimoso e cieco

Squallidoinconsolabile passeggio

Coi piccioli mortali. OveFingallo

O padre ove se’ tu? più non ti veggo

Con l'eccelsa tua stirpe; erran pascendo

Cervetti e damme in su la verde tomba

Del regnator di Selma. O benedetta

L'anima tuare delle spadealtero

Esempio degli eroiluce di Cona!

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

37

CANTO IV

ARGOMENTO: Ossian riferisce la storia dei suoi amori giovanili con Evirallinamadre di Oscar

già morta e le sue imprese per ottenerla in isposa. Dopo questo episodiointrodotto assai

felicementeritorna all’azione del poema. L’ombra di Evirallina gliapparisce e gli dice che Oscar

spedito sul far della notte ad osservare il nemicoera nelle mani di uncorpo di truppe avanzate e

quasi vicino a restar vinto. Ossian accorre in soccorso di suo figlio; e sidà l’avviso a Fingal che

Svarano si avvinava. Il Re s’alzachiama a raccolta la sua armataesiccome aveva promesso la

notte antecedentene dà il comando a Gaulofiglio di Mornie si ritirasopra un colledonde

scorgeva tutto il combattimento. La mischia s’attacca: il poeta celebra leprodezze di Oscar. Ma

mentre questi unito al padre vince in un’alaGaulo assalito da Svarano inpersona era sul punto di

ritirarsi in un’altra. Fingal invita Ullino suo bardo ad incoraggiarlo conuna canzone militare: ciò

nullostante Svarano rimane superiore; e Gaulo e l’ esercito dei Caledonjsono costretti a cedere.

Fingal scendendo dalla collina riordina le sue genti. Svarano desiste dall’inseguirle;

s’impadronisce d’una eminenzaed attende che Fingal s’accosti.Il redopo aver animati i soldati

dà gli ordini necessari e rinnova il combattimento. Cucullinoil qualeinsieme con l’amico Conale

con Carilos’era ritirato nella grotta di Turaudendo il rumoresale sullacima del monteche

dominava il campo di battagliaove vede Fingal ch’era alle prese colnemico. Cucullino

essendogli impedito d’andare a raggiungere Fingal che era per ottenere unacompiuta vittoria

manda Carilo a congratularsi con quest'eroe del suo buon successo.

Chi dal monte ne vienbella a vedersi

Siccome il variato arco che spunta

Di sopra il Lena? La donzella è questa

Dalla voce d'amor; la bella figlia

Del buon Toscàrdalle tornite braccia.

Spesso udisti il mio cantoe spesso hai sparse

Lagrime di beltà: viene alle pugne

Del popol tuo? vieni ad udir l'imprese

Del tuo diletto Oscarre? E quando mai

Cesseranno i miei pianti in riva al Cona?

Tutta la mia fiorita e verde etade

Passò tra le battaglieed or tristezza

I cadenti anni miei turba ed oscura.

Vezzosa figlia della man di neve

Non ero io già così dolente e cieco;

Sì foscoabbandonato allor non ero

Quando m'amò la vaga Evirallina

Evirallinadi Corman possente

Dolce amorbruna il crincandida il petto.

Mille eroi ne fur vaghie a mille eroi

Ella niegò 'l suo core: eran negletti

I figli dell'acciarperch'Ossian solo

Grazia trovò dinanzi agli occhi suoi.

Alle nere del Lego onde n'andai

Per ottener la vaga sposa. Avea

Dodici meco valorosi figli

Dell'acquosa Albion: giungemmo a Brano

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

38

Amico dei stranieri. E dondeei disse

Son quest'arme d'acciar? facil conquista

Non è la bella vergine che tutti

Spregiò d'Erina gli occhi–azzurri duci.

Benedetto sii tu sangue verace

Del gran Fingallo! avventurata sposa

Ben'è colei che del tuo cor fai degna.

Fossero in mia balìa dodici figlie

D'alta beltàche tua fora la scelta

O figlio della fama. Allora aperse

La stanza della vergine romita

D'Evirallina. A quell'amabil vista

Dentro i petti d'acciar corse a noi tutti

Subita giojae ci sorrise al core.

Ma sopra noi sul colle il maestoso

Cormano apparveed un drappel de’ suoi

Tenea pronto alla pugna. Otto i campioni

Eran del ducee fiammeggiava il prato

Del fulgor di lor arme. Eravi Cola

Durra dalle ferite eravie Tago

E 'l possente Toscarree 'l trionfante

Frestalloe Dairo il venturosoe Dala

Rocca di guerra. Scintillava il brando

Di Corman nella destrae del guerriero

Lento volgeasi e grazioso il guardo.

D'Ossian pur otto erano i duci; Ullino

Figlio di guerra tempestosoe Mullo

Dai generosi fattied il leggiadro

Selacae Oglanoe l'iracondo Cerda

E di Dumarican l'irto–vellute

Ciglia di morte. Ove te lascioOgarre

Sì rinomato sugli arvenii colli?

Ogàr si riscontrò testa con testa

Col forte Dala: era il conflitto un turbo

Sollevator della marina spuma.

Ben del pugnale rammentossi Ogarre

Arme ad esso gradita; egli di Dala

Nove fiate lo piantò nel fianco.

Cangiò faccia la pugna: io sullo scudo

Del possente Corman ruppi tre volte

La mia lanciaei la sua. Lasso infelice

Garzon d'amore! io gli recisi il capo

E per lo ciuffo il sanguinoso teschio

Crollai ben cinque volte: i suoi fuggiro.

Oh chi m'avesse allor dettochi detto

M'avesse allorvaga donzellach'io

Egrospossatoabbandonatoe cieco

Trarrei la vita! avria costui dovuto

Usbergo aver ben d'infrangibil tempra

Petto di scoglioe impareggiabil braccio.

Ma già del Lena su la piaggia oscura

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

39

A poco a poco s'acchetò la voce

Dell'arpee dei cantor. Buffava il vento

Vario–stridentee m'ondeggiava intorno

L'antica quercia con tremanti foglie.

Erano i miei pensier d'Evirallina

D'Evirallina miaquand'ella in tutta

La luce di beltadee cogli azzurri

Occhi pregni di lagrimem'apparve

Sopra il suo nembo; e in fioca voceah sorgi

Ossianmi disseil figlio mio difendi

Salvami Oscàr: presso la rossa quercia

Del ruscello di Luba egli combatte

Coi figli di Loclin. Disse: e s'ascose

Nella sua nube. Io mi vestii l'usbergo

M'appoggiai sulla lancia; uscii sonante

D'arme il petto e le terga: a cantar presi

Qual solea ne’ periglii canti antichi

Da' valorosi eroi. Loclin m'intese

Come tuono lontano; essa fuggio;

Inseguilla mio figlio. Io pur da lungi

Lo richiamai: figliodiss'iodeh riedi

Riedi sul Lenaancor ch'io stiati appresso

E cessa d'inseguirli. Egli sen venne

Ed agli orecchi miei giunse giocondo

Il suon dell'armi sue. Perchèdiss'egli

M'arrestasti la destra? avria ben tosto

Morte d'intorno ricoperto il tutto.

Che oscuriformidabiliFillano

E il figlio tuo fersi ai nemici incontro

Che per la nottealle sorprese amica

Del loro campo erano a guardia. Alquanti

Le nostre spade n'abbatter. Ma come

Spingono i negri venti onda dopo onda

Colà di Mora su le bianche arene;

Tal l'un l'altro incalzandosi i nemici

Inondano sul Lena: ombre notturne

Stridon da lungied aggirarsi io vidi

Le meteore di morte. Il re di Selma

Corrasi a risvegliarl'eccelso eroe

Sfidator di perigliil sol raggiante

Dissipator di bellicosi nembi.

Erasi appunto allor da un sogno desto

Fingalloe sullo scudo erto si stava

Lo scudo di Tremmorfamoso arnese

De’ padri suoi. Nel suo riposo avea

Veduta il padre mio la mesta forma

D'Aganadeca; ella venìa dal mare

E sola e lenta si movea sul Lena.

Faccia avea ella pallida qual nebbia

Guancia fosca di lagrime: più volte

Trasse l'azzurra man fuor delle vesti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

40

Vesti ordite di nubie la distese

Accennando a Fingalloe volse altrove

I taciturni sguardi. E perchè piangi

Figlia di Starno? domandò Fingallo

Con un sospiro: a che pallida e muta

Bell'ospite dei nembi? Ella ad un tratto

Sparve col ventoe lo lasciò pensoso.

Piangeva il popol suoche sotto il brando

Del re di Selmaera a cader vicino.

L'eroe svegliossie pieni ancor di quella

Avea gli occhi e la mente. Ode appressarsi

Oscarre i passie n'adocchiò lo scudo;

Che incominciava un deboletto raggio

Via via d'Ullina a tremolar sull'onda.

Che fa 'l nemico fra i terrori involto?

Richiese il Re: fugge sul mareo attende

La novella battaglia? A che tel chiedo?

Non odo io già la voce lor che suona

Sul vento del mattin? Vattene Oscarre

Desta gli amici. Il Re s'alzò; piantossi

Presso il sasso di Lubae in tuon tremendo

Ben tre volte rugghiò: balzaro i cervi

Dalle fonti di Cromlae tremar tutte

Le rupi e i monti. Come cento alpestri

Rivi sboccando con mugghianti spume

Si confondon tra lor: come più nubi

S'ammassano in tempestae alla serena

Faccia del ciel fan velo; in cotal guisa

Si ragunaro del deserto i figli

Del lor signore alla terribil voce

Terribile ai nemicia' suoi guerrieri

Grata e gioconda: perchè spesso ei seco

Li condusse alla pugnae dalla pugna

Carchi tornar di gloriose spoglie.

Su sudiss'eglialla zuffaalla morte.

Figli della tempesta: a risguardarvi

Starassi il vostro re. Sopra quel colle

Balenerà 'l mio brandoe sarà scudo

Del popol mio: ma non avvengaamici

Che n'abbiate mai d'uopoor che di Morni

Per me combatte il valoroso figlio.

Egli fia vostro duceonde il suo nome

Sorger possa nel canto. O voi scendete

Ombre de’ morti duciombre dei nembi

Correggitricii miei guerrier cadenti

Accogliete cortesie i vostri colli

Sien lor d'albergo: oh possan quei su l'ale

Del nembo rapidissimo del Lena

Per l'aereo sentier varcar sublimi

I flutti de’ miei marie al mio riposo

Cheti venirneed allegrar sovente

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

41

Con la piacevol vista i sogni miei.

FillanoOscarre dalla bruna chioma

E tu Rino gentilfate o miei figli

D'esser forti in battaglia: i vostri sguardi

Stien fisi in Gauloond'emularne i fatti.

Brando a brando non cedao braccio a braccio;

Si gareggi in valor: del padre vostro

Proteggete gli amicie stienvi in mente

Gli antichi duci. Se cader sul Lena

Doveste ancornon paventateo figli

Vi rivederò: di cava nube in seno

Le nostre fredde e pallid'ombre in breve

S'incontrerannoo figli; e andrem volando

Spirti indivisi a ragionar sul Cona.

Simile a nube tempestosaorlata

Di rosseggiante folgore del cielo

Che in occidente dal mattin s'avanza

Il Re s'allontanò. Funesto vampo

Esce dall'armi sue; nella man forte

Crolla due lancie; la canuta chioma

Giù cade al vento; tre cantor van dietro

Al figlio della famaa portar pronti

I suoi cenni agli eroi. Sull'erto fianco

Di Cromla ei si posòvolgendo a cerchio

Il balen dell'acciar. Lieti alla pugna

Movemmo intanto. Sfavillò sul volto

D'Oscar la gioja: vivida vermiglia

Era la guancia sua; spargono gli occhi

Lagrime di piacer; raggio di foco

Sembra la spada nella destra. Ei venne;

E con gentil sorriso in cotai detti

Ad Ossian favellò: Sir delle pugne

Ascolta il figlio tuo: scostatio padre

Segui l'eroe di Selmae la tua fama

Lasciala intera a me. Ma s'io qui cado

Rammentatio signorquel sen di neve

Quel grazioso solitario raggio

Dell'amor miola tenera Malvina

Dalla candida man. Parmi vederla

Curva sul rivo risguardar dal monte

Con la guancia infocatae i lisci crini

Sferzanle il senche per Oscàr sospira.

Tu la confortae di' ch'io son già fatto

Dei venti albergatorche ad incontrarmi

Vengamentre io pe’ colli miei sul nembo

M'affretto a rivederla. - Oscarche dici?

A me piuttostoa me la tomba inalza.

Nonon cedo la pugna: il braccio mio

Più sanguinoso e più di guerra esperto

Tutte di gloria t'aprirà le strade.

Ma ben tufigliuol mios'avvien ch'io caggia

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

42

Questa spadaquest'arcoe questo corno

Rammenta di riporre entro l'angusta

Scura magion; fa' che una bigia pietra

L'additi al passaggiero: alla tua cura

Alcun amor non accomandoo figlio

Che più non è la vaga Evirallina

La madre tua. Così parlammo; e intanto

Crebbe sul ventoe più e più gonfiossi

L'alta voce di Gaulo; ei la paterna

Spada rotando con furor si spinse

Alla stragealla morte. Appunto come

Candido–gorgogliante onda colmeggia

E scoglio assale: e come scoglio immoto

L'orrid'urto sostien; così i guerrieri

Assalirresistèro: acciar si frange

Contro acciarouom contr'uom; suonano scudi

Cadono eroi. Quai cento braccia e cento

Della fornace sul rovente figlio;

Così s'alzano piombanomartellano

Le loro spade. Orrido in Arven turbo

Gaulo rassembra; in sul suo brando siede

Distruzion d'eroi: parea Svarano

Foco devastator. Come poss'io

Dar tanti nomie tante morti al canto?

D'Ossian pur anco fiammeggiò la spada

Nel sanguigno conflitto: e tu pur anco

Terribil fostiOscarreo de’ miei figli

Il maggioreil miglior. Nel suo segreto

Giojami il corquand'io scorgea 'l tuo brando

Arder sul petto dei nemici ancisi.

Essi fuggiro sbaragliatie noi

Inseguimmouccidemmo: e come pietre

Van saltellon di balza in balza; o come

Scuri di quercia in quercia in bosco annoso

Erran colpi alternando; o come tuono

Di rupe in rupe si rimbalza in rotti

Spaventosi rimbombi: in cotal guisa

Colpo a colpo succedee morte a morte

Dalla spada d'Oscarree dalla mia.

Ma già Svaran Gaulo circondae freme

Qual corsia d'Inistor. Fingallo il vede

Vedeloe già già s'alzae già già l'asta

Solleva. Ullinva' mio cantoreei disse

Vattene a Gauloe gli rammenta i fatti

De’ padri suoi; la disugual contesa

Col tuo canto sostien': ravviva il canto

E rinfranca gli eroi. Mossesi Ullino

Venne a Gaulo dinanzie 'l canto sciolse

Infiammator dei generosi cori.

Combatti combatti

Distruggiabbatti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

43

Figlio del sir dei rapidi destrieri

Fior de’ guerrieri.

Pugnapugna o braccio forte

In fatica aspra ed estrema:

Sir d'acute arme di morte

Duro cor che mai non trema.

Figlio di guerra

Atterraatterra

Fa' che più candida

Vela non tremoli

Sull'onde d'Inistor.

Alza scudo orrendo qual nembo

Che di morte ha gravido il grembo;

Il tuo brando - baleni rotando

Qual sanguigno notturno vapor.

Il braccio sia tuono sul campo

Sia l'occhio di lampo

Di scoglio sia 'l cor.

Combatticombatti

Distruggiabbatti:

Figlio del sir dei rapidi destrieri

Doma gli alteri.

Gaulo avvampa a tai note; il cor gli balza:

Fassi di sè maggior. Ma Svaran cresce

E soverchia il garzon: fende in due parti

Lo scudo a Gaulo; del deserto i figli

Sbigottiti fuggiro. Allor Fingallo

Nella possanza sua sorsee tre volte

La voce sollevò. Cromla rispose

Al forte tuono; s'arrestaro a un punto

Del deserto i guerrier; piegaro a terra

L'infocate lor faccee a quella voce

Di sè stessi arrossiro. Egli s'en venne

Come in giorno di sol piovosa nube

Move sul colle tenebrosa e lenta:

Stan muti i campi ad aspettar la pioggia.

Vide Svaran da lungi il formidato

Signor di Selmaed arrestossi a mezzo

Del corso suo. Fosche aggrottò le ciglia;

Alla lancia s'attennee i rosseggianti

Occhi intorno rivolse. Ei muto e grande

Quercia parea sopra il ruscel di Luba

Cui già rapida folgore del cielo

Lasciò brulla di fogliee incotta i rami:

Quella pende sul riosibila il musco.

Tal si stava Svarano: ei lento lento

Si ritirò sopra il ciglion del Lena:

L'accerchiano i suoi mille; e sopra il colle

S'addensa il buio dell'orribil zuffa.

Ma in mezzo al popol suo splendea qual raggio

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

44

Fingallo; e tutti intorno a lui festosi

S'accolgono i suoi duci. Alza la voce

Del suo poter. Su su miei fidiergete

Tutti i stendardi miei: spieghinsi al vento

Sulla piaggia del Lenae vibrin come

Fiamme su cento colli: essi ondeggiando

S'odano all'aure sibilar d'Erina

E guerriera armonia spirinci in petto.

Quaquafiglicompagni: al vostro duce

Fatevi appressoe della sua possanza

Le parole ascoltate. O Gauloinvitto

Braccio di morteo generoso Oscarre

Dai futuri conflittio delle spade

Figlio Conalloo bruno il crin Dermino

O tu re della famaOssiandei canti

Alto signor; voi la vestigia e 'l corso

Seguite o figli del paterno braccio

Imitateloo prodi. Alzammo il raggio

Solar della battagliail luminoso

Regio stendardoe lo seguian volando

Gli spirti nostri. Sventolava altero

Quello per l'aereori–lucentee tutto

Gemmi–distintoqual la vasta azzurra

Stellata conca del notturno cielo.

Avea pur ciascun duce il suo vessillo;

Ciascun vessillo i suoi guerrier. Mirate

Disse il prence ospitalmirate come

Loclin sul Lena si divide e parte.

Stanno i nemici somiglianti a rotte

Nubi sul colleo a mezzo arso e sfrondato

Bosco di querciequando il ciel traspare

Fra ramo e ramoed il vapor trasvola.

Amici di Fingalciascun di voi

Scelga una banda di color che stanno

Minacciosi lassusoe non si lasci

Che alcun nemico dei sonanti boschi

Sull'onde d'Inistor ricovri e fugga.

E benGaulo gridòmiei fieno i sette

Duci del Lano: d'Inistorre il fosco

SovranoOscar gridòvengane al brando

Del figlio d'Ossian: venga al miosoggiunse

Conalloalma d'acciaroil bellicoso

Sir d'Iniscona. O 'l re di Mudaod io

Oggi per certo dormirem sotterra

Disse Dermino. Ossianbench'or sì fiacco

E sì dolentedi Terman s'elesse

L'atroce re: non tornerògridai

Senza il suo scudo. O generosio forti

Disse Fingal col suo sereno sguardo

Sia vittoria con voi. Tu re dell'onde

Svaranla scelta di Fingal tu sei.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

45

Disse; e quai cento varii venti in cento

Diverse valli a imperversar sen vanno;

Così divisi noi movemmo; e Cromla

Scossesie n'echeggiò. Cotante morti

Chi può narrar? Bella di Toscar figlia

Le nostre destre eran di sanguee folte

Cadder le squadre di Loclinquai ripe

Traportate dal Cona: alle nostr'armi

Tenne dietro vittoria: ognun dei duci

La promessa adempiè. Spessoo donzella

Sedesti in riva al mormorevol Brano

Mentre il bianco tuo seno alternamente

S'alzava all'alternar de’ bei respiri

Qual piuma candidissima gentile

Di liscio cignoche soave e lento

Veleggia per la liquida laguna

Qualor di fianco una scherzosa auretta

Con dolce sferza la sommove e sparge.

Spessoo bellasedesti; e spesso hai visto

Dietro una nube rimpiattarsi il sole

Lentoinfocatoe notte rammassarsi

D'intorno al montee 'l variabil vento

Romoreggiar per le ristrette valli.

Cade alfin pioggia grandinosa: il tuono

Rotolaulula; il fulmine scoscende

Gli erti dirupi; su focosi raggi

Van cavalcando orridi spettri; e in basso

Rovesciasi precipitosa e torba

L'urlante possa de’ torrenti alpini.

Tal della pugna era il fragor. Malvina

Perchè piangiperchè? Piangan piuttosto

Le figlie di Loclinche n'han ben donde.

Cadde di lor contrada il popolcadde

Perchè di sangue si pasceano i brandi

Della stirpe de’ miei. Lasso! infelice!

Qual fui! qual sono! abbandonatoe cieco

Non più compagno degli eroi passeggio

Più quell'Ossian non sono. A medonzella

Quelle lagrime a mech'io con quest'occhi

Di tutti i cari miei vidi le tombe.

Nella confusa mischia il Re trafisse

Guerriero ignoto. Ei la canuta chioma

Per la polve traendoi languid'occhi

Ver lui solleva. Il ravvisò Fingallo

Ed ahigridòtu di mia man cadesti

D'Aganadeca amico? io pur ti vidi

Gli occhi molli di lagrime alla morte

Dell'amata donzellaentro le stanze

Di quel padre crudel: tu de’ nemici

Dell'amor mio fosti nemicoed ora

Cadi per la mia mano? Ullinla tomba

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

46

Ergi all'estintoed il suo nome aggiungi

D'Aganadeca alla canzon dolente.

Addio donzella dell'arvenie valli

Abitatricea questo cor sì cara.

Giunse all'orecchio a Cucullin nel cupo

Speco di Cromla lo scompiglioe 'l tuono

Della turbata pugna: a sè Conallo

E Carilo chiamò. L'udiro i duci

Presero l'aste: ei della grotta uscio

E a mirar s'affacciò. Veder gli parve

Faccia di mar rimescolato e smosso

Dal cupo fondoche flagella e assorbe

Con bollenti onde l'arenoso lito.

A cotal vista Cucullino a un punto

S'infiammòs'oscurò; la mano al brando

L'occhio corre al nemico: egli tre volte

Si scagliò per pugnartre lo rattenne

Conal. Che faisir di Dunscaglia? ei disse

Fingallo è vincitor; già tutto ei strugge

Tutto conquide ei sol: non cercar parte

Nella fama del Rech'è tardi e vano.

E benquei ripigliòCarilovanne

Al re di Selmae poichè spento in tutto

Sia il rumor della pugnae che dispersa

Fugga Loclinqual dopo pioggia un rivo

Seco t'allegra; il tuo soave canto

Gli lusinghi l'orecchio; inalza al cielo

L'invincibile eroe. Carilo prendi

Reca a Fingal questa famosa spada

La spada di Cabàr; che d'inalzarla

Non è la man di Cucullin più degna.

Ma voi del muto Cromla ombre romite

Spirti d'eroi che più non sonvoi soli

Siate oggimai di Cucullin compagni;

Voi venitene a lui dentro la grotta

Del suo dolor: più tra' possenti in terra

Nomato io non sarò; brillai qual raggio

E qual raggio passai; nebbia son io

Che dileguossi all'apparir del vento

Rischiarator dell'offuscato colle.

ConàlConàlnon mi parlar più d'armi;

Già svanì la mia gloria; i miei sospiri

Di Cromla i venti accresceransintanto

Che i miei vestigi solitari e muti

Cessino d'esser visti. E tuBragela

Piangi la fama miapiangi me stesso:

Tu più non mi vedrai; raggio amoroso

Non mi vedrainon ti vedrò; son vinto.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

47

CANTO V

Continua la battaglia; Fingal e Svarano s’azzuffano. Svarano è vinto edato come prigioniero in

custodia ad Ossian e Gaulo. Fingali suoi più giovani figliolied Oscarinseguono gli avanzi

dell’armata nemica. S’introduce l’episodio d’Orlauno dei capitanidi Loclinch’era stato

mortalmente ferito nella battaglia. Fingalcommosso dalla morte di Orlacomanda che si cessi

dall’inseguire il nemico; e chiamando a sé i suoi figliuolivieneinformato che Rinoil più giovane

di essiera stato ucciso. Compiange la sua morteode la storia di Landergoe Gelcossae torna

verso il luogo dove aveva lasciato Svarano. In questo mezzoCarilo ch’erastato inviato da

Cucullino a congratularsi con Fingal della sua vittoriasi trattiene conOssian. La conversazione

di questi due cantori termina l’azione del quarto giorno.

Al generoso reggitor del carro

Conàl si volsee con soavi detti

Preselo a confortar. Figlio di Semo

Perchè ti lasci alla tristezza in preda?

Son nostri amici i fortie rinomato

Se’ tu guerrier: molte le morti e molte

Già fur del braccio tuo; spesso Bragela

Con ceruleo–giranti occhi di gioja

Il suo sposo incontròmentr'ei tornava

Cinto dai valorosiin mezzo ai canti

Dei festosi cantorie rosseggiante

Avea 'l brando di strage; e i suoi nemici

Giacean sul campo della tomba esangui.

Datti confortoe 'l re di Morven meco

Statti lieto a mirar. Ve’ com'ei passa

Qual colonna di focoe tutto incende!

Qual vigor! qual furor! non par di Luba

La correntìa? non par di Cromla il vento

Schiantator di ramose alte foreste?

Avventurato popolo felice

Fingalloè 'l tuo: tu gli sei fregio e schermo.

Tu primo in guerrae tu nei dì di pace

In consiglio il maggior: tu parlie mille

S'affrettano a ubbidir: ti mostrie innanzi

Ti cadono gli eroi. Popol felice!

Popolo di Fingald'invidia degno!

Chi èchi èfiglio di Semo osserva

Chi è costui sì tenebroso in vista

Che tonando ne vien? Questo è l'altero

Figlio di Starno. Oh! con Fingàl s'affronta:

Stiamo a veder. Par d'oceàn tempesta

Mossa da due cozzanti aerei spirti

Che van dell'onde a disputar l'impero:

Trema dal colle il cacciatorche scorge

Ergersi il fiottoe torreggiargli a fronte.

Sì Conallo parlòquando a scontrarsi

In mezzo al lor popolo cadente

Corsero i due campion. Questa è battaglia

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

48

Questo è fragor: qui ciascun urto è turbo

Ciascun colpo è tempesta: orrore e morte

Spirano i sguardi. Ecco spezzati scudi

Smagliati usberghie sminuzzati elmetti

Balzan fischiando: ambi i guerrieri a terra

Gettano l'armie con raccolta possa

Vannosi ad afferrar. Serransi intorno

Le noderose nerborute braccia.

Si stiranosi scrollanos'intrecciano

Sotto e sopra in più gruppi alternamente

Le muscolose membra: ai forti crolli

All'alta impronta dei tallon robusti

Scoppian le pietree dalle nicchie alpestri

Sferransi i duri massie van sossopra

Rovesciati cespugli. Alfin la possa

A Svaran mancaegli è di nodi avvinto.

Così sul Cona già vid'io (ma Cona

Non veggo più)così vid'io due sconci

Petrosi scogli trabalzati e svelti

Dall'orrid'urto di scoppiante piena;

Volvonsi quei da un lato all'altroe vanno

Ad intralciarsi le lor querce antiche

Colle ramose cime; indi cozzando

Piombano assiemee si strascinan dietro

Sterpi e cespi ammontatie pietre e piante:

Svolvonsi i rivie da lontan si scorge

Il vuoto abisso della gran rovina.

Figligridò Fingàltosto accorrete

Statevi a guardia di Svaranche in forza

Ben pareggia i suoi flutti; è la sua destra

Mastra di pugna; egli è verace germe

Di schiatta antica. O tra' miei duci il primo

Gauloe tu re dei canti Ossian possente

All'amico e fratel d'Aganadeca

Siate compagnie gli cangiate in gioja

Il suo dolor: ma voi FillanoOscarre

Rinofigli del corsoi pochi avanzi

Di Loclin disperdeteonde nemica

Nave non sia che saltellare ardisca

Sull'onde d'Inistor. Simili a lampo

Volaron essi. Ei campeggiò sul Lena

Posatamentecome nube estiva

Lento–tonante per lo ciel passeggia;

Tace sott'essa la cocente piaggia.

Vibra il raggiante suo brandocui dietro

Striscia spavento. Egli da lungi adocchia

Un guerrier di Loclin: ver lui s'avvia

E così parla: e chi vegg'io lì presso

Alla pietra del rio? tenta ma indarno

Di varcarlo d'un salto: agli attial volto

Sembra eroe d'alto affarpendegli a fianco

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

49

Il curvo scudoed ha lung'asta in mano.

Giovine eroedi'chi se’ turispondi

Se’ tu nemico di Fingallo? - Io sono

Un figlio di Loclindi forte braccio.

La sposa mia nella magion paterna

Stassi piangendoe mi richiama: invano;

Orla non tornerà. Combattio cedi?

Disse l'alto Fingallo: i miei nemici

Lieti non son; ma ben famosi e chiari

Sono gli amici miei. Figlio dell'onda

Seguimi alla mia festa: i miei cervetti

Vientene ad inseguir. Nonorispose

Ai deboli io soccorro; è la mia destra

Schermo de’ fiacchi: paragon non ebbe

Mai la mia spada. Il re di Morven ceda.

GarzonFingàl non cede. Impugna il brando

E t'eleggi un nemico: i miei campioni

Son molti e forti. E la tenzon ricusi?

Gridò 'l guerriero: Orla è di Fingal degno;

E degno è Fingal d'Orlae Fingal solo.

Ma se cader degg'ioche pur un giorno

Cade ogni prodeodimi o Rela tomba

Alzami in mezzo al campoe fa' che sia

La maggior di tutt'altre: e giù per l'onda

Manda il mio brando alla diletta sposa

Onde mesta il ricovrie lagrimando

Lo mostri al figlioed a pugnar l'infiammi.

Giovine sventuratoa che con questi

Funesti detti a lagrimar m'invogli?

Disse Fingallo: è ver pur troppo! il prode

Deve un giorno caderdebbono i figli

Vederne l'armi inutili e sospese.

Pur ti conforta: io t'alzerò la tomba

Orlanon dubitarne; e la tua sposa

Avrà 'l tuo ferroe 'l bagnerà di pianto.

Presero essi a pugnarma 'l braccio d'Orla

Fiacco fu contro il Re: scese la spada

Del gran Fingalloe in due partì lo scudo.

Cadde quegli rovescio; sopra l'onda

L'arme riverberàrcome talvolta

Sopra notturno rio riflessa luna.

Re di Morvendiss'eisolleva il brando

Passami il petto: qui ferito e stanco

Dalla battaglia i fuggitivi amici

M'abbandonaro: giungerà ben tosto

Lungo le sponde dell'acquoso Loda

All'amor mio la lagrimosa istoria;

Mentre romita e muta erra nel bosco

E tra le foglie il venticel susurra.

Orlach'io ti ferisca? ah non fia vero

Disse Fingal: lasciaguerrierche in riva

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

50

Del patrio Loda dalle man di guerra

Sfuggito e salvocon piacer t'incontri

L'affannoso amor tuo; lascia che 'l padre

Canutoe forse per l'età già cieco

Senta da lungi il calpestio gradito

De’ piedi tuoi: lascia che lieto ei sorga

E brancolando con la man ricerchi

Il figlio suo. - Nol rinverrà giammai:

Io vo' morir sul Lena; estranj vati

Canteranno il mio nome: un'ampia fascia

Copremi in petto una mortal ferita;

Ecco io la squarcioe la disperdo al vento.

Sgorgò dal fianco il nero sangue; ei manca

Ei more; e sopra lui pietosamente

Fingàl si curva; indi i suoi duci appella.

OscarFillanmiei figlialzisi tosto

La tomba ad Orla: ei poserà sul Lena

Lungi dal grato mormorìo del Loda

Lungi dalla sua sposa: un giorno i fiacchi

vedranno l'arco alle sue sale appeso;

Ma non potran piegarlo: urlano i cani

Sopra i suoi colliesultano le belve

Ch'ei soleva inseguir: caduto è 'l braccio

Della battagliail fior dei forti è basso.

Squilli il cornomiei figlialzate il grido:

Torniamcene a Svaran; tra feste e canti

Passi la notte. O voi FillanoOscarre

Rinovolate: ove se’ tu mio Rino

Rino di fama giovinetto figlio?

Pur giammai tu non fosti a correr tardo

Al suon del padre tuo. Rinorispose

L'antico Ullinde’ padri suoi sta presso

Le venerande forme; egli passeggia

Con Tratal re dei scudie con Tremmorre

Dai forti fatti: il giovinetto è basso

Smorto ei giace sul Lena. E cadde adunque

Gridò Fingalcadde il mio Rino; il primo

A piegar l'arcoil più veloce in corso?

Misero! al padre i primi saggi appena

Davi del tuo valor: perchè cadesti

Sì giovinetto? Ah dolcemente almeno

Posa sul Lena: in breve spazioo figlio

Ti rivedrò: si spegnerà ben tosto

La voce mia; de’ passi miei sul campo

Svaniran l'orme: canteranno i vati

Di me soltantoe parleran le pietre.

Ma tuRino gentilbasso per certo

Basso se’ tu: tu la tua fama ancora

Non ricevesti. Ullin ricerca l'arpa

Parla di Rinoe di' qual duce un giorno

Fora stato il garzone. Addiotu primo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

51

In ogni campo: il giovenil tuo dardo

Più non godrò di regolare. O Rino

O già sì belloah tu sparisti: addio.

Scorgevasi la lagrima sospesa

Sulle ciglia del Re: pensa del figlio

Al crescente valor; figlio di speme!

Pareva un raggio di notturno foco

Che già spunta sul colle; al fischioal corso

Piegan le selveil peregrin ne trema.

In quell'oscura verdeggiante tomba

Riprese il Rechi mai sen giace? Io scorgo

Quattro pietre muscoseindizio certo

Della magion di morte: ivi riposi

Anche il mio Rinoe sia compagno al forte.

Forse è colà qualche famoso duce

Che con mio figlio volerà su i nembi.

Ullin rianda le memorie antiche

Sciogli il tuo cantoe ci rammenta i fatti

Degli abitanti della tomba oscuri.

Se nel campo dei forti essi giammai

Non fuggir dai perigliil figlio mio

Benchè lungi da' suoisul Lena erboso

Riposerà tranquillo ai prodi accanto.

In questa tombaincominciò la dolce

Bocca del cantoil gran Landergo è muto

E 'l fero Ullin. Chi è costeiche dolce

Sorridendo da un nemboa me fa mostra

Del suo volto d'amor? Figlia di Tutla

O prima tra le vergini di Cromla

Perchè pallida sei? dormi tu forse

Fra i due forti rivali in queste pietre?

Bella Gelcossatu l'amor di mille

Fosti vivendo; ma Landergo solo

Fu l'amor tuo: ver le muscose ei venne

Torri di Selma; e 'l suo concavo scudo

Picchiandofavellò. Dov'è Gelcossa

Dolce mia cura? io la lasciai pocanzi

Nella sala di Selmaallor che andai

A battagliar contro l'oscuro Ulfadda.

Riedi tostodiss'ellao mio Landergo

Ch'io resto nel dolore: ed umidetta

Avea la guanciae sospiroso il labbro.

Ma or non la riveggio: a che non viene

Ad incontrarmie a raddolcirmi il core

Dopo la pugna? tacito è l'albergo

Della mia gioja: in sull'amata soglia

Brano non veggoil fido canche crolli

Le sue catenee mi festeggi intorno.

Ov'è Gelcossa! ov'è 'l mio amor? Landergo

Ferchio risposeella sarà sul Cromla

Ella con le sue vergini dell'arco

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

52

I cervi inseguirà. Ferchioriprese

Di Cromla il sirealcun romor non fiede

L'orecchio miotaccion del Lena i boschi;

Non è cervo che fugga: ah ch'io non veggo

La mia Gelcossaella sparì; Gelcossa

Bella qual luna che pian pian s'asconde

Dietro i gioghi di Cromla. O Ferchiovanne

A quel canuto figlio della rupe

Al venerabil Allado: ei soggiorna

Nel cerchio delle pietreei di Gelcossa

Avrà novelle. Andò d'Adone il figlio

Ed all'orecchio dell'età si fece.

Allàdoabitator della spelonca

Tu che tremi cosìdi'che vedesti

Cogli antichi occhi tuoi? Vidirispose

Ullino il figlio di Cairba; ei venne

Come nube dal Cromlaalto intonando

Disdegnosa canzonsiccome il vento

Entro un bosco sfrondato. Ei nella sala

Entrò di Selma: escigridòLandergo

Terribile guerrieroescine; o cedi

A me Gelcossao con Ullin combatti.

Landergo non è quirispose allora

Gelcossa; ei pugna contro Ulfadda: o duce

Ei non è qui: ma che perciò? Landergo

Non fia che cedaegli non cessa ancora.

Combatterà. Se’ pur vezzosa e bella

Disse l'atroce Ullin: figlia di Tutla

Io ti guido a Cairbae del più forte

Sarà Gelcossa: io resterò sul Cromla

Tre dì la pugna ad aspettar; se fugge

Landergoil quarto dì Gelcossa è mia.

Allado or bastaripigliò Landergo

Sia pace a' sonni tuoi. Suona il mio corno

Ferchiosì ch'oda Ullino: e sì dicendo

Salì sul colle in torbido sembiante

Dalla parte di Selma: a cantar prese

Bellicosa canzonein tuon d'un rivo

D'alto cadente: alfin del monte in cima

Egli si stette; volse intorno il guardo;

Qual nube suolche al variar del vento

Varia d'aspetto: rotolò una pietra

Segno di guerra. Il fero Ullin l'udìo

Dalla sala paternaudì giulivo

Il suo nemicoed impugnò la spada

De’ padri suoi: mentr'ei la cinge al fianco

Illuminò quel tenebroso aspetto

Un sorriso di gioja: il pugnal brilla

Nella sua destra; ei s'avanzò fischiando.

Vide Gelcossa il sir torbido e muto

Che qual lista di nebbia iva poggiando

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

53

Ferocemente: si percote il seno

Candido palpitantee lagrimosa

Trema per l'amor suo. Cairba antico

Disse la bellaa piegar l'arco io volo

Veggo i cervetti. Frettolosa il colle

Salìma indarno; gl'infiammati duci

Già tra lor combatteano. Al re di Morven

Io narrerò come pugnar sien usi

Crucciati eroi? cadde il feroce Ullino.

Venne Landergo pallido anelante

Alla donzella della liscia chioma

Alla figlia di Tutla: oimè! che sangue

Che sangue è quelloella gridòche scorre

Sul fianco all'amor mio? Sangue d'Ullino

Disse Landergoo più candida e fresca

Della neve di Cromla: o mia Gelcossa

Lascia ch'io mi riposi: ei siede e spira.

Così cadio mio ben? Stette tre giorni

Lagrimandogli appresso: i cacciatori

La trovar mortae su i tre corpi estinti

Ersero questa tomba.O Retuo figlio

Può qui posarche con eroi riposa.

E qui riposerà: gli orecchi miei

Spesso ferì della lor fama il suono

Disse l'alto Fingàl. FillanFergusto

Orla qua mi s'arrechiil valoroso

Garzon del Loda; ei giacerà con Rino

Coppia ben degna: sopra entrambi il pianto

Voi donzelle di Selmae voi di Lona

Scioglieteo figlie: ambi crescean a prova

Come vivaci rigogliose piante;

E come piante or lì giaccion prostesi

Che sul ruscel riverseal soleal vento

Tutto il vitale umor lasciano in preda.

Oscarreonor di gioventùtu vedi

Come cadder da forti. A par di questi

Fa' tu d'esser famosoe sii com'essi

Subietto dei cantor: menavan vampo

Essi in battagliama nei dì di pace

Faccia avea Rino placida ridente

Simile al variato arco del cielo

Dopo dirotta pioggiaallor che spunta

Gajo sull'ondee d'altra parte il sole

Puro tramontae la collina è cheta.

Statti in pace o bel Rinoo di mia stirpe

Rino il minor: ti seguiremoo figlio;

Che tosto o tardi han da cadere i prodi!

Tal fu la doglia tuasignor dei colli

Quando giacque il tuo Rino. E qual fia dunque

D'Ossian la dogliaor che tu giacio padre?

Ah ch'io non odo la tua voce in Cona

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

54

Ah che più non ti veggo! Oscuro e mesto

Talor m'assido alla tua tomba accanto

E vi brancolo sopra. Udir talvolta

Parmi la voce tualassoe m'inganna

Il vento del deserto. È lungo tempo

Che dormio padre; e ti sospira il campo

Alto Fingàlcorreggitor di guerra.

Lungo l'erboso Luba Ossiane Gaulo

Sedean presso a Svarano. Io toccai l'arpa

Per allegrare il cor del Rema tetro

Era il suo ciglio; ad ogn'istante al Lena

Girava il bieco rosseggiante sguardo;

Piangeva il popol suo. Gli occhi ver Cromla

Anch'io rivolsie riconobbi il figlio

Del generoso Semo. Ei tristoe lento

Si ritrasse dal collee volse i passi

Alla di Tura solitaria grotta.

Vide Fingal vittoriosoe in mezzo

Della sua dogliainvolontaria gioja

Venne a mischiarsi. Percuoteva il sole

Sull'armi sue; Conàl tranquillo e cheto

Lo venìa seguitando: alfine entrambi

Si celar dietro il colleappunto come

Doppia colonna di notturno foco

Via via spinta dal vento. È la sua grotta

Dietro un ruscel di mormorante spuma

Entro una rupe; un albero la copre

Con le tremanti fogliee per li fianchi

Strepita il vento. ivi riposa il figlio

Del nobil Semo; i suoi pensier son fisi

Pur nella sua sconfitta; aride strisce

Gli segnano la guancia: egli sospira

La fama suache già svanita ei crede

Come nebbia del Cona. O sposa amata

O Bragela gentilperchè sì lungi

Se’ tu da luiche serenar potresti

L'anima dell'eroe? Ma lasciao bella

Che sorga luminosa entro il suo spirto

L'amabile tua forma: i suoi pensieri

A te ritornerannoe la sua doglia

Dileguerassi al tuo sereno aspetto.

Chi vien coi crini dell'etade? il veggo

Egli è 'l figlio dei canti. Io ti saluto

Carilo antico: la tua voce è un'arpa

Nella sala di Turae i canti tuoi

Son grati e dolcicome pioggia estiva

Là nel campo del sol. Carilo antico

Ond'è che a noi ne vieni? Ossiandiss'egli

Delle spade signorsignor dei canti

Tu m'avanzi d'assai. Molt'è che noto

A Carilo sei tu: più volteil sai

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

55

Nella magion del generoso Brano

Dinanzi alla vezzosa Evirallina

Ricercai l'arpa: e tu più volteo duce

Le mie musiche note accompagnasti:

E talor la vezzosa Evirallina

Tra i canti del suo amortra i canti miei

Mescea la soavissima sua voce.

Un giorno ella cantò del giovinetto

Cormanche cadde per amarla: io vidi

Sulle guance di leisulle sue ciglia

Le lagrime pietose: ella commosso

Sentiasi il cor dall'infelice amante

Benchè pur non amato. Oh come vaga

Come dolce e gentile era la figlia

Del generoso Brano! - Ah taciamico

Non rinnovarnon rinnovarmi all'alma

La sua memoria: mi si strugge il core

E gli occhi mi ringorgano di pianto.

Il diletto amor miola bella sposa

Dal soave rossorCariloè spenta.

Ma tu siedio cantoree le nostr'alme

Molci col canto tuodolce ad udirsi

Quanto di primavera aura gentile

Che nell'orecchio al cacciator sospira

Quand'ei si sveglia da giojoso sogno

Tra 'l bel concento dei notturni spirti.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

56

CANTO VI

ARGOMENTO: Viene la notte. Fingal dà un convito alla sua armataal qualeSvarano è presente.

Il re comanda ad Ullinosuo bardodi cantare una canzonedi pacecostume che sempre si

osservava al fine di una guerra. Ullino narra le imprese di Tremmorbisavolodi Fingal nella

Scandinaviae i suoi sponsali con Inibacasorella del re di Loclinche eraun antenato di Svarano.

Fingalgenerosamentemette Svarano in libertàe gli permette di ritornarecol rimanente del suo

esercito a Loclin. Fingal domanda a Carilo nuove di Cucullino. Storia diGrumal. Giunge la

mattina. Svarano parte. Fingal va alla cacciaposcia si incammina alla voltadi Cucullino. Lo

ritrova nella grotta di Turalo conforta e lo lascia consolato. Il giornodietro egli fa vela per la

Scoziacon ché si chiude il poema.

Precipitaro i nugoli notturni

E si posar su la pendice irsuta

Del cupo Cromla. Sorgono le stelle

Sopra l'onde d'Ullinae i glauchi lumi

Mostrano fuor per la volante nebbia.

Mugge il vento lontano: è muta e fosca

La pianura di morte. Ancor gli orecchi

Dolce fiedea l'armoniosa voce

Del buon cantore. Ei celebrò i compagni

Di nostra gioventudeallor che prima

Noi c'incontrammo in sull'erboso Lego

E la conca ospital girava intorno.

Tutte del Cromla le nebbiose cime

Risposero al suo cantoe l'ombre antiche

De’ celebrati eroi venner sull'ale

Ratte dei nembie con desio fur viste

Piegarsi al suon delle gradite lodi.

Benedetto il tuo spirto in mezzo ai venti

Carilo antico! Oh venistù sovente

La notte a mequando soletto io poso!

E tu ci vieniamico: odo talvolta

La tua maestra manch'agile e leve

Scorre per l'arpa alla parete appesa.

Ma perchè non favelli alla mia doglia?

Perchè non mi conforti? i cari miei

Quando mi fia di riveder concesso?

Tu taci e parti; e 'l vento che t'è scorta

Fischiami in mezzo alla canuta chioma.

Ma dal lato di Mora intanto i duci

S'adunano al convito. Ardon nell'aria

Cento querce ramosee gira intorno

Il vigor delle conche. I duci in volto

Splendon di gioja: sol pensoso e muto

Stassi il re di Loclin; siedongli insieme

Ira e dolor sull'orgogliosa fronte.

Guata il Lenae sospira: ha ferma in mente

La sua caduta. Sul paterno scudo

Stava chino Fingallo: egli la doglia

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

57

Osservò di Svaranoe così disse

Al primo de’ cantori: Ullinoinalza

Il canto della pacee raddolcisci

I bellicosi spirtionde l'orecchio

Ponga in oblio lo strepito dell'armi.

Sien cento arpe dappressoe infondan gioja

Nel petto di Svaran. Tranquillo io voglio

Che da me parta: alcun non fu per anco

Che da Fingàl mesto partisse. Oscarre

Contro gli audaci e valorosi in guerra

Balena il brando mio: se cedon questi

Pacatamente mi riposa al fianco.

Visse Tremmorreincominciò dei canti

La dolce boccae per le nordiche onde

Di tempeste e di venti errò compagno.

La scoscesa Loclin coi mormoranti

Suoi boschi apparve al peregrino eroe

Tra le sue nebbie: egli abbassò le vele

Balzò sul lidoed inseguì la belva

Che per le selve di Gormal ruggìa.

Molti eroi già fugòmolti ne spense

Quella; ma l'asta di Tremmor l'uccise.

Eran tre duci di Loclin presenti

All'alta impresae raccontar la possa

Dello straniero eroe: disser ch'ei stava

Qual colonna di focoe d'arme chiuso

Raggi spandea d'insuperabil forza.

Festoso il Re largo convito appresta

Ed invita Tremmorre. Il giovinetto

Tre giorni festeggiò nelle ventose

Loclinie torri; e a lui diessi la scelta

Dell'arringo d'onor. Loclin non ebbe

Sì forte eroeche gli durasse a fronte.

N'andò la gioja della conca in giro:

Cantiarpeapplausi: alto sonava il nome

Del giovine regalche dal mar venne

Delle selve terrorprimo dei forti.

Sorge il quarto mattin. Tremmor nell'onde

Lanciò la navee a passeggiar si pose

Lungo la spiaggia in aspettando il vento

Che da lungi s'udia fremer nel bosco.

Quand'ecco un figlio di Gormal selvoso

Folgorante d'acciarche a lui s'avanza.

Gota vermiglia aveamorbida chioma

Mano di neve; e sotto brevi ciglia

Placido sorridea ceruleo sguardo:

E sì prese a parlargli: Olà t'arresta

Arrestati Tremmor: tutti vincesti

Ma non hai vinto di Lonvallo il figlio.

La spada mia de’ valorosi il brando

Spesso incontrò: dal mio infallibil arco

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

58

S'arretraro i più saggi. O giovinetto

Di bella chiomaripigliò Tremmorre

Teco non pugnerò. Molle è 'l tuo braccio

Troppo vago sei tutroppo gentile:

Torna ai cervetti tuoi. - Tornar non voglio

Se non col brando di Tremmortra 'l suono

Della mia fama: giovinette a schiere

Circonderan con teneri sorrisi

Lui che vinse Tremmor; trarran del petto

Sospiretti d'amoree la lunghezza

Della tua lancia misurando andranno

Mentr'io pomposo mostrerollae al sole

Ne innalzerò la sfavillante cima.

Tu la mia lancia? disdegnoso allora

Soggiunse il Re: la madre tua piuttosto

Ritroveratti pallido sul lido

Del sonante Gormalloe risguardando

Verso l'oscuro marvedrà le vele

Di chi le uccise il temerario figlio.

E bendisse il garzonmolle dagli anni

È il braccio mio; contro di te non posso

L'asta inalzarma ben col dardo appresi

A passar petto di lontan nemico.

Spogliao guerrierquel tuo pesante arnese;

Tu sei tutto d'acciaro: io primo a terra

Getto l'usbergoil vedi; or viaTremmorre

Scaglia il tuo dardo. Ondoleggiante ei mira

Un ricolmetto seno. Era costei

La sorella del Re. Vide ella il duce

Nelle fraterne saleed invaghissi

Del viso giovenil. Cadde la lancia

Dalla man di Tremmorre: abbassa a terra

Focoso il volto: l'improvvisa vista

Sino al cor lo colpìsiccome un vivo

Raggio di luce che diritto incontra

I figli della grottaallor che al sole

Escon dal buioe al luminoso strale

Chinano i sguardi abbarbagliati e punti.

O re di Morvencominciò la bella

Dalle braccia di neveah lascia ch'io

Nella tua nave mi riposie trovi

Contro l'amor di Corlo asilo e schermo.

Terribile è costui per Inibaca

Quanto il tuon del deserto: amami il fero

Ma dentro il bujo d'un atroce orgoglio;

E diecimila lance all'aria scuote

Per ottenermi. E benriposa in pace

Disse l'alto Tremmordietro lo scudo

De’ padri miei; poi diecimila lance

Scuota Corlo a suo sennoio non pavento:

Vengal'attendo. Ad aspettar si stette

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

59

Tre dì sul lido: alto squillava il corno.

Da tutti i monti suoida tutti i scogli

Corlo sfidòma non apparve il fero.

Scese il re di Loclin: rinnovellarsi

I convitie le feste in riva al mare

E la donzella al gran Tremmor fu sposa.

Svarandisse Fingalnelle mie vene

Scorre il tuo sangue: le famiglie nostre

Sitibonde d'onorvaghe di pugna

Più volte s'affrontarma più volte anco

Festeggiarono insiemee l'una all'altra

Fer di conca ospital cortese dono.

Ti rasserena adunquee nel tuo volto

Splenda letiziae alla piacevol arpa

Apri l'orecchio e 'l cor. Terribil fosti

Qual tempestao guerrierde’ flutti tuoi;

Tu sgorgasti valor: l'alta tua voce

Quella valea di mille duci e mille.

Sciogli doman le biancheggianti vele

Fratel d'Aganadeca: ella sovente

Viene dall'anima mia per lei dogliosa

Qual sole in sul meriggio: io mi rammento

Quelle lagrime tue; vidi il tuo pianto

Nelle sale di Starnoe la mia spada

Ti rispettò mentr'io volgeala a tondo

Rosseggiante di sanguee colmi avea

Gli occhi di piantoe 'l cor ruggia di sdegno.

Che se pago non seisceglie combatti.

Quell'arringo d'onorche i padri tuoi

Diero a Tremmorl'avrai da me: gioioso

Vo' che tu partae rinomato e chiaro

Siccome sol che al tramontar sfavilla. -

Invitto re della Morvenia stirpe

Primo tra mille eroinon fia che teco

Più mai pugni Svaran: ti vidi in pria

Nella reggia paternae i tuoi freschi anni

Di poco spazio precedeano i miei.

E quandoio dissi a me medesmoe quando

La lancia inalzeròcome l'inalza

Il nobile Fingal? Pugnammo poi

Sul fianco di Malmorquando i miei flutti

Spinto m'aveano alle tue salee sparse

Risonavan le conche: altera zuffa

Certo fu quella e memoranda: or basta;

Lascia che il bon cantore esalti il nome

Del prode vincitor. Fingallo ascolta:

Più d'una nave di Loclin poc'anzi

Restò per te de’ suoi guerrieri ignuda:

Abbiti questeo ducee sii tu sempre

L'amico di Svaran. Quando i tuoi figli

All'alte torri di Gormal verranno

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

60

S'appresteran convitie lor la scelta

Della tenzon s'offerirà. Nè nave

Rispose il Renè popolosa terra

Non accetta Fingàl: pago abbastanza

Son de’ miei montie dei cervetti miei.

Conserva i doni tuoinobile amico

D'Aganadeca: al raggio d'oriente

Spiega le bianche velee lieto riedi

Al nativo Gormallo. O benedetto

Lo spirto tuoRe delle conche eccelso

Gridò Svarandi maraviglia pieno;

Tu sei turbine in guerraauretta in pace.

Prendi la destra d'amistade in pegno

Generoso Fingallo. I tuoi cantori

Piangano sugli estintie fa' ch'Erina

I duci di Loclin ponga sotterra

E della lor memoria erga le pietre:

Onde i figli del Nord possano un giorno

Mirare il luogoove pugnar da forti

I loro padrie 'l cacciatore esclami

Mentre s'appoggia a una muscosa pietra:

Qui Fingalloe Svaran lottaro insieme

Que’ prischi eroi: così dirannoe verde

La nostra fama ognor vivrà. Svarano

Fingal ripreseoggi la gloria nostra

Della grandezza sua giunse alla cima.

Noi passerem qual sogno: in alcun campo

Più non s'udrà delle nostr'arme il suono:

Ne svaniran le tombee 'l cacciatore

In van sul prato del riposo nostro

L'albergo cercherà: vivranno i nomi

Ma fia spento il valor. CariloUllino

Ossiancantoria voi son noti i duci

Che più non sono. Or via sciogliete i canti

De’ tempi antichionde la notte scorra

Tra dolci suonied il mattin risorga

Nella letizia. Ad allegrare i regi

Sciogliemmo il cantoe cento arpe soavi

La nostra voce accompagnar. Svarano

Rasserenossie risplendèqual suole

Colma luna talorquando le nubi

Sgombran dalla sua facciae lascian quella

Ampiatersalucente in mezzo al cielo.

Allor Fingallo a Carilo si volse

E prese a dirgli: ov'è di Semo il figlio?

Ov'è il re di Dunscaglia? a che non viene?

Come basso vapor forse s'ascose

Nella grotta di Tura? Ascoso appunto

Rispose il buon cantorsta Cucullino

Nella grotta di Tura: in su la spada

Egli ha la destrae nella pugna il core

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

61

Nella perduta pugna. È cupo e mesto

Il re dell'asteche più volte in campo

Già vincitor si vide. Egli t'invìa

La spada di Cabarree vuol che posi

Sul fianco di Fingàlperchè qual nembo

I poderosi suoi nemici hai spersi.

Prendio Fingàlquesta famosa spada

Che già la fama sua svanì qual nebbia

Scossa dal vento. Ah non fia verrispose

L'alto Fingàlch'io la sua spada accetti;

Possente è 'l braccio suo: vattenee digli

Che si conforti; già sicura e ferma

È la sua famae di svanir non teme.

Molti prodi fur vintie poi di nuovo

Scintillaron di gloria. E tu pur anche

Re dei boschi sonantiil tuo cordoglio

Scorda per sempre: i valorosiamico

Benchè vintison chiari: il sol tra i nembi

Cela il capo talorma poi ridente

Torna a guardar su le colline erbose.

Viemmi Gruma alla mente. Era già Gruma

Un sir di Cona: egli spargea battaglia

Per tutti i lidi; gli gioìa l'orecchio

Nel rimbombo dell'armie 'l cor nel sangue.

Ei spinse un giorno i suoi guerrier possenti

Sull'echeggiante Craca; e il re di Craca

Dal suo boschetto l'incontròche appunto

Tornava allor dal circolo di Bruno

Ove alla pietra del poter poc'anzi

Parlato avea. Fu perigliosa e fera

La zuffa degli eroi per la donzella

Dal bel petto di neve. Avea la fama

Lungo il Cona natìo portato a Gruma

La peregrina amabile beltade

Della figlia di Cracaed egli avea

Giurato d'ottenerlao di morire.

Pugnaro essi tre dì: Gruma nel quarto

Annodato restò. Senza soccorso

Lungi da' suoil'immersero nel fondo

Dell'orribile circolo di Bruno

Ove spesso ulular l'ombre di morte

Diceansi intorno alla terribil pietra

Del lor timor. Ma che? da quell'abisso

Uscì Gruma e rifulse. I suoi nemici

Cadder per la sua destra; egli riebbe

L'antica fama. O voi cantortessete

Inni agli eroiche dalla lor caduta

Sorser più grandionde il mio spirto esulti

Nella giusta lor lodeed a Svarano

Il cordoglio primier tornisi in gioja.

Allor di Mora su la piaggia erbosa

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

62

Si posero a giacer. Fischiano i venti

Tra le chiome agli eroi. S'odono a un tempo

Cento vocicento arpe: i duci antichi

Si rimembràrsi celebràro. - E quando

Udrò adesso il cantor? quando quest'alma

S'allegrerà nelle paterne imprese?

L'arpa in Morven già tacee più sul Cona

Voce non s'ode armoniosa: è spento

Col possente il cantor; non v'è più fama.

Va tremolando il mattutino raggio

Su le cime di Cromlae d'una fioca

Luce le tinge. Ecco squillar sul Lena

Il corno di Svaran: dell'onde i figli

Si raccolgon d'intornoe muti e mesti

Salgon le navi: vien d'Ullina il vento

Forte soffiando a rigonfiar le vele

Candido–galleggiantie via gli porta.

Olàdisse Fingàlchiaminsi i veltri

Rapidi figli della cacciail fido

Brano dal bianco pettoe la ringhiante

Forza arcigna di Lua. Qua quaFillano

Rino... ma non è qui: riposa il figlio

Sopra il letto feral. FillanFergusto

Rintroni il corno miospargasi intorno

La gioja della caccia: impauriti

L'odan del Cromla i cavrioli e i cervi

E balzino dal lago. Errò pel bosco

L'acuto suon: dello scoglioso Cromla

S'alzano i cacciator; volano a slanci

Chi quachi là mille anelanti veltri

Sulla lor preda ad avventarsi. Un cervo

Cade per ogni can: ma tre ne afferra

Branoe gli addentae di Fingallo al piede

Palpitanti gli arreca. Egli a tal vista

Gongola di piacer. Ma un cervo cadde

Sulla tomba di Rinoe risvegliossi

Il cordoglio del padre. Ei vide cheta

Starsi la pietra di coluiche 'l primo

Era dianzi alla caccia. - Ah figlio mio

Tu non risorgi più! tu della festa

A parte non verrai; già la tua tomba

S'asconderà; già l'erba inaridita

La coprirà: con temerario piede

Calpesteralla un dì la schiatta imbelle

Senza saper ch'ivi riposa il prode.

Figli della mia forzaOssianFillano

Gaulo re degli acciarpoggiam sul colle

Ver la grotta di Turaandiamveggiamo

D'Erina il condottiero. Oimèson queste

Le muraglie di Tura? ignude e vuote

Son d'abitantie le ricopre il musco.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

63

Mesto è 'l re delle conchee desolato

Sta l'albergo regal: veniteamici

Al sir dei brandie trasfondiamgli in petto

Tutto il nostro piacer. Ma che? m'inganno?

Fillanoè questi Cucullino? oppure

È colonna di fumo? emmi sugli occhi

Di Cromla il nemboe ravvisar non posso

L'amico mio. SìCucullino è questo

Gli rispose il garzon. Vediloè muto

E tenebrosoed ha la man sul brando.

Salute al figlio di battaglia: addio

Spezzator degli scudi. A te salute

Rispose Cucullinsalute a tutta

L'alta schiatta di Selma. O mio Fingallo;

Grato è l'aspetto tuo: somiglia al sole

Cui lungo tempo sospirò lontano

Il cacciatoree lo ravvisa alfine

Spuntar da un nembo. I figli tuoi son vive

Stelle ridentionde la notte ha luce.

O Fingalloo Fingàlnon tale un giorno

Già mi vedesti tuquando tornammo

Dalle battaglie del desertoe vinti

Fuggian dalle nostr'arme i re del mondo

E tornava letizia ai patrj colli.

Gagliardo a dettil'interruppe allora

Conan di bassa famaassai gagliardo

Se’ tu per certoCucullin: son molti

I vanti tuoi; ma dove son l'imprese?

Or non siam noi per l'oceàn qua giunti

Per dar soccorso alla tua fiacca spada?

Tu fuggi all'antro tuo: Conanno intanto

Le tue pugne combatte. A me quell'arme

Cedile a me; che mal ti stanno. Eroe

Alcun non fu che ricercare osasse

L'arme di Cucullinrispose il duce

Alteramente; e quando mille eroi

Le cercassero ancorsarebbe indarno

Tenebroso guerriero: alla mia grotta

Non mi ritrassi io giàfinchè d'Erina

Vissero i duci. Olàgridò Fingallo

Conan malnatodall'ignobil braccio

Tacinon parlar più. Famoso in guerra

È Cucullinoe ne grandeggia il nome.

Spesso udii la tua famae spesso io fui

Testimon de’ tuoi fattio tempestoso

Sir d'Inisfela. Or ti confortae sciogli

Le tue candide vele in ver l'azzurra

Nebbiosa isola tua. Vedi Bragela

Che pende dalla rupe; osserva l'occhio

Che d'amore e di lagrime trabocca.

I lunghi crini le solleva il vento

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

64

Dal palpitante seno. Ella l'orecchio

Tende all'aura notturnae pure aspetta

Il fragor de’ tuoi remie 'l canto usato

De’ remigantie 'l tremolio dell'arpa

Che da lungi s'avanza. - E lungo tempo

Starà Bragela ad aspettarlo invano.

No più non tornerò: come potrei

Comparir vinto alla mia sposa innanzi

E mirarla dolente? Il saiFingallo

Io vincitor fui sempre. E vincitore

Quinci innanzi saraiqual pria tu fosti

Disse Fingal: di Cucullin la fama

Rinverdirà come ramosa pianta.

Molta gloria t'avanzae molte pugne

T'attendonoo guerrieroe molte morti

Usciran dal tuo braccio. Oscarrei cervi

Recae le conchee 'l mio convito appresta.

I travagliati spirti abbian riposo

Dopo lunghi perigli: e i fidi amici

Si ravvivin di gioja al nostro aspetto.

Festeggiammocantammo. Alfin lo spirto

Di Cucullin rasserenossi: al braccio

Tornò la gagliardiala gioja al volto.

Ivano Ullino e Carilo alternando

I dolci canti: io mescolai più volte

Alla lor la mia vocee delle lance

Cantai gli scontriove ho pugnatoe vinto.

Misero! ed or non più: cessò la fama

Di mie passate impresee abbandonato

Seggomi al sasso de’ miei cari estinti.

Così scorse la notteinfin che 'l giorno

Sorse raggiante. Dall'erbosa piaggia

Alzossi il Rescosse la lanciae primo

Lungo il Lena movea: noi lo seguimmo

Come strisce di foco. Al mareal mare

Spieghiam le veleed accogliamo i venti

Che sgorgano dal Lena. Egli sì disse

Noi salimmo le navie ci spingemmo

Tra canti di vittoria e liete grida

Dell'oceàn per la sonante spuma.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

65

INTRODUZIONE STORICA

AI TRE SEGUENTI POEMI

(LA MORTE DI CUCULLINO - DARTULA - TEMORA)

Per agevolar ai lettori l'intelligenza dei tre poemi seguentie specialmentedi Temora ch'è un

compiuto poema epicopiù grandee più interessante d'ogni altroparminecessario di metter

innanzi ordinatamente e di seguito tutta la storia delle guerre d’Irlandain cui fu sempre interessata

la famiglia di Fingalstoria che si trova sparsa in vari episodj nel poemastesso di Temora.

L'Irlanda fu originariamente popolata da due diverse nazionicioè daiFirbolg o Belgiche

abitavano quella parte della Bretagnach' è dirimpetto all'Irlandasitrasferirono nel Connaughtal

mezzodì di quell’isolae dai Cael o Celtiche dalla Caledonia edall'Ebridi passarono ad Ulster. La

colonia dei Belgi fu la prima a stabilirsi in Irlanda sotto la condotta diLarthoncapo d'Inishunao

sia della Bretagna meridionalea cui vien attribuita l'invenzion dellanavigazione. Sembra che non

molto dopo vi passassero i Caledonjma non è noto qual fosse il condottierodella loro colonia. Le

due nazionisiccome è costume dei popoli incolti e stabiliti di fresco inun paesesi divisero in

picciole dinastie soggette a piccoli reo capi indipendenti l'unodall'altro. Crothar discendente di

Lartbon andò da lì a qualche tempo a piantar la sua sede in AtHapaese delConnaughte.fondò una

famiglia ch'ebbe una specie di principato sopra la nazione dei Belgi. Da luidiscesero Cairbar e

Cathmor che sono i principali attori del poemi seguenti. Avvenne che questoCrothar rapì Conlama

figlia di Catmincapo dei Caledoni che possedevano l'Ulster. Era questastata promessa in isposa

poco tempo innanzi a Turlochaltro capo della sua nazione. Turloch colpitovivamente dall'affronto

fattogli da Crotharfece un'irruzione nel Connaughted uccise Cormulfratello di Crothar che venne

per opporsegli. Allora lo stesso Crothar prese l' armeucciseo discacciòTurloch. La guerra

divenne generale fra le due nazionie i Caledonj furono ridotti all'ultimeestremità. In questa

situazione mandarono essi per soccorso a Tratal re di Morvenavolo di Fingalil quale mandò a

sostenerli Conar suo fratello già famoso per le sue prodezze. Conaral suoarrivo in Ulsterfu eletto

re per unanime consenso delle tribù caledonie che possedevano quel paese. Laguerra si rinnovò con

varie vicende. Fu mestieri che Tratal si portasse in persona in Irlandaassieme con suo figlio Colgar:

questi restò ucciso in battaglia; ma Tratal sconfisse pienamente i nemicieconfermò il fratello

Conar nel regno d'Irlanda. L'odio contuttociò divenne ereditario fra i capidelle due fazioni : i Belgi

furono piuttosto respintiche soggiogatie la famiglia di Atha non cessòmai di contrastare a quella

di Conar i dritti alla sovranità.

A Conar succedette suo figlio Cormacche sembra aver regnato assai lungotempo.

Sommorprobabilmente figlio di Crotharrinnovò la guerranella qualeClunar suo fratello restò

ucciso da Cormac. Ma negli ultimi suoi anni questo re per le incessantisollevazioni dei Belgiche

sostenevano le pretese dei principi di Atha al trono d'Irlandafu ridotto adestremi pericoli. Fingal

allora assai giovine spedìin soccorso di CormacDucarouno de' suoiprincipali guerrieri. Ma

essendo questo sconfitto e mortoFingal istesso passò in Irlandadisfecetotalmente Colculla signor

di Athafiglio del soprammentovato Sommore ristabilì gli affari di Cormac.In quella occasione

amò egli e prese in isposa Roscrana figlia di quel reche fu poi madre diOssian.

Cormac ebbe per successore al trono d’Irlanda Cairbare a Cairbarsuccedette suo figlio

Artho. Sembra che il regno di questi due principi non fosse pienamentetranquillo. Borbarduthul

ebbe in retaggio dal fratello Colculla le pretese all'imperoe l’odiocontro a discendenza di Conar.

Ossian fu da Fingal più volte spedito in Irlandae sembra che uscisse congloria da quelle

spedizioni.

Artho morendo lasciò il regno a suo figlio Cormac II ancora fanciullo. Icapi del partito del

Caledonj stabiliti in Ulsterragunatisi nel palagio di Temoracommisero latutela del giovine re e

la reggenza del regno a Cucullinofiglio di Semosotto di cui accadde l’invasionedi Svarano re

della Scandinaviach’è il soggetto del poema di Fingal. Appena Cormacrespirava in pace da questa

tempestache ne insorse contro di lui una più grave e fatale. Borbarduthulgià morto avea lasciato

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

66

due figliCairbar e Cathmor. Cairbaril primogenitouomo di carattereferoce e sanguinario

credendo che la minorità di Cormac dovesse esser favorevole al suoi disegnisi ribellò apertamente

e tentò d’invader il trono. Torlathaltro capo del Connaughtnon so seper aiutar le mire di Cairbar

o per soddisfar alla propria ambizionesi mise anch’egli alla testa d’unpartitoe marciò alla volta di

Temora per depor dal trono il giovine Cormac. Cucullinorisoluto di opporsiai ribellis’avviò

prima contro di Torlath come il più vicinoe raggiuntolo presso il lago diLegodisfece interamente

il suo esercito ed uccise lui stesso in duello : ma mentre egli inseguiva controppo ardore i fuggitivi

nemicirestò trafitto da una frecciada cui poco dopo morì.

La morte di quell’eroe si trasse dietro la rovina di Cormac. Molti regolisi ribellaronoe il

partito di Cairbar si fece di giorno in giorno più forte. Accaddero moltifatti d’arme tra lui e gli altri

capi che restarono fedeli al picciolo re. Si distinsero fra questi Truthilfiglio di Colasignor di

Selamae Nathos figlio di Usnothsignor di Ethanipote di Cucullino perparte di madreil quale

succedette al comando dell’armata del zio. Truthil fu vinto ed uccisoe lostesso destino toccò al

vecchio Cola suo padre. Ma Nathos riportò molte vittorie sopra Cairbaremercé il suo valoregli

affari del giovine re cominciavano a ristabilirsi. Cairbar inferior di valorericorse alle frodi. Assalito

improvvisamente il fanciullo reale che stava attendendo nuove della vittoriadi Cucullinolo uccise

barbaramente colle sue mani: indi corruppe le genti di Nathose le ridussead abbandonarlo. Questi

dopo molte avventure rimasto solo co' suoi fratellimentre cercava disalvarsicaduto in mezzo dei

nemicimorì combattendo valorosamente contro Cairbarche dopo la morte diNathos restò senza

contrasto supremo signore d'Irlanda.

Giunta a Fingal la notizia di queste rivoluzionideliberò tosto di far unaspedizione in

quell'isola per discacciar dal trono l'usurpatore. Lo seguitò in questaspedizione con più trasporto

d'ogni altro il giovine Oscarfiglio di Ossiandesideroso di vendicar lamorte di Cathol suo

particolare amicoucciso a tradimento per ordine di Cairbar. Ebbe costui pertempo notizia dei

disegni di Fingale raccolse in Ulster le tribù per opporsi al suo sbarcomentre nel tempo stesso suo

fratello Cathmor s'avviava con un esercito presso Temora. Cairbar temendosopra tutto il

risentimentoe '1 valore di Oscarpensò d'invitarlo con fìnta generositàad un convitocon disegno

di levargli a tradimento la vita. Oscar andò con pochi de' suoi. Insorta unacontesa a mezzo il

convitoOscar sorpreso da Cairbar fu da quello mortalmente feritoma iltraditore istesso restò

vicendevolmente ucciso da Oscar.

Sopraggiunto Fingal distrusse interamente l'esercitò di Cairbarindis'incamminò verso

Temora contro Cathmor che si avvicinava. Era questi d'un carattere assaidiverso da quel del

fratello. Egli era tanto celebre per la sua umanitàospitalità e grandezzad'animoquanto Cairbar era

infame per la sua crudeltà e la sua perfìdia; né potea rimproverarseglialtro difettose non se quello

d' esser troppo attaccato ad un fratello tanto dissomigliante e indegno dilui. Fingal e Cathmor si

fecero la guerra da veri eroie gareggiarono non meno di generositàche divalore. Dopo molte

vicendela fortuna si dichiarò interamente per Fingalche però comprò acaro prezzo la vittoria

essendo in una attaglia restato ucciso da Cathmor Fillano suo figliogiovinetto di valore

straordinario. Cathmor fu vinto e ferito a morte in un decisivo conflittoaccaduto presso Temora; e

la famiglia di Conar fu ristabilita sul trono. Restava ancora di questa unprincipe per nome

Feradharto. Era questi zio del giovine Cormac ucciso da Cairbaressendofratello minore di Arto.

Caibarre di Irlanda e padre di Arto aveva avuto Feradharto da una secondamogliemolto tempo

dopo che Arto suo primogenito fu giunto alla virilità. Perciò egli eraancora in età assai tenerae a

un di presso della stessa di cui era Cormac suo nipote. Nel tempo dell’usurpazionedi Cairbar signor

di AthaFeradharto stette nascosto in una grotta per timore d'esser messo amorte Fingaldopo aver

vinto Cathmorlo trasse dal suo ritiro e lo ristabilì sul tronodell'Irlanda

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

67

LA MORTE DI CUCULLINO

ARGOMENTO: Contiene questo poema la battaglia fra Cucullino e Torlathe lamorte dell'uno e

dell'altro. Vi sono sparse per entro varie digressioniin una delle qualiCarilocelebre cantore di

Cucullinointroduce Alcleta madre di Calmarla quale mentre stavaaspettando con passione il

ritorno del figlioriceve la nuova della sua morte. Il poema si chiude conun canto funebre sopra la

morte di Cucullino. Questo poema nell’originale ha per titolo Duan lochLegocioè i1 Poema del

lago di Legodal luogo della battagliala quale accadde in una pianurapresso il suddetto lago

alle radici d'un monte detto Silmora.

Batte lo scudo di Fingallo il vento?

O nelle sale mie mormora il suono

Della passata età? Segui il tuo canto

Voce soaveegli m'è gratoe sparge

Le mie notti di gioja: ah segui o figlia

Del possente Sorglangentil Bragela.

Ahi questa è l'onda dallo scoglio infranta

Lassa! non già di Cucullin le vele.

Dell'amor mio la sospirata nave

Spesso credo veder; spesso m'inganna

La nebbia che si sparge a un'ombra intorno

Spiegando al vento le cerulee falde.

Figlio del nobil Semoe perchè tanto

Tardi a venir? quattro fiate a noi

Fece ritorno co' suoi venti autunno

Gonfiando di Togarma i mari ondosi

Dacchè tu nel fragor delle battaglie

Lungi ti stai dalla fedel Bragela.

O di Dunscaglia nebulosi colli

Quando fia che al latrar de’ veltri suoi

Io vi senta echeggiar? ma voi vi state

Celando tra le nubi il capo oscuro;

E l'afflitta Bragela in van vi chiama.

Precipita la notte: a poco a poco

Manca dell'oceàn la faccia azzurra.

Già sotto l'ale il montanino gallo

Appiatta il capogià la damma giace

Là nel deserto al suo cervetto accanto.

Poscia col nuovo dì sorgendo andranno

Lungo la fonte a ricercar pastura;

Ma le lagrime mie tornan col Sole

E con la notte crescono i miei lai.

Quando quando verrai

Nel suon delle tue armi

Re di Tura muscosaa consolarmi?

O figlia di Sorglanmolce l'orecchio

D'Ossian il canto tuo; ma va'ricovra

Là nella sala delle concheal raggio

D'accesa querciae da' l'orecchio al mare

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

68

Che romba al muro di Dunscaglia intorno.

Su gli azzurri occhi tuoi placido sonno

Scendae venga nel sonno a consolarti

L'amato eroe. - Sta Cucullin sul Lego

Presso l'oscuro rotear dell'onde.

Notte cerchia l'eroe: sparsi sul lido

Stanno i suoi mille; cento querce accese

Fan scintillar la diradata nebbia

E 'l convito per l'aere alto fumeggia.

Siedesi accanto a lui sotto una pianta

Cariloe tocca l'arpa: il crin canuto

Splende alla fiammail venticel notturno

Gli scherza intorno; egli alza il capoe canta

Dell'azzurra Togormae di Togorma

Chiama il signordi Cucullin l'amico.

Perchèforte Conàlnon fai ritorno

Nel negro giorno - della gran tempesta

Che a noi s'appresta? - ah perchè sei lontano?

Contro Cormano - ecco s'unir le schiere

Del sud guerriere- e ti trattien sul lido

Il vento infido- e le tue torbid'onde

Sferzan le sponde. - Non per questo è inerme

Il regal germe - e di difesa ignudo.

Fassi suo scudo - Cucullino invitto:

Nel gran conflitto - egli per lui pugnando

Alzerà il brando - contro i duci alteri.

Ei de’ stranieri - alto paventoei forte

Come di morte - atro vaporche lenti

Portano i venti - su focose penne:

Al suo cospetto

Il Sole infetto

Rosseggia:

Foscheggia

Cade il popolo a terra esangue e cieco;

Cormànoardirchè Cucullino è teco.

Sì Carilo cantavaallor che apparve

Un figlio del nemico; ei getta a terra

La rintuzzata lanciae di Torlasto

Favella a nomedi Torlasto il duce

Dei guerrier dall'oscura onda del Lego

Di colui che i suoi mille armati in campo

Traea contro Cormano al carro nato

Contro il gentil Cormànche lungi stava

In Temora sonante. Il giovinetto

Pur allora addestrava il molle braccio

A spiegar l'arcode’ suoi padri l'asta

Ad inalzar. Ma non alzasti a lungo

L'asta de’ padri tuoidolce–ridente

Raggio di gioventù. Fosca alle spalle

Già la morte ti stacome di Luna

Tenebrosa metàche alla crescente

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

69

Luce sta dietroe la minaccia e preme.

Alla presenza del cantor del Lego

Alzossi Cucullinoed onor fece

De’ canti al figlioe gli offerì la conca

Di letizia ospital diffonditrice.

Dolce voce del Legoe ben che porti?

Disseche vuol Torlasto? alla mia festa

Vien eglio alla battaglia? Alla battaglia

Sìrispose il cantorealla sonante

Tenzon dell'aste: non sì tosto il giorno

Sul Lego albeggieràTorlasto in campo

Presenterassi a te. Vorrai tu dunque

Re della nebulosa isolaarmato

Venirne ad affrontar la sua possanza?

Orribilefatale è la sua lancia

Qual notturna meteora: egli l'inalza

Piomba il popol prostrato; e del suo brando

Il vivo lampeggiar morte scintilla.

E che perciò? questa terribil lancia

Temola io forse? il soforte è Torlasto

Per mille eroima nei perigli l'alma

Brillami in petto. Nocantor sul fianco

Non dorme no di Cucullin la spada:

M'incontrerà sul campo il nuovo Sole

E sopra l'arme del figliuol di Semo

Rifletteranno i primi raggi suoi.

Ma tucantormeco t'assidie facci

Udir la voce tuavientene a parte

Della gioiosa concae di Temòra

I canti odi tu pur. Di canti e conche

Disse il cantortempo non èqualora

S'accingono i possenti ad incontrarsi

Come opposte del Lego onde cozzanti.

O SlimòraSlimòraa che ti stai

Sì tenebroso co' tuoi muti boschi?

Sopra i tuoi foschi

Gioghidi stella alcuna

Il grazioso tremolar non pende;

Nè presso ti risplende

Amico raggio di notturna Luna.

Ma di morte atre meteore

Sanguinose ti circondano

Ed acquose facce squallide

D'ombre pallide – intorno volano.

Perchè perchè ti stai

Lì co' tuoi boschi muto

Negro Slimòra di dolor vestuto?

Ei partì col suo cantoe del suo canto

Accompagnò l'armoniose note

Cariloe 'l lor concento assomigliava

A rimembranza di passate gioje:

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

70

Ch'a un tempo all'alma è dilettosa e trista.

L'udiron l'ombre de’ cantori estinti

Dal fianco di Slimòrae lungo il bosco

Sparsesi soavissima armonia

E rallegrarsi le notturne valli.

Così quando tranquillo Ossian riposasi

Del fervido meriggio nel silenzio

Del venticello nella valle florida

La pecchia della rupe errando mormora

Un cotal canzoncin che dolce fiedelo.

L'affoga ad or ad or l'aura che destasi

Ma tosto riede il mormorio piacevole.

Sudisse allor di Semo il figlioa' suoi

Cento cantor rivoltoalzate il canto

Del nobile Fingalch'egli udir suole

La seraallor che a lui scendono i sogni

Del suo riposoe che i cantor da lungi

Toccano l'arpae debil luce irraggia

Le muraglie di Selma. Oppur di Lara

Membrate il luttoed i sospir d'Alcleta

Rinnovellateche suo figlio indarno

Già rintracciando pe’ suoi collie vide

L'arco suo nella sala. E tu frattanto

A quel ramo colàCariloappendi

Lo scudo di Cabàr; siavi dappresso

Di Cucullino la lanciaonde s'inalzi

Col bigio lume d'oriente il suono

Della mia pugna. Sull'avito scudo

Posò l'eroes'alzò di Lara il canto.

Stavan lungi i cantorCarilo solo

È presso il duce; sue furon le note

Flebilie mesto suono uscìo dell'arpa.

CARILO

O madre di Calmàrcanuta Alcleta

Perchè mesta inquieta

Guardi verso il deserto?

Guardi tu forseo madre

Di tuo figlio al ritorno? ah non son questi

Su la piaggia i suoi duci

Chiusi e foschi nell'armi; ah non è questa

Del tuo Calmar la voce.

Questo è 'l fischiar del bosco

Questo è 'l muggir del vento

Che nella rupe si rimbalza e freme.

ALCLETA

Guataguata:

Chi d'un salto

Varca il ruscel di Lara?

O suora di Calmàrnon vide Alcleta

La lancia sua? ma foschi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

71

Sono i miei lumi e fiacchi.

Guataguata:

Non è il figlio di Mata?

Figlia dell'amor mio.

ALONA

Ah t'inganna il desio:

(Disse la dolce–lagrimante Alona)

Questa è una quercia annosa

Questa è una querciao madre

Che curva pende sul ruscel di Lara.

Ma non m'inganno io già;

Colà vedicolà: - chi vienchi viene

Frettoloso

Affannoso?

Ei solleva

La lancia di Calmarre. Alcleta; Alcleta;

Ella è tinta di sangue.

ALCLETA

Ella fia tinta

Del sangue de’ nemici

O suora di Calmar: mai la sua lancia

Non ritornò di sangue ostil digiuna.

Mai non scoccò il suo arco

Che non colpisse de’ possenti il petto.

Al suo cospetto

Sfuma la pugna; egli è fiamma di morte.

Dimmi garzone dalla mesta fretta

Ov'è di Alcleta il figlio?

Torna con la sua fama?

Torna in mezzo al rimbombo

Degli echeggianti scudi?

Ma che veggo?

Ti confondi

Non rispondi

Fosco stai?

Ah più figlio non ho:

Non dir come spirò - che intesi assai.

CARILO

Perchè verso il deserto

Guardi mesta inquieta

O madre di Calmarcanuta Alcleta?

Sì Carilo cantò; sopra il suo scudo

L'Eroe si stava ad ascoltarlo intanto.

Posaronsi i cantor sulle lor arpe

E scese il sonno dolcemente intorno.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

72

Desto era sol di Semo il figlioe fisa

Nella guerra avea l'alma: omai la fiamma

Già decadendo dell'accese querce.

Debole intorno rosseggiante luce

Spargesiroca voce odesi: l'ombra

Vien di Calmarre: ella al notturno raggio

Lentamente passeggia; oscura al fianco

Soffia la sua feritaerra scomposta

La chiomain volto ha tetra gioiae sembra

Che Cucullino alla sua grotta inviti.

O della notte nebulosa figlio

Disse il duce d'Erinae perchè fitti

Tieni tu in me quei tenebrosi sguardi

Ombra del fier Calmar? figlio di Mata

Vorrestù spaventarmiond'io men fugga

Dalla battaglia? la tua destra in guerra

Fiacca non funè 'l tuo parlar di pace.

Quanto da quel di priaduce di Lara

Torni diverso a mese forse adesso

Mi consigli a fuggir! Ma noCalmarre

Fuga mai non conobbie non mai l'ombre

Mi spaventaro: essa san pocoe fiacche

Son le lor destreed han nel vento albergo.

Nei perigli il mio cor crescee s'allegra

Nel fragor dell'acciar. Partie t'ascondi

Dentro la grotta tua: nodi Calmarre

Tu non sei l'ombra; ei si pascea di pugne

Ed era il braccio suo tuono del cielo.

Nel suo nembo ei partì lietoche intese

Della sua lode il suon. Dall'oriente

Bigio raggio spuntò: picchiasi tosto

Lo scudo di Cabarre. A quel rimbombo

Tutti i guerrieri della verde Ullina

S'uniroe alzossi un romorìo confuso

Come muggito d'ingrossati fiumi.

S'ode sul Lego il bellicoso corno

Torlasto appare. A che ne vien' con tutti

Cucullinoi tuoi mille ad incontrarmi?

Disse il duce del Lego. Io ben conosco

Del tuo braccio il vigor; vivace fiamma

È l'alma tua. Che non scendiamo adunque

A pugnar solie non lasciam che intanto

Stian mirando le schiere i nostri fatti?

Stiano a mirarci nella nostra possa

Simili a rimugghianti onde rotantisi

A scoglio intorno: al periglioso aspetto

Fugge il nocchier pien di spaventoe stassi

L'aspro conflitto a risguardar da lungi.

AhCucullin soggiunsea par del Sole

Tu mi brilli nel cor: forte èTorlasto

Il braccio tuodel mio furor ben degno.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

73

Scostatevio guerrierfatevi al fianco

Dell'oscuro Slimòra; e 'l vostro duce

State a mirar nel memorabil giorno

Della sua fama. Odi cantorse pure

Oggi cader dee Cucullinoal prode

Conal tu di'ch'io mi lagnai coi venti

Che di Togorma imperversar su i flutti.

Mai dalla pugna ei non mancòqualora

La mia fama il chiedea. Fa' che il suo brando

Come raggio del cielo il buon Cormano

Circondi in guerrae in minacciosi giorni

Suoni in Temora il suo fedel consiglio.

Mosse l'Eroe nel rimbombar dell'armi

Come di Loda il formidato atroce

Spirtoche nell'orribile fracasso

Di ben mille tempeste escee dagli occhi

Slancia battaglia. Ei siede alto sul nembo

Là sopra i mari di Loclin; sul brando

Pose la nera destrae a gara i venti

Van sollevando l'avvampante chioma.

Non men di lui terribile a vedersi

Nel memorabil dì della sua fama

Cucullin s'avanzò. Cadde Torlasto

Per la sua manpianser del Lego i duci.

Corrono frettolosi essied intorno

A Cucullin si stringono affollati

Quai nubidel deserto. A mille a mille

Volarvibrarscender vedrestialzarsi

Dardispadeastearmatiarmeed a fronte

Cingerlo e a tergo ad un sol tempo: ei stette

Quale in turbato mar scoglio; d'intorno

Cadonoegli nel sangue alto passeggia.

Ne rimbomba Slimora: in suo soccorso

Corron d'Ullina i figlie lungo il Lego

La pugna errò; vinse d'Erina il duce.

Egli tornò della sua fama in mezzo

Ma pallido tornò; tenebrosa era

Gioia nel volto suo; gli occhi in silenzio

Gira; pendegli il brando; ad ogni passo

Tremagli l'asta in man. Cariloei disse

Languidamentegià manca la forza

Di Cucullinoi miei giorni recisi

Già son cogli anni che passaro; il Sole

Più a me non sorgerà; gli amici in traccia

N'andrannè troverammi; il buon Cormano

Dirà piangendoov'è di Tura il duce?

Ma grandeggia il mio nomee la mia fama

Sta nel canto dei vati. I giovinetti

Diranno a sè medesmi: oh moriss'io

Qual morì Cucullin! come una veste

Lo coprì la sua gloria; e del suo nome

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

74

La luce abbaglia. Carilodal fianco

Traggimi il dardo; sotto a quella quercia

Adatta Cucullinponivi accanto

Lo scudo di Cabarreond'io sia visto

Giacer fra l'arme de’ miei padri. E cadi

Figlio di Semo? alto sospir traendo

Carilo dissee incominciò dolente:

Di Tura in su le squallide

Mura siede il silenzio

E Dunscaglia ricoprono

Tenebre di dolor.

In giovinezza florida

Resta soletta e vedova

La vaga sposa amabile

Ed orbo resta e misero

Il figlio del tuo amor.

Verrà coi vezzi teneri

Vedrà la madre in lagrime;

E la cagione incognita

Del pianto chiederà.

Alzerà gli occhi il semplice;

E nella sala pendere

Il brando formidabile

Del padre suo vedrà.

Vede il brando del padre:

Quel brando e di chi è? piange la madre.

Chi viene a noi

Come cerva ne vien seguita in caccia?

Vanno in traccia

Errando dell'amico i sguardi suoi.

O Conalloo Conàlche ti trattenne

Quando cadde l'Eroe nel gran cimento?

Fremeanti i flutti di Togorma intorno?

O pur del mezzogiorno

Dentro le vele tue soffiava il vento?

CadderConalloi forti;

Cadderoe non ci fosti: alcun nol dica

Di Morven là nella selvosa terra;

Alcun nol dica in Selma:

Sospirerà Fingallo

E del deserto piangeranno i figli.

Presso l'onde del Lego alzano i duci

La tomba dell'Eroe: giace in disparte

Il fido Luadi Cucullin compagno

nella caccia dei cervi; alzasi il lutto.

Grande in battaglia

Sir di Duncaglia

O benedetta

Anima gloriosaanima eletta.

Qual torrente che d'alto precipita

Fragorosissimoirreparabile

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

75

Indomabile

Era la tua possanzaalto guerrier.

Fu veloce com'ala dell'aquila

Rapidissimainfaticabile;

Formidabile

Del tuo brando il sanguigno atro sentier.

All'acciar forte

L'orme di morte

Dietro correanoov'ei volgeasi irato.

O benedetta

L'anima eletta

Del gran figlio di Semoal carro nato.

Tu non cadesti esangue

Per man d'eroe famoso

E non tinse il tuo sangue

L'asta del valoroso.

Acuta freccia

Come da nuvola

Morte ascosa volò.

Nè di ciò avvidesi

La destra ignobile

Che 'l dardo rio scoccò.

Dardo fatalche i nostri vanti atterra

Pace sia teco

Dentro il tuo speco

Di Dunscaglia signornembo di guerra.

Fugge smarrito da Temora il forte

Meste le porte - sonmute le sale;

Giace il regale - giovinetto in duolo:

E inerme e solo - il tuo tornar non vede;

Ei di te chiede - e ti richiama invano.

PiangiCormano - desolato e lasso:

Il forte è basso - tua difesa e schermo;

Tu resti infermo. - Ecco i nemici stanno

Pronti in tuo danno - ahi non è più 'l tuo duce.

È la tua luce - a tramontar vicina.

Dolce riposo

Godio famoso

Chiaro Sol degli eroiscudo d'Erina

Ita è la speme tuasposa fedele

Oimè che dei tu far?

Più non potrai veder l'amate vele

Nella spuma del mar.

Alla spiaggia non piùsolo al deserto

Volti i tuoi passi or son.

Non è l'orecchio tuo teso ed aperto

De’ suoi nocchieri al suon.

Scapigliata

Desolata

Giace nella sua salae vede l'armi

Di lui che più non è. Bragela misera!

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

76

Pregno di lagrime

Hai l'occhioe languide

Le membrae pallida

La faccia e tenebrosa.

O benedetta

Anima eletta

Dolce pace ti siadolce riposa.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

77

DARTULA

ARGOMENTO: Usnothsignore di Etha nella Scozia ebbe tre figliNathosAlthos e Ardanda

Slisama figlia di Semoe sorella di Cucullino. Questi tre fratelliessendoancor giovinettifurono

dal padre fatti passare in Irlandaaffine che apprendessero l'uso dell'armesotto la disciplina di

Cucullino lor zioche amministrava gli affari del regno. Erano appenaapprodati in Ulsterquando

giunse loro la trista nuovadella morte di Cucullino. Nathos benchè assaigiovinesottentrò al

comando dell'armata del zioe s'oppose al progressi dell'usurpatore Cairbarche dopo la morte di

Torlathera solo alla testa del partito ribelle. Mentre Nathos batteva icapitani di Calrbarcostui

ebbe mezzo di privar di vita segretamente il giovine re. Nathos contuttociòandò alla volta di

Cairbar per assalirlo; ma questinon trovandosi abbastanza forte di gentesi diede alla fuga. In

questa occasione venne fatto a Nathos di veder Dartulafiglia di Cola signordi Selamach'era

stato ucciso in battaglia da Cairbar insieme con suo figlio Truthil Cairbarinvaghitosi di Dartula

la riteneva vio1entemente in suo potere. Essendo però allora costui lontanoDartula e Nathos si

accesero vicendevolmente; e la donzelladal tiranno passò all’amante. Main questo spazio

essendosi Cairbar rinforzato notabilmenteparte col terroreparte collepromessefece sì che

l’armata di Nathosabbandonato il suo capitanosi dichiarò per l’usurpatore;e Nathos fu costretto

a ritornarsene in Ulster co' suoi fratelliper poi ripassare in Iscozia.

Dartula s'imbarcò per fuggirsene insieme coll’amante: ma insorta unatempestamentre erano in

alto marefurono sfortunatamente respinti a quella parte della costa diUlsterove appunto

accampava l’armata di Cairbar. Nathos veggendo di non aver altro scamposfidò Cairbar a

singolar battaglia; ma colui non accettò l'invitoe l’assalì con tuttele sue forze. I tre fratellidopo

essersi difesi per qualche tempo con estremo valorefurono finalmentesopraffatti dal numeroe

uccisi; e l’infelice Dartula morì anch’essa sul corpo di Nathos . 0ssianapre il poema nella notte

precedente alla morte dei tre fratelli; e le cose innanzi accadute vis'introducono per episodio.

La scena dell'azione è quasi la stessache quella del poema di Fingalpoichè si fa spesso menzione

della pianura di Lenae del castello di Tura.

Figlia del cielsei bella; è di tua faccia

Dolce il silenzio; amabile ti mostri

E in oriente i tuoi cerulei passi

Seguon le stelle; al tuo cospettoo Luna

Si rallegran le nubie 'l seno oscuro

Riveston liete di leggiadra luce.

Chi ti pareggiao della notte figlia

Lassù nel cielo? in faccia tua le stelle

Hanno di sè vergognae ad altra parte

Volgono i glauchi scintillanti sguardi

Ma dimmio bella luceove t'ascondi

Lasciando il corso tuoquando svanisce

La tua candida faccia? Hai tucom'io

L'ampie tue sale? o ad abitar ten vai

Nell'ombra del dolor? Cadder dal cielo

Le tue sorelle? o più non son coloro

Che nella notte s'allegravan teco?

Sì sì luce leggiadraessi son spenti

E tu spesso per piagnerli t'ascondi.

Ma verrà notte ancorche tutu stessa

Cadrai per sempree lascierai nel cielo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

78

Il tuo azzurro sentier; superbi allora

Sorgeran gli astrie in rimirarti avranno

Gioja cosìcom'avean pria vergogna.

Ora del tuo splendor tutta la pompa

T'ammantao Luna. O tu nel ciel risguarda

Dalle tue portee tu la nubeo vento

Spezzaonde possa la notturna figlia

Mirar d'intornoe le scoscese rupi

Splendanle incontroe l'oceàn rivolga

Nella sua luce i nereggianti flutti.

Nato è sul maree seco Altoquel raggio

Di giovinezza; a' suoi fratelli accanto

Siedesi Ardan. Movon d'Usnorre i figli

Per buia notte il corso lorfuggendo

Di Cairba il furor. Che forma è quella

Che sta lor presso? ricoprì la notte

La sua bellezza: le sospira il crine

Al marin ventoin tenebrose liste

Galleggiano le vesti; ella somiglia

Al grazioso spirito del cielo

Che move in mezzo di sua nebbia ombrosa.

E chi puote esser maifuorché Dartùla

Dartùla tra le vergini d'Erina

La più leggiadra? Ella fuggì con Nato

Dall'amor di Cairba. I venti avversi

T'ingannanoo Dartùlae alle tue vele

Niegan Eta selvosa. O Natoqueste

Le tue rupi non sonnon e’ il muggito

Questo dell'onde tue: stannoti appresso

Del nemico le salee a te l'incontro

Le torri di Cairba ergon la fronte.

Sul mare Ullina il verde capo estende

E la baia di Tura accoglie il legno.

Vento del mezzogiornovento infido

Ov'eri tu? Chi ti trattenne allora

Quando dell'amor mio furo ingannati

I cari figli? a sollazzarti forse

Stavi nel prato? Oh! pur soffiato avessi

Nelle vele di Natoinfin che d'Eta

Gli sorgessero a fronte i dolci colli;

Finchè sorgesser tra le nubi i colli

Paternie s'allegrassino alla vista

Del suo signor! Lungi gran tempoo Nato

Fostie passò della tornata il giorno.

Ma ben ti vide dei stranier la terra

Nato amabile; amabile tu fosti

Agli occhi di Dartùla; era il tuo volto

Bello qual pura mattutina luce;

Piuma di corvo il crin; gentilee grande

Era 'l tuo spirtoe dolce come l'ora

Del Sol cadente; di tue voci il suono

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

79

Parea sussurro di tremanti canne

O pur di Lora il mormorio: ma quando

Sorgea nera battagliaera in tempesta

Mar che mugge; terribile il rimbombo

Era dell'armi tue; del corso al suono

Svaniva l'oste: allor fu che ti vide

La prima volta la gentil Dartùla

Là dall'eccelse sue muscose torri

Dalle torri di Selamaove albergo

Ebbero i padri suoi. Belloo straniero

Ella dissesei tu (che alla tua vista

Tutto si scosse il suo tremante spirto)

Bello sei tu nelle battaglieamico

Dell'estinto Corman: ma dove corri

Impetuoso? ove il valor ti porta

O giovinetto dal vivace sguardo?

Poche son le tue mani alla battaglia

Contro il fero Cairba: oh potess'io

Dal suo odioso amore esser disciolta

Per allegrarmi alla gentil presenza

Del mio bel Nato! Oh fortunateo care

Colline d'Eta! Esse vedranno a caccia

I suoi vestigi; esse vedran sovente

Il suo candido senoallor che l'aure

Solleverangli la corvina chioma.

Così parlasti tugentil Dartùla

Dalle torri di Selamama ora

Ti circonda la notte: i venti ingrati

Le tue vele ingannaronoingannaro

Bella Dartùlale tue vele i venti.

Fremon alto sul mar: cessa per poco

Aura del nordlasciami udir la voce

Dell'amabile; amabileo Dartùla

La voce tua tra 'l sussurrar de’ venti.

Queste le rupi del mio Natoè questo

Delle sue rupi il mormorante rivo?

Vien quel raggio di luce dalla sala

D'Usnor notturna? Alta è la nebbia e densa

Debole il raggioma che val? la luce

Dell'alma di Dartùla è 'l prence d'Eta.

Figlio del prode Usnorreonde quel rotto

Sospir sul labbro? già non siamoo caro

Nelle terre straniere. O mia Dartùla

Non le rupi di Natoe non è questo

Ei ripigliòde’ suoi ruscelli il suono;

Non vien quel raggio di notturna luce

Dalle sale d'Usnòr. Lungi ma lungi

Esse ci stan: siamo in nemica terra

Siam nella terra di Cairba: i venti

Ci tradiroo Dartùla; Ullina al cielo

Qui solleva i suoi colli. Altotu vanne

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

80

Là verso il norde tu lungo la spiaggia

MoviArdanoi tuoi passi; onde il nemico

Non ci colga di furtoe a noi svanisca

D'Eta la speme. Io me n'andrò soletto

A quella torreper scoprir chi stia

presso quel raggio. Su la spiaggia intanto

Riposatimio benriposa in pace

Caro raggio d'amor; te del tuo Nato

Come lampo del cielcirconda il braccio.

Partissie sulla spiaggia ella s'assisse

Solettae mesta; udia 'l fragor dell'onda:

Le turgidette lagrime sospese

Stanle sugli occhi: ella guardava intorno

Se il suo Nato scopria; tende l'orecchio

Al calpestio de’ piedie de’ suoi piedi

Non ode il calpestio. Dove se’ ito

Figlio dell'amor mio? fragor di vento

Mi cingee sferza; è nebulosa e nera

La nottee tu non vieni? O prence d'Eta

Che ti trattiene? batti il nemico forse

Scontratoe s'inalzò notturna zuffa?

Nato tornòma tenebroso ha 'l volto

Che veduto egli avea l'estinto amico.

Di Tura al muto passeggiava intorno

L'ombra di Cucullin: n'era il sospiro

Spessoaffannosoe spaventosa ancora

Degli occhi suoi la mezzo–spenta fiamma.

Di nebbia una colonna avea per asta;

Intenebrate trasparian le stelle

Per la buia sua formae la sua voce

Parea vento in caverna. Ei raccontogli

La storia del dolor: trista era l'alma

Di Natocome suole in dì di nebbia

Starsi con fosca acquosa faccia il Sole.

O diletto amor mioperchè sì mesto?

Disse di Cola la vezzosa figlia.

Tu sei la luce di Dartùla: è’ tutta

La gioja del mio cor negli occhi tuoi.

Lassa! qual altro amico ora m'avanza

Fuorché 'l mio Nato? è nella tomba il padre;

Stassi il silenzio in Selama; tristezza

Copre i ruscelli del terren natio.

Nella d'Ullina sanguinosa pugna

Furo uccisi i possentii fidi amici

Cadder pugnando con Cormano uccisi.

Scendea la notte: i miei ruscelli azzurri

S'ascondeano a' miei sguardi; il vento a scosse

Uscia fischiando dalle ombrose cime

Dei boschetti di Selama: io sedea

Sotto una piantasulle antiche mura

De’ padri mieiquando al mio spirto innanzi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

81

Passò Trutilloil mio dolce fratello;

Trutilloche lontano era in battaglia

Contro il fero Cairba; ed in quel punto

Sen venne Cola dalla bianca chioma

Sulla lancia appoggiato; a terra chino

Avea l'oscuro voltoangoscia alberga

Nell'alma suastagli la spada a lato

In capo ha l'elmo de’ suoi padri: avvampa

Nel suo petto battaglia; ei tenta indarno

Di celar le sue lagrimeDartùla

Sospirando diss'eidella mia stirpe

Tu l'ultima già seiTrutillo è spento

Non è più il re di Selama: Cairba

Vien co' suoi mille inver le nostre mura.

Cola all'orgoglio suo farassi incontro

E vendetta farà del figlio ucciso.

Ma dove troverò sicuro schermo

Per la salvezza tua? son bassio figlia

Gli amici nostrie tu rassembri un raggio.

Oimè’diss'io tutta in sospiriil figlio

Della pugna cadéo? Cessò nel campo

Di sfavillare il generoso spirto

Del mio Trutillo? Per la mia salvezza

Non paventarea Cola; essa riposta

Stassi in quell'arco: da gran tempo appresi

A ferir damme. Or di'non è costui

Simile al cervo del desertoo padre

Del caduto Trutil? Brillò di gioja

Il volto dell'etàsgorgò dagli occhi

Pianto affollatoe tremolar le labbra.

Ben se’ tufiglia di Trutil sorella

Dissee nel foco del suo spirto avvampi.

PrendiDartùlaquel ferrato scudo

Prendi quell'astae quel lucido elmetto;

Spoglie son queste d'un guerrier di prima

Gioventù figlio; colla luce insieme

Andremo ad affrontar l'empio Cairba.

Ma statti o figlia miastatti vicina

Di Cola al braccioe ti ricovra all'ombra

Dello scudo paterno: il padre tuo

Potea un tempo difendertima ora

L'età nella sua man tremula stassi.

Mancò la forza del suo braccioe l'alma

Oscuritade di dolor gl'ingombra.

Passò la notte tenebrosae sorse

La luce del mattin: mossesi innanzi

L'eroe canuto; s'adunaro intorno

Tutti i duci di Selama; ma pochi

Stavan sul piano; e avean canuto il crine:

Caduti con Trutillo eran pugnando

Di giovinezza i valorosi figli.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

82

O de’ verdi anni miei compagni antichi

Cola parlònon così voi nell'arme

Già mi vedestee tal non era in campo

Quando il possente Confadan cadéo.

Ci soverchia il dolor; vecchiezza oscura

Venne qual nebbia dal deserto: è roso

Il mio scudo dagli annied il mio brando

Sta da gran tempo alle pareti appeso.

A me stesso dicea: fia la sua sera

Placidae in calmae 'l tuo partir fia come

Luce che scema a poco a pocoe manca.

Ma tornò la tempesta: io già mi piego

Come una quercia annosai rami miei

In Selama cadèroe tremo in mezzo

Del mio soggiorno. Ove se’ tuTrutillo

Co' tuoi caduti eroi? tu non rispondi;

Tristo è 'l cor di tuo padre. Ah cessi omai

Cessi 'l dolor: che fia? Cairba o Cola

Dee bentosto cader; rinascer sento

La gagliardia del braccioe impaziente

Palpita il cor della battaglia al suono.

Trasse l'Eroe la lampeggiante spada

E seco i suoi: s'avanzano sul piano;

Nuotan nel vento le canute chiome.

Sedea di Lona sulla muta piaggia

Festeggiando Cairba: a sè venirne

Vide gli eroi; chiama i suoi duci. A Nato

Perchè narrar degg'iocome s'alzasse

L'aspra battaglia? io ti mirai fra mille

Simile al raggio del celeste foco

(Bella e terribil vista; il popol cade

Nel vermiglio suo corso). Imbelle e vana

Non fu l'asta di Colaella ferìo

Membrando ancor le giovanili imprese.

Venne un dardo fischiantee al vecchio eroe

Il petto trapassò; boccone ei cadde

Sul suo scudo echeggiante; orrido tremito

Scossemi l'alma: sopra lui lo scudo

Stesie fu visto il mio ricolmo seno.

Venne Cairba con la lanciae vide

La donzella di Selama: si sparse

Gioja sul truce aspettoegli depose

La sollevata spada: alzò la tomba

Di Cola uccisoe me fuor di me stessa

A Selama condusse. A me rivolse

Voci d'amor; ma di tristezza ingombro

Era 'l mio spirto; de’ miei padri i scudi

Io riconobbie di Trutillo il brando:

Vidi l'arme dei mortie sulle guance

Stavami 'l pianto. Allor giungestio Nato

Giungesti e fuggì via Cairba oscuro

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

83

Com'ombra fugge al mattutino raggio.

Eran lontane le sue squadree fiacco

Fu il braccio suo contro il tuo forte acciaro.

O diletto amor mioperchè si mesto?

Disse di Cola la vezzosa figlia.

Fin da' primi anni mieil'Eroe soggiunse

Incontrai la battaglia: il braccio mio

Potea la lancia sollevare appena

Quando sorse il periglio; il cor di gioja

Rideami della pugna al fero aspetto

Come ristretta verdeggiante valle

Se coi vividi raggi il Sol l'investe

Anzi che in mezzo a' nembi il capo asconda.

L'alma rideami fra' periglipria

Ch'io vedessi di Selama la bella

Pria ch'io vedesse tedolce Dartùla

Simile a stellache di notte splende

Sul colle: incontro a lei lenta s'avanza

Nubee minaccia la vezzosa luce.

Siam nella terra del nemico; i venti

Ci tradiromia cara: or non c'è presso

Forza d'amicie non le rupi d'Eta.

Figlia del nobil Colaove poss'io

La tua pace trovar? forti di Nato

Sono i fratellie lampeggiaro in campo

I brandi lor; ma che mai sono i figli

Del prode Usnòr contro d'un'oste intera?

Portate avesse le tue vele il vento

Re degli uominiOscar! Tu promettesti

Pur di venirne insieme alla battaglia

Del caduto Corman: forte sarebbe

Allor la destra mia qual fiammeggiante

Braccio di morte: tremeria Cairba

Nelle sue salee resteria la pace

Coll'amabil Dartùla. Almacoraggio;

Perchè cadialma mia? d'Usnorre i figli

Vincer ben ponno. E vincerannoo Nato

Disse la bella sfavillando in volto

Mel dice il cor: no non vedrà Dartùla

Giammai le sale di Cairba oscuro.

Suquell'arme recatemich'io veggo

Nella nave colà splender a quella

Passeggera meteora; entrar vogl'io

Nella battaglia. Ombra del nobil Cola

Sei tu ch'io veggio in quella nube? E teco

Quell'oscuro chi è? Lo riconosco

Egli e’ Trutillo: ed io vedrò le sale

Di coluiche 'l fratel m'uccise e 'l padre?

Spirti dell'amor miono non vedrolle.

Nato di gioja arse nel voltoudendo

Le voci sue: figlia di Colaei disse

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

84

Tu mi splendi nell'alma; or viaCairba

Vien' co' tuoi mille: il mio vigor rinasce.

Canuto Usnorno non udrai che 'l figlio

Dato siasi alla fuga. Io mi rammento

Le tue parole in Etaallor che alzarsi

Le vele mieche già stendeano il corso

In verso Ullinae la muscosa Tura.

Tu vaiNatodiss'eglial sir dei scudi

Al prode Cucullinche dai perigli

Mai non fuggì; fa' che non sia il tuo braccio

Fiacconè sien di fuga i pensier tuoi:

Onde non dica mai di Semo il figlio:

Debile e’ nel pugnar la stirpe d'Eta.

Giunger ponno ad Usnor le sue parole

E rattristarlo. Lagrimandoei diemmi

Questa lucida spada. Io venni intanto

Alla baia di Tura: oscure e mute

N'eron le mura; risguardai d'intorno

Nè trovai chi novella a me recasse

Del prode Cucullin: venni alla sala

Delle sue conche: esser soleanvi appese

L'arme de’ padri suoi; non v'eran l'arme

E l'antico Lamòr sedea nel pianto.

Donde vien quest'acciar? disse sorgendo

Mesto Lamòr; di Tura ahi da gran tempo

Luce d'asta non fere i foschi muri.

Onde venite voi? dal mar rotante

O di Temòra dalle triste sale?

Noi venimmo dal mardiss'iodall'alte

Terri d'Usnor; di Slisama siam figli

Figlia di Semo generato al carro.

Deh dimmio figlio della muta sala

Ov'è il duce di Tura? ah perchè Nato

A te lo chiede! or non vegg'io 'l tuo pianto?

Dimmi figliuol della romita Tura

Come cadde il possente? Egli non cadde

Lamòr soggiunsecome suol talora

Tacita stella per l'oscura notte

Che strisciae più non è’; simile ei cadde

A focoso vapornunzio di guerra

In suol remotoil cui vermiglio corso

Morte accompagna. Triste son le rive

Del Legoe tristo il mormorio del Lara:

Figlio d'Usnorreil nostro Eroe là cadde.

Ohdiss'io sospirandoinfra le stragi

Cadde l'eroe? forte egli avea la destra

E dietro il brando suo stava la morte.

Del Lego andammo sulle triste rive

La sua tomba scoprimmo; ivi i suoi duci

Con esso estintiivi giaceano i suoi

Mille cantori. Sull'Eroe piagnemmo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

85

Tre giorniil quarto dì battei lo scudo:

Lieti i guerrieri a questo suon d'intorno

S'adunaroe crollar l'aste raggianti.

Presso di noi coll'oste sua Corlasto

StavaCorlasto di Cairba amico.

Noi d'improvviso gli piombammo addosso

Qual notturno torrente: i suoi cadéro:

E quando gli abitanti della valle

Dal lor sonno s'alzarcol loro sangue

Vider frammista del mattin la luce.

Ma noi strisciammo via rapidamente

Come liste di nebbia inver la sala

Di Cormano echeggiante: alzammo i brandi

Per difendere il re; ma il re d'Erina

Non era più; già di Temòra vuote

Eran le salee in giovinezza spento

Giacea Cormano. Ricoprì tristezza

D'Ullina i figli: tenebrosi e lenti

Si ritirar quai romorose nubi

Dopo tempesta minacciata in darno

Dietro ad un poggio. In lor dolor pensosi

Mosser d'Usnorre i figlied avviarsi

Ver Tura ondosa: a Selama dinanzi

Passammo: al rimirarci il reo Cairba

Sparì fuggendo pauroso in fretta

Quasi nebbia del Lanoa cui dan caccia

I venti del deserto. Allor ti vidi

O verginellasimile alla luce

Del Sole d'Eta: amabile è quel raggio

Dissie sorse il sospir di mezzo al petto.

Tu nella tua beltà venistio cara

Al tuo guerrier; ma ci tradiro i venti

Bella Dartùlaed il nemico è presso.

Sìdappresso è il nemicoallor soggiunse

La forza d'Altosulla spiaggia intesi

Di lor arme il fragord'Erina io vidi

Ondeggiar lo stendardo in negre liste.

Distinta di Cairba udii la voce

Suonarquai le cadenti onde del Cromla.

Egli sul mar l'oscura nave ha scorta

Pria che il buio scendesse; in riva al Lena

Fan guardia i duci suoiben diecimila

Spade inalzando. E diecimila spade

Inalzin purcon un sorriso amaro

Nato rispose: non però d'Usnorre

Ne tremerà la prole. O mar d'Ullina

Perchè sì furibondoe spumeggiante

Sferzi la spiaggia co' tuoi flutti? E voi

Romoreggianti tempeste del cielo

Perchè fischiate in su le negre penne?

Credi tumarcredete voitempeste

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

86

Qui Nato a forza trattener sul lido?

Il suo spirtoil suo core è che trattienlo

O figlie della notte. Altom'arreca

L'arme del padrearrecami la lancia

Di Semoche colà splende alle stelle.

L'arme ei portòcoprì Nato le membra

Del folgorante acciar. Move l'eroe

Amabile nei passi; e nel suo sguardo

Splende terribil gioja: ei di Cairba

Sta la venuta riguardando; accanto

Stagli muta Dartùla; è nel guerriero

Fitto il suo sguardo; di nasconder tenta

Il nascente sospir; represse a forza

Le si gonfian due lagrime negli occhi.

Altoveggio uno speco in quella rupe

Disse d'Eta il signor; tu là Dartùla

Scorgie sia forte il braccio tuo: tu meco

VienteneArdancontro Cairba oscuro.

Sfidiamlo alla battaglia: oh veniss'egli

Armato ad incontrar d'Usnòr la prole!

Se tu campio mio bennon arrestarti

A risguardar sopra il tuo Nato estinto.

Spiega le vele inver le patrie selve

Altoed al Sir di'che cadeo con fama

Il figlio suoche non sfuggì la pugna

Il brando mio: di' che fra mille io caddi

Onde il suo lutto alto gioir contempri.

Tudonzella di Selamaraduna

Le verginelle nella sala d'Eta;

Fa' che cantin per Natoallor che torna

L'ombroso autunno. Oh se di Cona udissi

Le mie lodi sonar la voce eletta

Con che gioja il mio spirto ai venti misto

Volerebbe a' miei colli! - Ah sìdi Cona

Udrassi il nome tuo sonar nei canti

Prence d'Eta selvosa; a te fia sacra

Figlio di Usnorred'Ossian la voce.

Deh perchè là sul Lena anch'io non ero

Quando sorse la pugna? Ossian sarebbe

Teco vittoriosoo teco estinto.

Noi sedevamo quella notte in Selma

Con ampie conche festeggiando; e fuori

Sulle querce era il vento. Urlò lo spirto

Della montagna; il vento entro la sala

Susurrando sen vennee leve leve

Dell'arpa mia toccò le corde; uscinne

Suon tristo e bassoqual canto di tomba.

Primo l'udì Fingàl; sorse affannoso

E sospirando disse: oimè! per certo

Cadde qualcuno de’ miei duci; io sento

Sull'arpa di mio figlio il suon di morte.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

87

Ossiandeh tocca le sonanti corde

Fa' che s'alzi il dolore; onde sui venti

Volino i spirti lor gioiosamente

A' miei colli selvosi. Io toccai l'arpa

E suono uscinne doloroso e basso.

Ombreombre pallide de’ padri nostri

Su dalle nubi tosto piegatevi;

Là negli aerei azzurri chiostri.

Lasciate l'orrida vermiglia luce

Ed accogliete cortesi e placide

Compagno ed ospite l'estinto duce.

Il duce nobileche cadde in guerra

Sia che dal mare rotante inalzisi

Sia ch'egli inalzisi da strania terra.

Nube sceglietegli fra le tempeste

Che la sua lancia formie di nebbia

Sottile orditegli cerulea veste:

Presso ponetegli fosco–vermiglia

E mezzo–spenta lunga meteora

Che 'l suo terribile brando somiglia.

Fate che amabile ne sia l'aspetto

Onde gli amici pensosi e taciti

In rimirandolo n'abbian diletto.

Ombreombre pallide de’ padri nostri

Su dalle nubi tosto piegatevi

Là negli aerei azzurri chiostri.

Tal era in Selma il canto mio sull'arpa

Lieve–tremante: ma d'Ullina intanto

Su la spiaggia era Natointorno cinto

Da tenebrosa notte; udia la voce

Del suo nemicoin fra 'l mugghiar dell'onde;

Udialae riposavasi sull'asta

Pensoso e muto: uscì 'l mattin raggiante

E schierati apparir d'Erina i figli.

Simili a grigie ed arborose rupi

Sulla costa si spargono: nel mezzo

Stava Cairbae dal nemico a vista

Sorrise orribilmente. Incontro ad esso

Nato s'avanza furibondoe pieno

Del suo vigor: nè già poteo Dartùla

Restarsi addietro; col guerrier sen venne

E l'asta sollevò. Chi vien nell'armi

Bella spirando giovenil baldanza?

Chi vienchi viense non d'Usnorre i figli

Altoed Ardano dall'oscura chioma?

Sir di Temoradisse Natoor vieni

Vien' sulla spiaggia a battagliar con meco

Per la donzella: non ha Nato adesso

Seco i suoi duciche colà dispersi

Stanno sul mare: a che guidi i tuoi mille

Contro di lui? tu gli fuggisti innanzi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

88

Quando gli amici suoi stavangli intorno.

Garzon dal cor d'orgoglioe che pretendi?

Scenderà a pugnar teco il re d'Erina?

Non sono infra i famosi i padri tuoi

Nè fra i re de’ mortali: ove son l'arme

Dei duci estinti alle tue sale appese?

Ove gli scudi de’ passati tempi?

Chiaro in Temòra è di Cairba il nome;

Nè cogli oscuri ei combatte giammai.

A cotai voci escon dagli occhi a Nato

Lagrime d'ira: inferocito il guardo

Volge ai fratelli suoi; tre lancie a un punto

Volanoe stesi al suol cadon tre duci.

Orribilmente fiammeggiò la luce

Dei loro brandi; diradate e sciolte

Cedon d'Erina le ristrette file

Come striscia talor di negre nubi

Incontro al soffio di nemboso vento.

Ma Cairba dispon l'armate schiere

E mille archi fur tesie mille frecce

Ratto volar; cadon d'Usnorre i figli

Come tre giovinette e rigogliose

Querceche stavan sole in erma rupe.

Le amabil piante a contemplar s'arresta

Il peregrinoe in lor mirar sì sole

N'ha meraviglia; ma la notte il nembo

Vien dal desertoe furibondo abbassa

Le verdi cime: il dì vegnente ei torna

Vede le querce al suolla vetta è rasa.

Stava Dartùla nel dolor suo muta

E gli vide a cader: lagrima alcuna

Sugli occhi non appar; ma pieno ha 'l guardo

D'alta e nuova tristezza: al vento sparsi

Volano i crini: le tingea la guancia

Pallor di morte; esce una voce a mezzo

Ma l'interrompon le tremanti labbra.

Venne Cairba oscuroe dov'èdisse

L'amante tuo? dov'è il tuo prence d'Eta

Al carro nato? hai tu vedute ancora

D'Usnòr le salee di Fingallo i colli?

Mugghiato avria la mia battaglia in Morven

Se non scontravan le tue vele i venti;

Fora abbattuto dal mio brando irato

Fingallo istessoe saria lutto in Selma.

Dal braccio di Dartùla abbandonato

Cadde lo scudo; il suo bel petto apparve

Candidoma di sangue apparve tinto

Perchè fitto nel sen le s'era un dardo.

Come lista di neve in sul suo Nato

Ella cadéo: sopra l'amato volto

Sparsa è la negra chiomae l'uno all'altro

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

89

Sgorga frammisto l'amoroso sangue.

Bassabassa

Dissero di Cairba i cento vati

Bassabassa

Sei tu di Cola graziosa figlia.

Mesto silenzio

Copre di Selama

L'onde cerulee

Perchè la stirpe di Trutillo è spenta.

Quando sorgerai tu nella tua grazia

O tra le vergini

Prima d'Erin?

Lungo è 'l tuo sonno nella tombalungo

E lontano il mattin.

Non verrà il sol presso il tuo letto a dirti

Svegliati o bella.

Nell'aria è'l venticel di primavera;

I fiori scotono

I capi tremoli

i boschi spuntano

Colla verde foglietta tenerella;

Svegliati o bella.

Sole ritirati:

Dorme di Selama

La bella vergine

E più non uscirà co' suoi bei rai.

E dolce moversi

Ne’ passi amabili

Della bellezza sua non la vedrai.

Così i vati cantarquando a Dartùla

Inalzaron la tomba; io cantai poscia

Sopra di leiquando Fingal sen venne

Contro il fero Cairbaa far vendetta

Dell'estinto Cormano al carro nato.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

90

TEMORA

POEMA EPICO

CANTO I

ARGOMENTO: Il soggetto di questo poema si è l'ultima spedizione di Fingal inIrlanda e

l’estinzione della famiglia di Athasempre nemica della stirpe dei reCaledonj stabiliti in Ulster.

Questo primo canto può dividersi in due parti. La prima contiene lascambievol morte di Oscar e

Cairbar accaduta nel modo già riferito nell'introduzionee i lamenti diFingal e di Ossian sopra il

corpo di Oscar. Nella secondaavendo già Fingal disfatto il corpo di truppeirlandesi che s'era

accampato sulla costa di Ulstersotto il comando di Cairbare sopraggiuntala nottes'introduce

Altanovecchio cantore del defunto re Arthoil quale dimorava in Temoraappresso il giovine

Cormarc a raccontar l'infelice morte di quel principeucciso per opera dell’iniquoCairbar. Altano

ch'era stato spettatore di questa tragediaed aveva osato pianger la mortedel suo signore fu

imprigionato da Cairbar insieme con Carilo : i due cantori furono poscialiberati per autorità di

Cathmorfratello di Cairbare si rifugiarono appresso Fingal. Questi avendointeso che Cathmor

si accingeva a dargli battagliaspedisce Fillano suo figlio ad osservare imovimenti di essodopo

aver fatto i dovuti elogi alla virtù e alla generosità del suo nemico. Ilpoema ha il titolo di Temora

dal nome del palagio de' re d’Irlandaove fu ucciso il giovane Cormacepresso il quale diedesi

l'ultima battaglia tra Fingal e Catmor.

Già si rotavan nella viva luce

L'azzurre onde d'Ullina: i verdi colli

Riveste il Sole; i foschi capi al vento

Scotono i boschi. Una pianura angusta

Giace fra due colline ingombree cinte

D'annose querce; ivi serpeggia il rivo

Della montagna. In sull'erbose sponde

Stassi Cairba solitario e muto.

Sulla lancia ei s'appoggia: ha tristo il guardo

Rosseggiante di tema. Entro il suo spirto

Il tradito Corman s'alza con tutte

L'orride sue ferite: in negra nube

Del giovinetto la cerulea forma

Torva s'avanzae scaturisce il sangue

Dagli aerei suoi fianchi. A cotal vista

Balza Cairba pien d'orror; tre volte

Getta la lancia a terraed altrettante

Picchiasi 'l petto; vacillanti e brevi

Sono i suoi passi; ad or ad or s'arresta

Pallidoe inarca le nodose braccia.

Nume parch'a ogni leve aura di vento

Varia la forma sua; triste all'intorno

Son le soggette vallie alternamente

Temon che scenda la sospesa pioggia.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

91

Ei rincorossi alfine: in man riprese

L'acuta lancia; gli occhi suoi rivolti

Tien verso il Lena. Ecco apparir repente

L'esplorator dell'oceàno: ei viene

Ma con passi di temae tratto tratto

Volgesi addietro. S'avvisò Cairba

Ch'eran presso i possentied a sè chiama

Gli oscuri duci. I risonanti passi

Movonsi dei guerrier: tutti ad un tempo

Traggon le spade. Ivi Morlan si stava

Torbido il volto: il folto crin d'Idalla

Sospira al vento: gira bieco il guardo

Cormir rosso–crinitoe sulla lancia

Torvo s'appoggia; orribilmente lento

Volvesi sotto due vellute ciglia

L'occhio di Malto: il fier Foldan grandeggia

Piantato come rugginosa rupe

Sparsa di musco le petrose terga.

Per la sua lancia di Slimora il pino

Che incontra il vento; della pugna i colpi

Segnan lo scudoe l'infocato sguardo

Sembra altero sfidar perigli e morte.

Questie mill'altri tenebrosi duci

Cerchio feano a Cairba al carro nato

Allor che giunse dall'acquoso Lena

L'esplorator dell'oceàn Mornallo.

Gonfi avea gli occhi e tesi in fuorle labbra

Smorte e tremanti. Ohdiss'ei lorsi stanno

Taciti e cheti qual boschetto a sera

D'Erina i ducior che sul lido omai

Sceso è Fingal? Fingalloil re possente

Il terror delle pugne? E l'hai tu visto?

Disse Cairba sospirando: molti

Sono i suoi duci in sulla spiaggia? inalza

L'asta di guerrao viene in pace? - In pace

NoCairbaei non vien; la punta io vidi

Dalla sua lancia; ella è vapor di morte

E sta sul acciar suo di mille il sangue.

In sua robusta canutezza ei scese

Primo sopra la spiaggia; a parte a parte

Si distinguean le nerborute membra

Mentr'ei passava maestoso e lento

Nella sua possa. Ha quella spada al fianco

Che i colpi non raddoppiae quello scudo

Terribile a vederqual sanguinosa

Luna in tempesta. Dopo lui sen viene

Ossiande’ canti il re; con esso è Gaulo

Figlio di Mornitra' mortali il primo.

Balza a terra Conal curvo sull'asta;

Sparge Dermino il fosco crin; Fillano

Piega l'arco; Fergusto altier passeggia

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

92

Pien di baldanza giovenil. Chi viene

Con chioma antica? un nero scudo a lato

Pendegliad ogni passo in man la lancia

Tremaglie sta l'età nelle sue membra.

Ei china a terra tenebroso il volto

Tristo è 'l re delle lance. Il riconosci

Cairba? Usnorre è questiUsnor che move

A far vendetta de’ suoi figli estinti.

La verde Ullina gli risveglia il pianto

E le tombe de’ figli a lui rammenta.

Ma lunge innanzi agli altri Oscar s'avanza

Lucido negli amabili sorrisi

Di giovinezzae bello come i primi

Raggi del Sole: in su le spalle cadegli

La lunga chioma; è mezzo ascoso il ciglio

Dall'elmetto d'acciar lampeggia il brando

E percossa dal Sol l'asta sfavilla.

Re dell'alta Temoraio non soffersi

Degli occhi suoi la formidabil luce

E fuggii frettoloso. E fuggio vile.

Disse lo sdegno di Foldan; va'fuggi

Figlio di picciol cornon vidi io forse

Quell'Oscar? nol vid'io? forte ènol niego

Dentro i perigli: ma son altri ancora

Che impugnan l'asta. Ha molti figli Erina

Quanto lui valorosi; ah sìCairba

Più valorosi ancor: lascia che incontro

A questo formidabile torrente

Per arrestarlo del suo corso in mezzo

Vada Foldan: de’ valorosi il sangue

La mia lancia ricopree rassomiglia

La muraglia di Tura il ferreo scudo.

Come? solo Foldancon fosco ciglio

Ripigliò Maltoad affrontare andranne

Tutta l'oste nemica? e non son essi

Come di mille fiumi affollate onde

Numerosi sul lido? e non son questi

Quei duci stessionde Svaran fu vinto;

Poichè dall'armi sue fuggir dispersi

D'Erina i figli! Ed or contro il più forte

De’ loro eroi vorrà pugnar Foldano?

Foldan dal cor d'orgoglio: or via de’ tuoi

Prendi teco la possae fa' che insieme

Malto ne venga: rosseggiò più volte

Il brando mio; ma chi mie voci intese?

Figli d'Erinacon soavi accenti

Idalla incominciò; non fateo duci

Che giungano a Fingallo i detti vostri

Onde il nemico non s'allegrie sia

Forte il suo braccio. Valorosiinvitti

Sete o guerrierie somiglianti a nero

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

93

Nembo del cielche rovinoso i monti

Sfiancae le selve nel suo corso atterra.

Ma pur moviamci nella nostra possa

Lentiaggruppatiqual compressa nube

Spinta dal vento: allora al nostro aspetto

Tremerà l'ostee dalla man del prode

Cadrà la lancia; noi vediamdiranno

Nube di mortee imbiancheranno in volto.

In sua vecchiezza piagnerà Fingallo

La spenta gloria sua: Morven selvosa

Non rivedrà i suoi duci; e in mezzo a Selma

Crescerà l'erbae 'l musco alto degli anni.

Stava Cairba taciturnoudendo

Le voci lorqual procellosa nube

Che minaccia la pioggiae pende oscura

Là su i gioghi di Cromlainfin che il lampo

Squarciale i fianchi; di vermiglia luce

Folgoreggia la valleurlan di gioja

Della tempesta i tenebrosi spirti.

Sì stette muto di Temora il sire

Alfin parlò. Su s'apparecchi in Lena

Largo convitoi miei cantor sien pronti.

Odi tuOlladalla rossa chioma

Prendi l'arpa del Revanne ad Oscarre

Sir delle spadee a festeggiar l'invita

Nella mia sala; oggi starem tra' canti

Doman le lance romperem: va'digli

Che all'estinto Catolla alzai la tomba

E che i cantori miei sciolsero i versi

All'ombra sua: dì che i suoi fatti intesi

Là del Carron sulle remote sponde.

Or non è qui Catmòrreil generoso

Di Cairba fratelloei co' suoi mille

Ora è’ lontan: noi siam debolie pochi.

Catmòrre a par del Sol lucida ha l'alma

E le battaglie ne’ conviti aborre;

Ciò Cairba non cura. Eccelsi duci

Io pugnerò contro d'Oscàr: fur molte

Le sue parole per Catollae 'l petto

M'arde di sdegno; egli cadrà sul Lena

E la mia fama s'alzerà nel sangue.

Di gioja i duci sfolgoraro in volto:

Si spargono sul pratoe delle conche

S'apparecchia la festa; a gara i vati

Alzano i canti. Su la spiaggia udimmo

Le liete vocie si credè che giunto

Fosse il prode CatmòrCatmòr l'amico

Degli stranieridi Cairba oscuro

L'alto fratel; ma non avean simili

L'alme perciòche di Catmòr nel petto

Lucea raggio del cielo. All'Ata in riva

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

94

S'alzavan le sue torri; alle sue sale

Sette sentieri conduceanoe sette

Duci su quei sentier si stavan pronti

Facendo ai passaggier cortese invito.

Ma Catmòr s'appiattava entro le selve

Che la voce fuggia della sua lode.

Olla sen venne col suo canto. Oscarre

Alla festa n'andò: guerrier trecento

Seguono il ducee risuonavan l'armi

Terribilmente: i grigi can sul prato

Gìan saltellandoe lo seguian cogli urli.

Vide Fingal la sua partenza; mesta

Era l'alma del Redel fier Cairba

Nudria sospetto: ma chi mai dell'alta

Progenie di Tremmor temeo nemici?

Alto il mio figlio sollevò la lancia

Del buon Cormano; incontro lui coi canti

Fersi cento cantor; cela Cairba

Sotto un sorriso l'apprestata morte

Che negra cova entro il suo spirto: è sparsa

La festa suasuonan le conche; all'oste

Gioja ride sul volto; ella somiglia

A pallido del Sole ultimo raggio

Che già tra' nembi si frammischiae perde.

Cairba alzossi: oscurità s'accoglie

Sopra il suo ciglio; il suon delle cento arpe

Cessa ad un tratto; dei percossi scudi

S'ode il cupo fragore. Olla da lungi

Alza il canto del duolo: Oscar conobbe

Il segnal della morte: ei sorgeafferra

La lancia. Oscardisse Cairbaio scorgo

La lancia di Temòra; in la tua destra

Figlio di Morvendei gran re d'Erina

Brilla l'antica lancia; essa l'orgoglio

Fu di ben cento regiessa la morte

Di cento eroi; cedigarzone altero

Cedila al nato al carro alto Cairba.

Che? del tradito regnator d'Erina

Ch'io ceda il dono? Oscar soggiunseil dono

Del bel Cormano dalla bionda chioma

Ch'egli fece ad Oscarquand'ei disperse

L'oste nemica? Alle sue sale io venni

Allor che di Fingallo innanzi al brando

Fuggì Svarano: isfavillò di gioja

Nel volto il giovinettoe di Temòra

Diemmi la lancia; e non la diede a un fiacco

Truce Cairbaad alma vil non diella.

Non è l'oscurità della tua faccia

Per me tempestae gli occhi tuoi non sono

Fiamme di morte: il tuo sonante scudo

Pavento io forse? o d'Olla al feral canto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

95

Tremami in petto il cor? nonoCairba

Spaventa i fiacchi; Oscarre alma ha di rupe.

Nè vuoi ceder la lancia? allor riprese

Del fier Cairba il ribollente orgoglio.

Sono i tuoi detti baldanzosi e forti

Perchè presso è Fingalloil tuo di Morven

Guerrier canuto: ei combatte’ coi vili;

Svanire ei deve di Cairba a fronte

Come di nebbia una sottil colonna

Contro i venti dell'Ata. Al duce d'Ata

Se quel guerrier che combatteo coi vili

Fosse dappressoil duce d'Ata in fretta

Gli cederia la verdeggiante Erina

Per fuggire il suo sdegno: olàCairba

Non parlar dei possenti; a me rivolgi

Il brando tuo; la nostra forza è pari:

Ma Fingalloah Fingàl di tutti è sopra.

I lor seguaci intenebrarsi in volto

Videro i ducie s'affollaro in fretta

Intorno a lor: vibran focosi sguardi

Snudansi mille spade. Olla solleva

Della battaglia il canto. In ascoltarlo

Scorse per l'alma tremolio di gioja

Al figlio mio; quella sua gioja usata

Allor che udiasi di fingallo il corno.

Nera come la gonfia ondache al soffio

D'aura sommovitrice alzasie piomba

Curva sul lidodi Cairba l'oste

S'avanza incontro a lui. Figlia di Toscar

Quella lagrima ond'è non cadde ancora

Il nostro Eroe; dal braccio suo le morti

Molte saranpria che sia spento. Osserva

Come cadongli innanzie sembran boschi

Là nel desertoallor che un'irata ombra

Torbida furibonda esceed afferra

Le verdi cime coll'orribil destra.

Cade Morlanmuor ConacàrMaronte

Guizza nel sangue suo: fugge Cairba

Dalla spada d'Oscarree ad appiattarsi

Corre dietro ad un masso: ascosamente

Alza la lancia il traditoree 'l fianco

Ad Oscar mio passa di furto; ei cade

Sopra lo scudoma 'l ginocchio ancora

Sostenta il duce; ha in man la lancia: vedi

Cade l'empio Cairba; Oscar si volge

Col penetrante acciaroe nella fronte

Profondamente gliel conficcae parte

La rossa chioma d'atro sangue intrisa.

Giace colui come spezzato scoglio

Che Cromla scuote dal petroso fianco.

Ahimè che Oscar non sorge; egli s'appoggia

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

96

Sopra lo scudosta la lancia ancora

Nella terribil destra; anche discosti

Treman d'Erina i figli: alzan le grida

Qual mormorio di rapide correnti

E Lena intorno ripercosso echeggia.

Fingallo ode il fragorl'asta del padre

Prendesul prato ei ci precedee parla

Parole di dolor: sento il rimbombo

Della battagliaOscarre è soloo duci;

Alzateviaccorretee i brandi vostri

Unite al brando dell'eroe. Sul prato

Precipita anelante Ossian: a nuoto

Passa il Lena Fillan; Fergusto accorre

Con piè di vento. S'avanzò Fingallo

Nella sua possa: orribile a mirarsi

Del suo scudo è la lucee ben da lungi

D'Erina ai figli sfolgorò sul ciglio:

Ne tremarono i corvidero acceso

Del Re lo sdegnoe s'aspettar la morte.

Primi giungemmoe combattemmo i primi:

D'Erina i duci resister: ma quando

Venne suonando il Requal cuor d'acciaro

Potea far fronteo sostenerlo? Erina

Lungo il Lena fuggio; morte l'incalza.

Ma noi frattanto sullo scudo inchino

Oscar vedemmo: rimiriamo il sangue

Sparso d'intorno. Atro silenzio e cupo

Cadde repente degli eroi sul volto.

Ciascun rivolse ad altra parte il guardo

Ciascuno pianse. Il Re d'asconder tenta

Le lagrime sorgenti: ei sopra il figlio

China la testaed ai sospir frammiste

Escon le sue parole. Oscarcadesti

Cadestio fortedel tuo corso in mezzo.

Il cor de’ vecchi ti palpita sopra

Che le future tue battaglie ei vede:

Vedo le tue battaglieahi! ma la morte

Dalla tua fama le recidee scevra.

E quando in Selma abiterà più gioja?

Quando avran fine le canzon del pianto?

Cadono ad uno ad un tutti i miei figli

E l'ultimo de’ suoi sarà Fingallo.

Dileguerassi la mia fama antica;

Fia senz'amici la mia vecchia etade.

Io sederò come una grigia nube

Nell'atrio miosenz'aspettar che torni

Colla vittoria un figlio. O Morvenpiangi

Oscar non sorge piùpiangete eroi.

E pianseroo Fingallo: alle lor alme

Era caro il guerriero; egli appariva

E svaniano i nemici; e poscia in pace

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

97

Tornava asperso di letizia il volto.

Padre non fu che dopo lui piagnesse

Il caro figlio in giovinezza estinto

E non fratello il suo fratel d'amore.

Caddero questi senza onor di pianto

Perch'era basso il fior d'ogni guerriero.

Urla Brano al suo pièliscialoe geme

L'oscuro Luach'egli condotti spesso

Seco gli avea contro i cervetti in caccia.

Quando d'intorno i suoi dolenti amici

Oscar si videil suo candido petto

S'alzò con un sospiro. I mesti accenti

Diss'egli allorde’ miei guerrieri antichi

L'urlar de’ canil'improvvise note

Della canzon del piantohanno invilita

L'alma d'Oscàrl'anima miache prima

Non conoscea fiacchezzae somigliava

All'acciar del mio brando. Ossiant'accosta

Portami alli miei colli; alza le pietre

Della mia fama; nell'angusto albergo

Del mio riposo il mio corno del cervo

Riponie la mia spada: un dì 'l torrente

Potrebbe seco trasportar la terra

Della mia tomba. Il cacciator sul prato

Discoprirà l'acciaroe diràquesta

Fu la spada d'Oscarre. - E tu cadesti

Figlio della mia fama? Oscar mio figlio

Non ti vedrò più mai? Quand'altri ascolta

Parlar de’ figli suoidi te parola

Più non udrò? Già siede in sulle pietre

Della tua tomba il muscoil vento intorno

Gemee ti piange; senza te la pugna

Combatterassisenza te nel bosco

Le lievi damme inseguiransi: almeno

Guerrier dal campoo dall'estranie terre

Ritornando dirà: vidi una tomba

Presso il corrente mormorio del fonte

Ove alberga un guerrier: l'uccise in guerra

Oscarprimo fra' ducial carro nato.

Io forse udrò le sue parolee tosto

Raggio di gioja avviverammi il core.

Scesa saria sulla tristezza nostra

La buia notteed il mattin risorto

Nell'ombra del dolore; i nostri duci

Lì rimasti sariencome nel Lena

Fredde rupi stillantie la battaglia

Avrian posta in obliose il Re la doglia

Non discacciavae non alzava alfine

La sua voce possente: i duci allora

Come scossi dal sonnoalzar la testa.

E fino a quando starem noi gemendo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

98

Diss'eisul Lena? E fino a quando Ullina

Si bagnerà del nostro pianto? i forti

Non torneran perciò; nella sua forza

Oscar non sorgerà: cadere un giorno

Deve ogni prodeed a' suoi colli ignoto

Restar per sempre. Ove son'orao duci

I padri nostriove gli antichi eroi?

Tutti già tramontar siccome stelle

Che brillaroe non sono; or sol s'ascolta

Delle lor lodi il suon; ma fur famosi

Nei loro giornie dei passati tempi

Furo il terror. Sìpasserem noi tutti

Guerriernel nostro dì: siam forti adunque

Finchè c'è datoe dietro noi lasciamci

La nostra famacome il Sole addietro

Lascia gli ultimi raggiallor che cela

In occidente la vermiglia fronte.

VatteneUllinomio cantore antico;

Prendi la regia nave; Oscarre in Selma

Riportae fa' che sopra lui di Morven

Piangan le figlie: noi staremo intanto

A pugnar in Erinae a porre in seggio

La schiatta di Cormano. I giorni miei

Van dechinando: la fiacchezza io sento

Del braccio mio; dalle cerulee nubi

Già per accorre il lor canuto figlio

Piegansi i padri miei; verròTremmorre

SìTremmorreverrò; ma pria ch'io parta

S'inalzerà della mia gloria un raggio.

Ebber già suo principioavran pur fine

Nella fama i miei giorni; e la mia vita

Fia torrente di luce ai dì futuri.

Ullin spiegò le vele: il vento scese

Dal mezzogiorno saltellon sull'onde

Ver le mura di Selma; io mi restai

Nella mia dogliae non s'udì mia voce.

Cento guerrieri di Cairba estinto

Erser la tombama non s'alzan canti

Al fero duce; sanguinosaoscura

Era l'alma di lui: Cormano in mente

Stavacie chi lodar potea Cairba?

Scese la notte; s'inalzò la luce

Di cento querce: il Re sotto una pianta

Posesie presso lui sedeva il duce

D'Etad'Usnorre la canuta forza.

Stava Altano nel mezzo; ei raccontocci

Di Cormano la morte; Altano il figlio

Di Conacardi Cucullin l'amico.

In Temora ventosa egli abitava

Col buon Cormanquando il figliuol di Semo

Prese a pugnar col nobile Torlasto.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

99

Trista fu la sua storiae a lui sul ciglio

La lagrima sorgea. Giallo era in Dora

Il Sol cadente; già pendea sul piano

La grigia notte; di Temòra i boschi

Givano tremolando agl'incostanti

Buffi del vento. In occidente alfine

Si raccolse una nubea cui fea coda

Stella vermiglia. Io mi restai soletto

Nel boscoe vidi grandeggiar nell'aria

Una nera ombra: dall'un colle all'altro

Si stendeano i suoi passiaveva a lato

Tenebroso lo scudo: io ravvisai

Di Semo il figlio; la tristezza io vidi

Del volto suoma quei passò veloce

Via nel suo nembolasciò buio intorno.

Rattristossi il mio spirto; in ver la sala

M'avviai delle conche; ardean più faci

Ed i cento cantor toccavan l'arpe.

Stava nel mezzo il bel Cormanvezzoso

Como la scintillante mattutina

Stellache là sul balzo d'oriente

S'allegrae scote di rugiada aspersi

I giovinetti suoi tremuli raggi.

Pendeva a lato del fanciullo il brando

D'Arto; ei godeasi di trattarloe stava

Lieto mirando il luccicar dell'else.

Ei di snudarlo s'attentò tre volte

E tre volte mancò: gialla sul tergo

Sventolava la chiomae dell'etade

Sulle sue guance rosseggiava il fiore

Morbido e fresco: io piansi in su quel raggio

Di giovinezza a tramontar vicino.

Altandiss'ei con un sorrisodimmi

Vedestù 'l padre mio? greve è la spada

Del Re; per certo il braccio suo fu forte.

Oh foss'io come luiquando in battaglia

Sorgeva il suo furor! che unito anch'io

A Cucullinodi Cantela al figlio

Ito incontro sarei. Ma che? verranno

Anche i miei giorniAltanverrà quel tempo

Che fia forte il mio braccio. Hai tu novelle

Del figliuolo di Semo? egli dovrebbe

Tornar colla sua fama; ei questa notte

Promise di tornare; i miei cantori

L'attendono coi cantie sparsa intorno

È la mia festa. Io l'ascoltai tacendo

E già m'incominciavan per le guance

A trascorrer le lagrime; io le ascosi

Sotto il canuto crin. Ma il Re s'accorse

Della mia doglia: ahimèdiss'eiche veggio?

Figlio di Conacàrcaduto e’ forse

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

100

Il re di Tura? e perchè mai di furto

Escono i tuoi sospiri? e perchè tergi

Dagli occhi il pianto? ci vien forse incontro

L'alto Torlastoo l'aborrito suono

Dell'oscuro Cairba? Ei vieneei viene:

Veggo il tuo lutto; il re di Tura è spento.

Ed io non spingerommi entro la zuffa?

Ed io?... ma che? de’ padri miei non posso

Impugnar l'armi. Ah! se il mio braccio avesse

Di Cucullin la forzaal mio cospetto

Fuggirebbe Cairbae de’ miei padri

Risorgerian la famae fatti antichi.

Ei dissee prese in man l'arco di tasso;

Sui vivid'occhi gli scintilla il pianto.

Doglia intorno s'ammuta; i cantor pendono

Sulle lor arpei venticelli toccano

Le cordee n'esce mormorio di doglia.

S'ode da lungi lamentevol voce

Qual d'uomo afflitto. Carilo era questi

Cantore anticoche veniane a noi

Dall'oscuro Slimora; egli la morte

Di Cucullin narroccie i suoi gran fatti.

Sparsidiss'eglialla sua tomba intorno

Stavano i suoi seguaci; a terra stese

Giacciono l'armi loroe la battaglia

Avean posta in obliopoichè 'l rimbombo

Del suo scudo cessò. Ma chi son questi

Disse il soave Carilochi sono

Questiche come lievi agili cervi

Volano al campo? a rigogliose piante

Simili nell'altezzahanno le guance

Morbiderubicondee sfavillando

Balzan per gli occhi fuor le intrepid'alme.

E chi mai sonfuorchè d'Usnorre i figli

I prenci d'Eta generati al carro?

Tutti s'alzar del re di Tura i duci

Come vigor di mezzo spento foco

Se d'improvviso dal deserto il vento

Rapido vien sulle fischianti penne.

Suona lo scudo: nell'amabil Nato

Gli eroi credero di veder risorto

L'estinto Cucullin; tal girava egli

I scintillanti sguardie tal movea

Sulla pianura; la battaglia ferve

Presso il Legopreval di Nato il brando

O re d'Erinae lo vedrai ben tosto

Nelle tue sale. - Ah potess'io vederlo

Cariloin questo punto! allor soggiunse

La di Corman rinnovellata gioja.

Ma tristo io son per Cucullingioconda

Era al mio orecchio la sua voce; spesso

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

101

Movemmo in Dora i nostri passi a caccia

Delle brune cervette: ei favellava

Dei valorosiei mi narrava i fatti

De’ padri miei; fiamma di gloria intanto

M'ardea nel cor: ma siedi alla mia festa

Cariloio spesso la tua voce intesi.

Deh tu di Cucullinoe di quel forte

Generoso stranier canta le lodi.

Di tutti i raggi d'oriente adorno

Sorse in Temòra il nuovo dì; Tratino

Figlio del vecchio Gelama sen venne

Dentro la sala. O re d'Erinaei disse

Vidi una nube nel deserto: nube

Da lungi ella pareama poi scoprissi

D'uomini un nembo: innanzi a lor s'avanza

Uom baldanzoso; gli svolazza al vento

La rossa chiomaal raggio d'oriente

Splende lo scudoha in man la lancia. - E bene

Di Temora chiamatelo alla festa

Disse il buon re d'Erina. È la mia sala

La magion dei stranierio generoso

Di Gelama figliuol: fia forse questi

Il duce d'Etache sen vien nel suono

Della sua fama. Addiostranier possente

Se’ tu l'amico di Corman? che veggio?

Carilooscuro ed inamabil parmi

E trae l'acciaro. Or dì'cantore antico

Questo è il figlio d'Usnor? d'Usnorre il figlio

Non è questoo Cormanma 'l prence d'Ata.

Fero Cairba dall'atroce sguardo

Così armato perchè? non far che s'alzi

Il brando tuo contro un garzone. E dove

Frettoloso ten corri? Ei passa muto

Nella sua oscuritadee al giovinetto

La destra afferra; il bel Corman previde

La morte sua; gli arde il furor negli occhi.

Scostatio d'Ata tenebroso duce;

Nato s'avanza; baldanzoso e forte

Sei nelle sale di Cormanperch'ora

E` debole il suo braccio. - Entra nel fianco

La cruda spada al giovinetto; ei cade

Là nelle sale dE’ suoi padri; e’ sparsa

La bella chioma nella polveintorno

Fuma il suo sangue. - O del magnanim'Arto

Caro figliodiss'iocadesti adunque

Nelle tue salee non ti fu dappresso

Di Cucullin lo scudoe non la lancia

Del padre tuo? Triste le rupi e i boschi

Son or d'Erinaperchè steso a terra

È del popolo il duce. O benedetta

L'anima tuaCorman! Corman gentile!

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

102

Così tu dunque alle speranze nostre

Rapito fosti del tuo corso a mezzo?

Del fier Cairba giunsero all'orecchio

Le mie parole; in tenebroso speco

Ei ci racchiuse: ma d'alzar la spada

Su i cantor non osòbenchè il suo spirto

Nero fosse e sanguigno. Ivi tre giorni

Stemmo languendo: il nobile Catmòrre

Giunse nel quartoudì dalla caverna

La nostra voceed a Cairba volse

L'occhio del suo disdegno. O prence d'Ata

Fino a quandodiss'eivorrai tu ancora

Rendermi afflitto? a masso del deserto

Rassomiglia il tuo cor: foschi e di morte

Son sempre i tuoi pensier: ma pur fratello

Sei di Catmòrreed ei combatter deve

Le tue battaglie: non però lo spirto

È di Catmòrre all'alma tua simìle

Fiacca mano di guerra. I tuoi misfatti

La luce del mio cor rendono oscura.

Per tua cagion non canteranno i vati

Della mia fama: essi diranCatmòrre

Fu valorosoma pugnar sostenne

Per l'oscuro Cairbae taciturni

Sul mio sepolcro passerannè intorno

S'inalzerà delle mie lodi il suono.

OrsùCairbadai lor ceppi sciogli

I due cantori; se nol saison questi

Figli de’ tempi antichie la lor voce

Farà sentirsi ai secoli futuri

Quando spenti saran d'Erina i regi.

Uscimmo alle sue vocie lui mirammo

Nella sua forza: ei somigliava appunto

La giovinezza tuaFingallo invitto

Quando la lancia primamente alzasti.

Sembrava il volto suo la liscia e piana

Faccia del chiaro Solnè nube alcuna

Vedeasi errar sulle serene ciglia.

Pur in Ullina co' suoi mille ei venne

Di Cairba in soccorsoe di Cairba

Ei viene adesso a vendicar la morte

Re di Morven selvosa. E ben: ch'ei venga

Disse l'alto Fingallo; amo un nemico

Come Catmòrre: la sua destra è forte

Magnanimo il suo cor; le sue battaglie

Splendon di fama; ma la picciol'alma

Sembra basso vaporche a paludoso

Lago sovrastae di poggiar sui colli

Non s'attenta giammaiche di scontrarsi

Teme coi i venti. Entro burroni e grotte

Albergae scocca fuor dardo di morte.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

103

Usnordei duci d'Eta al carro nati

La fama udisti; i garzon nostriamico

Son nella gloria a' padri nostri uguali.

Pugnano giovinettie giovinetti

Cadon pugnando; ma noi siam già gravi

Dal peso dell'etade: ah non lasciamci

Cader come tarlate e vacillanti

Querceche il vento occultamente atterra.

Mirale il cacciator colà riverse

Giacer sopra il ruscelloe diceoh vedi

Come cadéro! e via passa fischiando.

Sudi Morven cantorialzate il canto

Della letiziaonde nei nostri spirti

Dolce s'infonda del passato oblio.

Le rosse stelle risguardando stannoci

E chete chete verso il mar dechinano:

Sorgerà tosto il mattutino raggio

E di Corman da lungi ai nostri sguardi

Discoprirà i nemici. Odi Fillano

Prendi l'asta del Revattene al cupo

Fianco di Mora: attentamente osserva

Di Fingallo i nemici: osserva il corso

Del nobile Catmòrre. Odo da lungi

Alto fragorche rassomiglia a scrollo

Di rupe che precipita: tu picchia

Ad or ad or lo scudoonde il nemico

Non s'avanzi nell'ombree sì di Morven

Cessi la fama. O figliuol miocomincio

Ad esser soloe la mia gloria antica

Mirar cadentee a lei sorviver temo.

Alzossi il canto: il Re sopra lo scudo

Si posò di Tremmòr. Sopra le ciglia

Scesegli il sonnoe ne’ suoi sogni alzarsi

Le sue future bellicose imprese.

Dormegli intorno l'oste sua; Fillano

Sta spiando il nemico; ei volge i passi

Verso il colle lontano; e tratto tratto

S'ascolta il suono del percosso scudo.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

104

CANTO II

ARGOMENTO. Ossian addolorato per la morte di suo figlio Oscarsi ritira solonella notte sul colle di Mora per

sfogare la sua tristezza. Udito il rumore dell'armata di Cathmors'accostaal luogo ove Fillano faceva la guardia.

Colloquio dei due fratelli. Ossian riferisce la storia di Conarfiglio diTremmorprimo re d'Irlandae le guerre colla

colonia de' Britanni già stabiliti in quell'isola. Cathmor ch'era in marciaper sorprender l'armata de' Caledonj

accortosi da una fiamma accesa sul monte da Ossianche i nemici erano destidesiste dal suo disegno; e sgrida

Foldath che l'avea consig1iato. Canto di Fonarrebardo di Cathmorin cuivien riferita la storia di Crothar uno degli

antenati di quel principe; la prima origine delle guerre tra i Caledonj e iBritanni passati in Irlanda; e la ragione delle

pretese della famiglla di Atha al trono di quel regno. Mentre gl'Irlandesivanno a riposareCathmor che aveva

intrapresa la guardia del camposi scontra con Ossian. Nobile conversazionede' due campioni. Cathmor ottiene da

Ossian che sia cantata una canzone funebre sopra la tomba di Cairbar. Ossiandopo essersi separato da Cathmor si

imbatte in Carilo. Inno di questo al sole.

Padre d'eroiTremmòrscendi sull'ale

Dei vorticosi venti ov'hai soggiorno

Là dove il forte rotolar del tuono

Di sue fosco–vermiglie orride strisce

Segna le falde di turbate nubi.

Vienio padre d'eroivientenee schiudi

Le tempestose tue sale sonanti;

E teco a schiere dei cantori antichi

Vengano l'ombree dolci aerei canti

Traggan dall'indistinte armoniche arpe.

Non abitante di nebbiosa valle

Non cacciator che sconosciuto imbelle

Lungo il rivo natio lento s'affida

Oscarre al carro natoOscàr sen viene

Dal campo della fama. O figlio mio

Quanto diverso or sei da quel che fosti

Sull'oscuro Moilena! in le sue falde

Già t'avviluppa il nemboe seco a volo

Forte fischiando per lo ciel ti porta.

Ah figlio miovedi tuo padre? il vedi

Che per la notte erra di poggio in poggio

Sospirando per te? Dormon da lungi

Gli altri guerrierche non perdero un figlio.

Ma perdeste un eroeduci possenti

Delle morvenie guerre. E chi nel campo

Pareggiavasi a luiquando la pugna

Contro il suo fianco si volveaqual nera

Massa d'onde affollate? Ossian che pensi?

A che quest'atra nuvola di doglia

Sopra l'alma ti sta? presso è il periglio.

Un foco esser degg'io: stringeci Erina

E solo è il Re. Nopadre mio: fintanto

Che l'asta io reggerònon sarai solo.

M'alzai d'arme sonantee alla notturna

Aura porsi l'orecchioa udire intento

Lo scudo di Fillan: ma suon di scudo

Qui non s'intende; io pel garzon tremai.

Ah scendesse il nemico! e soverchiasse

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

105

Il ben–crinito battagliero! alfine

Udissi un sordo mormorio da lungi

Quasi rumor del Legoallor che l'onde

Irrigidite nei giorni del verno

Si rapprendono in ghiaccioe alternamente

Screpola e stride la gelata crosta:

Risguarda al cielo il popolo di Lara

E tempesta predice. I passi miei

Sul poggio s'avanzar: l'asta di Oscarre

Mi splendea nella man; rossicce stelle

Guardavano dall'alto. Alla lor luce

Vidi Fillan che tacito pendea

Dalla rupe di Mora: ei del nemico

Sentì la mossa romorosae gioja

Nel cor gli si destò; ma de’ miei passi

Odesi a tergo il calpestio; si volge

Sollevando la lancia. E tu chi sei

Figlio di notte? in pace vieni? o cerchi

Scontrare il mio furor? miei di Fingallo

Sono i nemici: o tu favellao temi

L'acciaro mio: non son qui fermo invano

Della stirpe di Selma immoto scudo.

E non avvenga mai che invanrisposi

Fermo in guerra tu stiavivace figlio

Dell'occhi–azzurra Clato: ad esser solo

Fingal comincia; oscurità si sparge

Sugli estremi suoi dì: ma pure ha seco

Due figli ancor che splenderanno in guerra.

A rischiarar di sua partenza i passi

Due rai questi esser denno. O sir dei canti

Il garzon ripigliòpoco è che appresi

A sollevar la lanciae pochi ancora

Nel campo son della mia spada i segni:

Ma una vampa è 'l mio cor: presso lo scudo

Dell'eccelso Catmòrdi Bolga i duci

Vansi accogliendoe tu veder gli puoi

Su quel poggio colà. Che far degg'io?

Tornar forse a Fingallo? oppure all'oste

De’ nemici appressarmi? Ossiantu 'l sai

Nella corsa di Cona altrui non cessi

Che ad Oscar tuo. – Che mi rammenti Oscarre?

No no Fillannon t'appressarpaventa

Di non caderanzi che metta i vanni

La fama tua. Noto son io nel canto

E accorro allor ch'è d'uopo: io le raccolte

A vegliar mi starò turbe nemiche.

Ma tu taci d'Oscarre: a che risvegli

Il sospiro d'un padre? infin che 'l nembo

Di guerra non passòscordarmi io deggio

Del diletto guerriero: ov'è periglio

Non ha luogo tristezzae mal sull'occhio

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

106

Di verace guerrier lagrima siede.

Così gli estinti valorosi figli

I nostri padri tra 'l fragor dell'armi

Dimenticar solean; ma poi che pace

Tornava alla lor terraallor tristezza

Allor dei vati il doloroso canto

Circondava le tombe. Era Conarte

A Tràtalo fratelprimo fra i duci.

Portava di sua spada i monumenti

Ogni spiaggiaogni costa; e mille rivi

Misto volvean de’ suoi nemici il sangue.

La fama suacome piacevol aura

Empiè la verde Erina: il popol tutto

In Ullina adunossie benedisse

L'eletto rere della stirpe eccelsa

De’ padri suoiche la natia dei cervi

Terra lasciò per arrecargli aita.

Ma dentro il bujo d'alterezza involti

Stavan d'Alnecma i ducie gìan mescendo

Voci interrotte di dispetto e d'ira

Giù nel cupo di Mumaorrido speco

Ove dei padri lor le tenebrose

Burbere forme s'affacciavan spesso

Agli spiragli dei spaccati massi

Rimembrando ai lor figli iratamente

L'onor di Bolga calpestato e offeso.

Come? Conarte regnerà? Conarte

Di Morven figlio? uno stranier su noi?

No non fia vero. Essi sboccar col rugghio

Di lor cento tribùtorrenti in piena.

Ma fu rupe Conarte: infranta e doma

Dal fianco suo ne rimbalzò la possa.

Pur tante volte ritornàrche alfine

Cadder d'Ullina i figli. Il Re si stette

Sopra le tombe de’ suoi duci assiso

E declinava dolorosamente

L'oscura faccia: in sè stesso ravvolto

Era lo spirto suo; gli estinti amici

Seguir prefissee già segnato avea

Il luogo della morte e della tomba.

Quando Tràtalo venneil re possente

Di Morven nubilosae non già solo:

Colgarre era con luiColgarre il figlio

Di Solincorma biancicante il seno

E dell'invitto Re. Non con più forza

Tutto vestito di meteore ardenti

Dalle sale del turbine e del tuono

Scende Tremmorree dal focoso seno

Sopra il turbato mar sgorga tempesta:

Di quella onde Colgarre alla battaglia

Venne fremendoe fea scempio del campo.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

107

Occhio di gioja rivolgeva il padre

Sui fatti dell'eroe: ma che? di furto

Venne una frecciae 'l suo gioir recise.

Cadde Colgarre: gli si alzò la tomba

Nè una lagrima uscì: sanguee non pianto

Il Re versò per vendicare il figlio.

Fuggì Bolga dispersae mesta pace

Tornò su i colli: i suoi cerulei flutti

Ricondussero il Duce al patrio regno.

Allor la dolorosa rimembranza

Del figlio estinto gli piombò sul core

Con maggior possalagrime sgorgaro

Dalle paterne impietosite luci.

Nello speco di Furmo il Re del figlio

Pose la spadaonde il diletto eroe

S'allegrasse in mirarlae sullo speco

I dolenti cantor con alte grida

Al suo terren natio chiamar tre volte

L'anima di Colgàr; tre volte udilli

Lo spirto errantee tre porse la testa

Fuor di sua nebbiae a quel chiamar rispose.

Colgardisse FillanColgar felice!

Tu fosti rinomato in gioventude.

Ma non per anco il Re vide il mio brando

Errar pel campo in luminose strisce.

Misero! con la folla inonorato

Esco alla pugnae inonorato e misto

Pur tra la folla alla magion ritorno.

Ma il nemico s'appressa. Osservaascolta

Ossianche romorio! non sembra il tuono

Del terren fra le viscere ristretto

Alle cui scosse traballando i monti

Si rovescian sul dorso i boschi ombrosi?

Volsimi in fretta: sollevai nell'alto

La fiamma d'una querciae la dispersi

Sopra il vento di Mora. A mezzo il corso

Arrestossi Catmòrre. In tale aspetto

Rupe vid'iosopra i cui fianchi il nembo

Sbatte le pennee i suoi correnti rivi

Con nodi aspri di gelo afferra e stringe.

Cotal si stette rilucenteimmoto

L'amico dei stranieri; il vento ergea

La pesante sua chioma. O duce d'Ata

Della stirpe d'Erinaal voltoal braccio

Il più possente ed il maggior tu sei.

Primo tra' miei cantordiss'eiFonarre

Chiamami i duci mieichiama Cormiro

L'igni–crinitol'accigliato Malto

E 'l torvo obliquamente riguardante

Buio di Maronanvengami inanzi

L'orgoglio di Foldanoe di Turloste

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

108

L'occhio rosso–rotantee venga Idalla

La cui voce in periglio è suon di pioggia

Ristoratrice d'appassita valle.

Disse; nè quei tardar: curvi e protesi

Stavan costoro alla sua voceappunto

Qual se uno spirto de’ lor padri estinti

Parlasse lor tra le notturne nubi.

Terribilmente strepitavan l'arme

Sul petto ai ducie di lor arme uscia

Vampa feral: così talor vampeggia

Il torrente di Brumo a' rai riflessi

D'infocati vapori; in suo viaggio

Notturno peregrin trema e s'arresta

E i rai più puri del mattin sospira.

Foldandisse Catmòrreond'è che tanto

Versar di notte de’ nemici il sangue

Sempre dunque t'aggrada? a' rai del giorno

Manca forse il tuo braccio? abbiamo a fronte

Pochi nemici: e fra notturna nebbia

Avviluppar dovremci? amano i prodi

Per testimon di lor prodezze il Sole.

Ma cheduce di Moma? il tuo consiglio

E` già vano per sè: Morven non dorme;

E gli aquilini suoi vigili sguardi

Non si parton da noi. Di loro squadre

Tutto s'accolga la rugghiante possa;

Domani io moverò; doman di Bolga

Contro i nemici andrò. Chiede vendetta

Degna di me di Bombarduto il figlio

Già possenteora basso. Inosservati

Foldan risposealla tua stirpe innanzi

Giammai non fur della mia forza i passi.

Di Cairba i nemici a' rai del giorno

Spesso incontraispesso respinsie 'l duce

Di lodi al braccio mio parco non era:

Or la sua pietra inonoratae senza

Stilla di pianto s'alzerà? nè canti

Sulla tomba s'udran del re d'Erina?

E allegrarsene ancora impunemente

Dovran costoro? ah non fia vero: a lungo

No non s'allegreran. Fu di Foldano

Cairba amico: e noi mescemmo insieme

Colà nel tenebroso antro di Moma

Parole d'amistà; mentre tu ancora

Fanciulletto inesperto ivi pel campo

Capi mietendo di velluti cardi.

Io coi figli di Momaio spingerommi

Là su quei colli; io sonnacchiosa o desta

Morven disperderò. Cadrai Fingallo

Grigio–crinito regnator di Selma;

Nè onor di piantonè di canto avrai.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

109

Fiacco e basso guerrierCatmòr soggiunse

Che parli tu? puoi tu pensarpuoi dunque

Pensar tu maiche di sua fama ignudo

Cader possa l'eroe? che sulla tomba

Dell'eccelso Fingal tacciano i vati?

Scoppieria dalla terra e dalle pietre

Spontaneo il cantoe 'l seguiria su i nembi.

Sai tu quando avverràche canti e lodi

Scordi il cantor? quando cadrà Foldano.

Troppo scuro se’ tuduce di Moma

Troppo sei truceancor ch'entro le pugne

Il braccio tuo fia turbine e tempesta.

Che? bench'io di furor pompa non faccia

Forse scordai nella magion ristretta

D'Erina il re? non e’ con lui sepolto

L'amor mio pel fratello: allor che ad Ata

Tornar solea con la mia famaio vidi

Sulla sua crespa annuvolata fronte

Errar sovente di letizia un raggio.

Ciascuno a cotai detti a' proprj seggi

Si ritirò con garrulo bisbiglio;

E a lor vario aggirarsi alle notturne

Stellescorrea su per li scudi e gli elmi

Luce cangiante e fievolequal suole

Riverberar da uno scoglio golfo

Che l'aura per la notte increspa e lambe.

Sedea sotto una quercia il duce d'Ata;

Pendea dall'alto il suo rotondo scudo.

Dietro sedeaglie s'appoggiava a un masso

Lo stranier d'Inisunail gentil raggio

Dall'ondeggiante crinche di Catmòrre

Venne sull'ormee fe’ pel mar tragitto

Lumon lasciando ai cavrioli e ai cervi.

Non lunge udiasi tintinnir la voce

Del buon Fonàrsacra all'antiche imprese;

E tratto tratto si sperdeva il canto

per lo crescente gorgoglio del Luba.

Crotarreei cominciòsull'Ata ondoso

Primo fermossi: cento querce e cento

Lasciar più monti di sè stesse ignudi

Per fabbricar le risonanti sale

De’ suoi convitiove il suo popol tutto

S'accoglieva festoso. E chi tra i duci

Era in forza o bellezza a te simile

Maestoso Crotarre? al tuo cospetto

Di repentina bellicosa fiamma

S'accendeano i guerrierie uscìa dal seno

Delle donzelle il giovenil sospiro

Della stirpe di Bolga: al capo eccelso

Feste feansi ed onori; e Alnecma erbosa

D'un ospite sì grande iva superba.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

110

Le fere in caccia di seguir vaghezza

Trasselo un dì sino alla verde Ullina

Sul giogo di Drumardo. Iva pel bosco

Conlama bella dall'azzurro sguardo

Conlama figlia di Casmino: il duce

Adocchiòsospirò: s'arresta incerta

Di rossordi desìo; vorria scoprirsi

Nascondersi vorrebbe; or mostraor cela

La sua faccia gentil tra rivo e rivo

Dell'ondeggiante crin. Scese la notte

E la luna dal ciel vide il frequente

Alitar del suo pettoe delle braccia

L'inquieto agitar; che 'l nobil duce

Era il dolce pensier de’ sogni suoi.

Tre dì Crotarre con Casmino insieme

Stettersi a festeggiar: nel quarto andaro

Nel bosco a risvegliar cervetti e damme.

Conlama coll'amabili sue grazie

V'andò pur essa: in un augusto passo

In Crotàrs'abbattè; caddele a un tratto

L'arco di man; volse la facciae mezzo

Tra 'l folto crin l'ascose. Arse Crotarre

E senza più la verginella ad Ata

Tutta tremante seco trasse: i vati

Venner coll'arpe ad incontrarli: e gioja

Per la bella d'Ullina errava intorno.

Ma divampò di furibondo orgoglio

Turloco altier della donzella amante.

Venne ad Alnecmae con armate squadre

Contro ad Ata si volse. Uscì Cormulte

Il fratel di Crotarre; uscìma cadde;

Il suo popol ne pianse. Allor si mosse

In maestoso e taciturno aspetto

La di Crotarre intenebrata forza:

Ei disperse i nemicie alla sua sposa

Tornò letizia a serenar lo spirto.

Ma pugna a pugna sopraggiunsee sangue

Sopra sangue sgorgò. Tutto era il campo

Tombe d'eroi; tutte le nubi intorno

Pregne d'ombre pendean di duci ancisi.

Non avea Alnecma altro riparo o schermo

Che di Crotar lo scudoe d'esso all'ombra

Tutto si strinse: ei de’ nemici al corso

Sè stesso opposee non invan: d'Ullina

Pianser le desolate verginelle

Lungo il rivo natio: volgeano il guardo

Sospirando ai lor collie giù dai colli

Non scendea cacciator: silenzio e lutto

Possedea la lor terrae udiansi i nembi

Soli fischiar per le deserte tombe.

Ma qual presaga di tempeste e venti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

111

Aquila rapidissima del cielo

Move a sfidarlie ne rattien la foga

Con le sue poderose ale sonanti;

Tal mosse alfin dalle morvenie selve

Il figlio di Tremmòrbraccio di morte

Conarte il valoroso. Ei lungo Erina

La sua possa sgorgò: dietro il suo brando

Distruzion correa: di Bolga i figli

Fuggir da luiqual da torrente alpino;

Che pel deserto rimugghiando scoppia

Da sfracellati massie boschi e campi

Seco avviluppa in vorticosi gorghi

Irreparabilmentee via si porta.

Crotarre accorse: ma d'Alnecma i duci

Fuggir di nuovo. Il re tacito e lento

Si ritrasse in sua doglia. Ei poscia in Ata

Splendette ancorma d'una torba luce

Come d'autunno il Sol qualora ei move

Nella sua veste squallida di nebbia

A visitar di Lara i foschi rivi;

Goccia d'infetto umor l'appassita erba

E benchè luminosoil campo è mesto.

Malaccorto cantorperchè risvegli

Alla presenza mia la rimembranza

Di chi fuggì? disse Catmòr: s'è forse

Dall'oscure sue nuvole qualch'ombra

Fatta agli orecchi tuoiperchè tu tenti

Di sgomentarmi con novelle antiche?

Abitatori di notturna nebbia

Voi lo sperate indarno: a questo spirto

Non è la vostra voce altro che un vento

Atto solo a crollar mal ferme cime

D'ispidi cardie seminarne il suolo.

Altra voce mi suona in mezzo al petto

Nè l'ode altri che me; questa di mille

Guerre e perigli a fronteal re d'Erina

Di fuggir vietaove l'onor l'appella.

Ammutissi il cantoree lento lento

S'acquattò nella nottee non rattenne

Qualche cadente lagrimamembrando

Con quanta gioja in altri giorni il duce

Porgeva orecchio al suo canto gradito.

Già dorme Erina; ma non scende il sonno

Sugli occhi di Catmòr; vid'ei lo spirto

Dell'oscuro Cairba errar ramingo

Di nembo in nembodel funebre canto

Sospirando l'onor. S'alzò Catmòrre;

E scorsa intorno l'oste suapercosse

L'echeggiante suo scudo. Il suon sul Mora

L'orecchio mi ferì. Fillanoio dissi

Il nemico s'avanza; io sento il picchio

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

112

Dello scudo di guerra: in quell'angusto

Passo tu statti; ad esplorar d'Erina

Le mosse io me n'andrò: se pur soccombo

Se 'l nemico prorompeallor percoti

Lo scudo tuo; risveglia il Reche a sorte

La sua fama non cessi. Io m'avviai

Baldanzoso nell'armeun rio varcando

Che pel campo serpeadinanzi i passi

Del signor d'Atae dall'opposta parte

Della verd'Ata il sir fecesi incontro

Ai passi miei con sollevata lancia.

Noi già già ci saremmo in tenebrosa

Orrida zuffa avviluppati e misti

Quasi due spirtiche protesi e curvi

Da due caliginose opposte nubi

S'avventano nel sen nembi e procelle:

S'Ossian non iscorgea brillar nell'alto

Il lucid'elmo del signor d'Erina.

Sventolavano all'aura alteramente

Le spaziose sue penne aquiline

In sul cimieroe una rossiccia stella

Sfolgorar si scorgea tra piuma e piuma.

Io rattenni la lancia. Oh! dissia fronte

Stammi l'elmo dei re. Chi sei? rispondi

O figlio della notte; e s'egli accade

Ch'io t'abbatta sul suolsarà famosa

D'Ossian la lancia? A questo nome il duce

Lasciò l'asta cader. L'alta sua forma

Fessi maggior: stese la destrae disse

Le parole dei re: nobile amico

Dei spirti degli eroidegg'io fra l'ombre

Incontrarti così? Spesso nei giorni

Delle mie feste io desiai sull'Ata

I passi tuoi di maestà ripieni

E 'l tuo spirto gentile: ed or la lancia

Deggio alzar contro te? Splendesse almeno

E risguardasse i nostri fatti il Sole

S'è’ pur forza pugnar. Futuri duci

Segneran questo luogoe andran pensando

Con tremito segreto agli anni antichi.

L'additerancome s'addita il luogo

Ove l'ombre dei morti hanno soggiorno

Che piacevol terrore all'alma inspira.

Che? rispos'iodimenticanza forse

Se noi scontriamci in amistade e in pace

Ci coprirà? forse è piacevol sempre

La memoria di stragi e di battaglie

Alle nostr'alme? e non ci assal tristezza

In rimirar delle paterne pugne

Gli orridi campi insanguinati; e gli occhi

Non s'impregnan di pianto? ove con senso

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

113

Di lieta gioja a risguardar si torna

Le sale in cui tra lor festosi un tempo

Fer di conca ospital cortese invito.

Parlerà questa pietra ai dì futuri

Col crescente suo muscoe dirà: quivi

Catmòrre ed Ossian ragionaro in pace;

Generosi nemicie guerrieri prodi.

Pietraè vertu cadrai; verrà 'l torrente

Di Lubae seco ti trarrà; ma forse

Lo stanco peregrin su questo colle

Addormirassi in placido riposo.

E quando poi l'intenebrata luna

Roterà sul suo capoallor frammiste

Le nostre ombre famose ai sogni suoi

Entro il suo spirto desteran l'imago

Di questo locoe questa notte istessa.

Ma perchè tacie ti rivolgi altrove

Figlio di Borbarduto? Ossiandiss'egli

Non obliati ce n'andrem sotterra;

Saran fonti di luce i nostri fatti

Agli occhi dei cantori; ma intanto in Ata

S'aggira oscurità: senza il suo canto

Giace il signor d'Erina. Era il suo spirto

Torbido e tempestosoè ver; ma pure

Raggio di fratellevole amistade

N'uscia verso Catmòrquasi da nembi

Affocati dal tuonraggio di Luna.

Catmòrreio ripigliaid'Ossian lo sdegno

Non alberga sotterrae via sen fugge

Il mio rancor sovra aquiline penne

Da nemico giacente. Avrà Cairba

Il suo cantol'avrà; datti conforto

Ducela cura e’ mia. S'alzòs'espanse

L'anima dell'eroetrasse dal fianco

Il suo pugnale; isfavillante il pose

Nella mia manfiso mirommie muto

Sospirando partì. Gli sguardi miei

Lo seguitar: ma quei di fosca luce

Scintillante svanìqual notturna ombra

Che a peregrin s'affacciaindi del giorno

Sul primo albor con mormorio confuso

Si ricovra tra i nembi: egli la guata

Ma più e più la non compiuta forma

Impiccioliscee si dilegua in vento.

Ma chi è quelche dalle falde uscendo

Di nebbia del mattinvien dall'erbosa

Valle di Luba? gocciagli la chioma

Delle stille del ciel; vanno i suoi passi

Pel sentier dei dolenti. Ah lo ravviso;

Carilo è questiil buon cantore antico.

Vien dall'antro di Tura: ecco lì l'antro

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

114

Nella rupe scavato. Ivi fors'anco

Riposa Cucullinsul nembo assiso

Che degli alberi suoi curva le cime.

Udiam: che dolce il mattutino canto

Sta sulle labbra del cantor d'Erina.

Che scompiglio è sul mar? veggo affollarsi

L'onde tremantiimpauriteo Sole

All'appressar de’ tuoi splendidi passi.

Sole del cielquanto è terribil mai

La tua beltàquando vapor sanguigni

Sgorghi sul suolquando la morte oscura

Sta ne’ tuoi crini raggruppata e attorta!

Ma come dolce è maicome gentile

Tua viva luce al cacciator che stassi

Dopo tempesta in sul suo poggio assiso

Mentre tu fuor d'una spezzata nube

Mostri la bella facciae obliquamente

Van percotendo i tuoi gajetti rai

Sul suo crin rugiadoso: egli alla valle

Rivolge il guardoe con piacer rimira

Rapido il cavriol scender dal monte.

Ma dimmio Solesino a quanto ancora

Vorrai tu rischiarar battaglie e stragi

Con la tua luce? e sino a quanto andrai

Rotando per lo cielsanguigno scudo?

Veggio morti d'eroi per la tua fronte

Spaziar tenebrosee ricoprirti

La chiara faccia di lugubre velo.

Cariloa che vaneggi? al Sole aggiunge

Forse tristezza? Inviolato e puro

Sempre è 'l suo corsoed ei pomposo esulta

Nel rotante suo foco: esulta e rota

Secura lampa: ah tu fors'anche un giorno

Spegner ti puoi: caliginosa veste

Di rappreso vapor puote allacciarti

Stretto cosìche ti dibatta indarno

Ed orbo lasci e desolato il cielo.

Siccome pioggia del mattinche lenta

Scende soavemente in valle erbosa

Mentre pian pian la diradata nebbia

Lascia libero il varco al nuovo Sole

Tale all'anima mia scende il tuo canto

Carilo amico. Ma di far co' versi

Leggiadra gara sull'erbetta assisi

Tempo questo non è: Fingallo è in arme;

Vedi lo scudo fiammeggiantevedi

Come s'offusca nell'aspetto: intorno

Già tutta Erina gli si volve; or odi:

Quella tomba colà dietro quel rivo

Non la ravvisio Carilo? tre pietre

V'ergono il bigio capoe vi sta sopra

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

115

Fiaccata quercia: inonorato e basso

Vi giace un re: tu n'accomanda al vento

L'ombra negletta: è di Catmòr fratello.

Schiudigli tu l'aeree salee scorra

Per lo tuo canto luminoso rivo

Che l'oscura alma di Cairba irraggi.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

116

CANTO III

ARGOMENTO: Essendo giunta la mattinaFingal dopo una parlata al suo popoloconferisce il comando delle sue

genati a Gauloed egli assieme con Ossian si ritira sul giogo di Cormulchedominava il campo di battaglia. Cathmor

dal suo canto fa lo stessoe affida le schiere irlandesi a Foldath. Canzonimilitari dei bardi. Prodezze dei due capitani

da diverse parti. Essendo Gaulo ferito da una frecciae stando sul puntod'esser attaccato da Foldathsopraggiunge

Filiano a rinfrancar l’esercito caledonioe fa prodigi di valore.Appressandosi la notteFingal richiama l'armata

vittoriosa. Altre canzoni gratulatorie dei bardi. Fingal accortosi che fra'suoi guerrieri mancava Conalucciso da

Foldathfa che Ossian rammemori le sue lodi; indi manda Carilo ad inalzarglila tomba. L'azione di questo canto

occupa il secondo giorno dall'apertura del poema.

Chi è quel grande là presso il pendente

Colle de’ cervidell'ondoso Luba

Lungo il corso ceruleo? annosa pianta

Isbarbicata da notturni venti

Gli fa sostegnoed ei sovrasta altero.

Quel grande e chi sarà? tu seipossente

Progenie di Comàlche già t'appresti

L'ultimo ad illustrar de’ campi tuoi:

Sferzagli il vento il crin canuto: ei mezzo

Snuda l'acciar di Luno; ha volto il guardo

Verso Moilenaonde l'armata Erina

Movea fremendo alla battaglia. Ascolta

Del Re la voceella somiglia a suono

D'alpestre rio. Scende il nemicoei grida

Sorgete o voi delle Morvenie selve

Possenti abitatorie ad incontrarlo

Siatemi scogli del terren natio

Per li cui fianchi romoroso indarno

Volvesi il flutto. Ah di letizia un raggio

Scendemi all'alma; è poderosa Erina.

Quando è fiacco il nemicoallor si sente

Di Fiangallo il sospirche morte allora

Coglier potriami inonoratae buio

Ne involveria la taciturna tomba:

Ma chi fra' duci miei l'oste d'Alnecma

Farassi ad incontrar? se pria non giunge

All'estremo il periglioil brando mio

Di sfavillar non ama. A' prischi tempi

Tal costume era il tuoTremmorre invitto

Correggitor de’ ventie tal movea

Tràtalo il forte dal ceruleo scudo.

Ciascun dei duci a quel parlar pendea

Dal regio voltoe si scorgea negli atti

Misto a dubbiezza palpitar desio.

Ciascun tra labbro e labbro in tronche voci

Rammenta i propri fattie alterna il guardo

Ad Erinaa Fingàl: ma innanzi agli altri

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

117

Stavasi Gaulo non curante e muto.

Solo ei taceachè a chi di Gaulo ignote

Eran l'imprese? Esse al suo spirto innanzi

Tutte schierarsie la sua man di furto

Involontaria ricorreva al brando

Brando che in lui trovòpoichè la possa

Mancò di Mornisuccessor ben degno.

Ma d'altra parte crini–sparsoe chino

Sulla sua lancia addolorato in vista

Stava il figlio di Clato: egli tre volte

Alzò gli occhi a Fingàl; tre su le labbra

Mentre parlavagli spirò la voce.

Che dir potea? vantar battaglie e guerre

Giovinetto non può; partissi a un tratto

Lungo un rio si prosteseaveva il ciglio

Pregno di piantoe dispettosamente

Con la riversa lancia iva mietendo

Gl'ispidi cardi: l'adocchiò Fingallo

Che seguitollo il suo furtivo sguardo.

Videloe di letizia il sen paterno

Rimescolossitacito si volse

Inverso il Morae fra i canuti crini

La mal sospesa lagrima nascose.

Alfin s'udì la regal voce: o primo

Della stirpe di Morniimmoto scoglio

Sfidator di tempestea te la pugna

A prò del sangue di Cormano affido.

Non è la lancia tua verghetta imbelle

In fanciullesca mannè la tua spada

Scherzosa striscia di notturna luce.

Figlio d'egregio padreecco il nemico;

Guardaloe struggi. E tu Fillan m'ascolta:

Mira del duce la condotta; in campo

Lento o fiacco non è; ma non s'accende

Di sconsigliato ardor: guardaloo figlio;

Egli del Luba nella possa adegua

La correntìa; ma non ispuma o mugge.

Del Mora intanto nebuloso in vetta

Starommi a risguardarvi. Ossian del padre

Tu statti al fianco; e voi cantorialzate

Il bellicoso carme; al vostro suono

Morven scenda a pugnar: l'ultimo è questo

De’ campi miei: d'inusitata luce

La vostra man lo mi rivestao prodi.

Qual subitano fremito a sentirsi

Di vento sollevantesio lontano

Mareggiar di turbate ondeche oscura

Crucciosa ombra sommovee ne le sbalza

Isola a ricoprirche da molt'anni

Fu cupo seggio di stagnante nebbia;

Tale è 'l suon dell'esercito ondeggiante

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

118

Che sul campo stendeasi. A tutto innanzi

Gaulo grandeggia: or quel ruscelloor questo

Tra' suoi passi zampilla: alzano i vati

Guerresche note: dello scudo accorda

Gaulo a quel suono il suon; strisciando i canti

Per le del vento sinuose penne.

I

"Là sul Crona un rivo sbocca;

Di notte ingrossae sul mattin trabocca.

Allor sè stesso incalza

Di balza in balza

E spuma e strepita

E massi sgretola

E piante sbarbica;

La morte rotola

Nell'onda che tuona

Fra tronchi e sassi:

Lungi dal Crona

Lungi i miei passi;

Non sia chi d'appressarlo a me consigli.

Di Morven figli

Siate in la vostra possa

Come l'onda del Crona allor che ingrossa".

II

"Ma sul carro fiammeggiante

Là dal Cluta ondisonante

E chi mai sì fero appar?

Al suo aspetto turbarsicrollarsi

Veggo i fonti

Veggo i monti;

E il bosco

Rosso–fosco

Al suo brando vampeggiar.

Guardatelo

Miratelo

Come s'alzacome s'avventa!

E 'l nemico turba e sgomenta!

Sarebbe questa mai l'ombra di Colgaco

Nubi–disperditor?

Dimmisarestù mai Colgaco indomito

Nembi–cavalcator?

Nonoche Morni è questo

Mornisir dei destrieri. O Gauloil padre

Guarda la tua battaglia;

Gaulo non tralignar; tuo padre uguaglia".

III

"Già Selma si schiude

Già s'alzano i canti

Già l'arpe tremanti

Si sente toccar.

Di snelli garzoni

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

119

Drappello giulivo

Il tronco festivo

Già gode portar.

Di gioja foriera

Piacevole auretta

Lusinga l'erbetta

Con dolce sospir.

E l'ultimo raggio

Del Sole che cede

Già partegià riede

Al nostro gioir.

Ecco carco di fama

Ritorna il Re: ma perchè muta o Selma?

Perchè guati così? Selma t'intendo:

Non muggì la battaglia? or come il ciglio

Così di pace ha pieno?

Guerra venneei tonò; sparveè sereno.

Fillan vivace

Tuo padre in campo

Veggati un lampo- e un vago raggio in pace."

Morven s'avanza a questo suono: un campo

Vedi di lance fluttuar sospeso

Come d'autunno al variabil vento

Campo di giunchi. Il Re s'ergea sul Mora

Cinto dell'armi sue: cerulea nebbia

Facea corona al suo rotondo scudo

Ad un ramo sospeso. Al regio fianco

Muto io mi stavaed avea fermo il volto

Sopra il bosco di Cromlaonde lo sguardo

Non mi scappasse alla battagliaed io

Mi vi slanciassi nel bollor dell'alma

Che di desio mi si gonfiava in petto.

Proteso ho un pièsospeso l'altroe d'alto

Splendea d'acciar: tale il ruscel di Tormo

Mentre sta per cadernotturni venti

L'inceppano di ghiaccio: il fanciulletto

Lustrar lo scorge al mattutino raggio

Qual già solea; tende l'orecchio; ohdice

Come sta così muto? e pensae guata.

Nè lungo un rivo neghittoso e lento

Sedea Catmòrqual giovinetto imbelle

In pacifico campo: onda contr'onda

Torbida e grossa ei sospingea di guerra.

Vide Fingal sul Morae in lui destossi

Generosa alterezza. E 'l duce d'Ata

Combatteràquando a pugnar non scende

Di Selma il re? Va vaFoldanconduci

Il popol mio; folgor se’ tu. Si slancia

Il sir di Momasomigliante a nube

Veste di spettried abbrancò la spada

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

120

Bellicoso vapor: le mosse e i cenni

Diè della pugna: le tribùquai solchi

D'onde ammontateriversar con gioja

La gorgogliante possa. Altero il duce

Primo impronta la via: sdegno si volve

Nel regio sguardo. A sè chiamò Cormulte

Di Dunrato signor; Cormulteei disse

Vedi tu quel sentier che obliquo serpe

Del nemico alle spalle? ivi nascondi

Le genti tueche dal mio brando irato

Morven non fugga: e voi cantoriudite:

Non sia tra voi chi per costor la voce

Osi di sollevar. Son di Cairba

Costor nemicie senza onor di canto

Debbon cadere: il peregrin sul Lena

Incontrerà la neghittosa nebbia

Ove affaldate le lor torbid'ombre

Marciran nell'oblionè fia che quindi

Ne le sviluppie le sollevi e scorga

Aura di canto alle ventose sale.

Mosse Cormulte intenebratoil segue

Muta la squadra: rannicchiati e stretti

Dietro la rupe si calar: ma Gaulo

Gli codeggia coll'occhioe a Fillan volto

Tu vedi i passi di Cormulte; or vanne

Sia forte il braccio tuo: quand'egli è basso

Rammentati di Gaulo: io qui mi scaglio

Fra le file de’ scudi. Alzasi il segno

Spaventoso di guerrail feral suono

Dello scudo di Morni; a quel frammischia

Gaulo l'alta sua voce. Erto levossi

Fingal sul Morae d'ala in ala intorno

Vide sparsa la zuffa: a lui d'incontro

Lucida stava in sull'opposto giogo

La robustezza d'Ata: i duo gran duci

Pareano appunto (altera vista e bella)

Due luminosi spiriti del cielo

Ambo sedenti in tenebrosa nube

Quando dal grembo suo versano i venti

Scompigliator di rimugghianti mari:

Sotto i lor occhi s'accavalla e infrange

Fiotto con fiotto; mostruose moli

Scoppiano di balenee d'immensa orma

Stampan l'ondoso disugual sentiero.

Quelli nel suo chiaror sereni e grandi

Si risplendono a frontee l'aura addietro

Sventola i lunghi nebulosi crini.

M'inganno? o scorgo una focosa striscia

Perder nell'aere? e che sarà? di Morni

Il folgorante acciaro: armati ed arme

Tu affasci o Gaulo; ove tu volga il passo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

121

Pullula morte. Ahimè! Turlato cade

Qual giovinetta quercia incoronata

Di frondeggianti rami. In riva al Moro

Dorme la sposa ricolmetta il seno

Fra l'errante suo crin: dormema stende

ne’ sogni suoi le biancheggianti braccia

Al suo duce che vien: misera Oicòma!

Questa è l'ombra di lui; Turlato giace

Vane son tue lusinghe; è vano ai venti

Tender l'avido orecchio a corre il suono

Dell'echeggiante scudo: il suono è spento

Spento per sempre; il tuo diletto è un'ombra.

Nè già pacata di Foldan la destra

Pendea sul campo: per stragiper sangue

Volvesi; in lui Conàl si scontra; acciaro

Con acciar si frammischia. Ah! con quest'occhi

Degg'io vederlo? o mio Conalson bianchi

I crini tuoi: te de’ stranieri amico

Membra Dunlora tuamembra la rupe

Ricoperta di musco: allor che il cielo

Rotolava i suoi veliil tuo convito

Largo spandeasi; e 'l peregrin assiso

Presso l'accesa querciaudia tranquillo

Romoreggiar per la foresta il vento.

Ma canuto se’ tupossente figlio

Di Ducaro possente; ah perchè nuoti

Nel sangue tuo? sopra di te si curva

Sfrondata piantail tuo spezzato scudo

Giaceti appressoe al rio mescesi il sangue.

Ghermii la lanciae da furor sospinto

Scendea tal morte a vendicar: ma Gaulo

Mi pervenne ed accorse: i fiacchi a lato

Passangli illesi: sol di Moma il duce

Segno è dell'ira sua. Da lungi in alto

Cenno si fean le micidiali spade.

Acuto stral giunse di furtoe a Gaulo

Fere la mancade l'acciaro a terra

Forte sonando: il pro' garzon di Selma

Giunge anelante innanzi al Ducee a un punto

Ampio stesegli appiè sanguigno scudo

Lo scudo di Cormulte. Urlò Foldano

Al soccorso improvvisoe 'l feroce urlo

Tutto raccese il campo suoqual suole

Soffio di ventoche solleva e spande

Pel frondoso di Lumo arido bosco

Rapida spaziosa ala di fiamma.

Figlia di Clatoahdisse Gauloun raggio

Se’ tu del cielo; al balenar gentile

Spianasi il mar rimescolatoe ai nembi

Cadono vinte le rugghianti penne.

Giacque Cormulte a' piedi tuoiper tempo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

122

Raggiungi tu l'avita fama. O prode

Non ti spinger tropp'oltre; in tuo soccorso

Rizzar l'asta io non posso; inerme in campo

Restar degg'io; ma la mia voce almeno

Combatterà con te: Morven il suono

Ne ascolteràdi bellicosi fatti

Confortator. La poderosa voce

S'alzò nell'aereben diversa allora

Da quellaonde solea di Strumo in riva

Dar della caccia il segno. I guerrier suoi

Curvansi nella mischia; egli nel mezzo

Fermo e grande si staqual quercia annosa

Di tempesta accerchiata; in giù dai venti

Pende fiaccato un noderoso ramo:

Ella non curae radicata e vasta

Sbatte e soverchia coll'aerea cima

La nebbia che l'ingombraasilo e segno

Di meraviglia al cacciator pensoso.

Ma teFillansegue il mio coree calca

L'ampio sentier della tua fama: il campo

Falcia la destra tua: monti d'ancisi

Fanno inciampo al tuo piè. Foldanla notte

Scese a tempo in tuo pro: Lena si perde

Tra le sue nubi. Di Catmòrre il corno

La voce di Fingal suonaro a un punto.

Morven l'intesee con ansante foga

Sen corse al Mora strepitando: i vati

Quasi rugiada riversaro il canto

Raddolcitor di bellicosi affanni.

I

"Chi vien da Strumo a passo lento e tardo

Coll'ondeggiante crin?

Volge ad Erina sospirosa il guardo

Il bel guardo azzurrin.

Bella Evircòmae chi 'l tuo duce uguaglia?

Tema non turbi il sen.

Raggio di foco egli volò a battaglia

Raggio di luce ei vien.

Sol ch'egli alzi la spada

Forza è che senza scudo

Di schermo ignudo - ogni guerrier sen cada".

II

"Dolce letiziaqual piacevol aura

L'alma restaura - del gran Re possente:

Fervongli in mente - i fatti alti e leggiadri

D'avi e di padri - che son ombra e polve;

E dentro volve - dissipati e spersi

Popoli avversi- e le memorie amiche

D'imprese antiche; - ed ha fondata speme

Che di valore il seme

Per lui s'eterni; or chefermando il ciglio

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

123

Nell'onorato figlio

Vede de’ padri suoisiccome ei brama

Tutta avvivarsi e rinverdir la fama.

Come s'allegra il Sole in oriènte

Sopra un fecondo e vivido arboscello

In ch'ei col genial raggio possente

Sparse il vital vigor che lo fa bello:

Ei le fiorite chiome alteramente

Spiegadolce lusinga al venticello;

Cedon le minor piantee 'l cielo arride:

Così Fingallo al suo Fillan sorride".

III

"Quale il suono - del tuono sul monte

Quando al cielo s'offusca la fronte:

Tutto a Lara nel suo corso

Trema il dorso;

Tale il suono di Morven festosa

Romorosa

L'alma scote- l'orecchio percote

Di profondo - giocondo terror.

Tornan essi risonanti

Siccom'aquile rombanti

Che s'affrettano anelanti

Alle case frondeggianti;

Già del sangue ancor fumanti

Di cervetti saltellanti

Di capretti palpitanti

Che restar conquisi e infranti

Dall'artiglio sbranator.

Figli di Cona ondosaa risguardarvi

Di meraviglia gravi

Fuor degli aerei chiostri

Vengono i padri vostri- e vengon gli avi".

Tal fu dei vati la canzon notturna

Sopra il Mora de’ cervi. Alzasi un foco

Di cento querce rovesciate; in mezzo

Ferve il convito: vi fan cerchio intorno

I rilucenti eroi; fra lor Fingallo

Facile a ravvisarsi. Al mormorante

Soffio inegual d'occidentali venti

Fischiar s'udiano l'aquiline penne

Cimier dell'elmo; ei lungo tratto in giro

Volge alternando i taciturni sguardi.

Alfin parlò: Sente il mio cuore un vuoto

Nella nostra letiziae tra' miei fidi

Scorgo una breccia: d'una pianta altera

Bassa è la cima; urla tempesta in Selma.

Ov'è 'l sir di Dunlora? al mio convito

Obliarlo dovrò? Quand'egli ha mai

Straniero o peregrin posto in oblio

Al convitoalla festa? E pur si tace?

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

124

Ah! Conàl non è più: rivo di gioia

Ti scontrio duce; e rapida ti porti

Falda di vento alle paterne sale.

Ossianfacella è l'alma tua: n'accendi

La memoria del Re; sveglia le prime

Scintille di sua gloria. Era canuta

La chioma di Conallo: i suoi verd'anni

Frammischiarsi co' miei; nel giorno istesso

Ducaro primamente agli archi nostri

Pose le cordee a farne prova uscimmo

Contro i cervetti di Dunlora. Assai

Diss'ioConalloassai calcammo insieme

Sentier di guerrae ci mirar più volte

I verdi colli d'Inisfela e l'onde

Videro biancheggiar le nostre vele

Quando alla schiatta di Conarte aita

Recammo armati. Per Alnecma un tempo

Ruggìa battaglia appo Dutùla ondoso.

Dalle di Morven nebulose vette

Il buon Cormano a sostener discese

Ducaroe non già sol; la di Conallo

Lungo–crinita giovinezza a lato

Stavagli: il garzon prode allor la prima

Ergea delle sue lance; al re d'Erina

Porger soccorso era tuo cennoo padre.

Uscir con forte impetuosa piena

Di Bolga i figli: precedea Colculla

Il signor d'Ata; su la piaggia inonda

La marea della zuffa: ivi Cormano

Brillò di viva lucee de’ suoi padri

La fama non tradì: lungi dagli altri

Di Dulnora l'eroe fea strage e scempio

Del campo ostilee del paterno braccio

Seguia Conàl le sanguinose tracce.

Pur prevalse Ata: il popolo d'Ullina

Fuggì sperso qual nebbia: allora uniti

Di Ducaro e Conallo i forti acciari

Dier prove estreme di lor possee fersi

Quai due rupi di pini irte le fronti

Ai nemiciai compagni inciampo ed ombra.

Scese la notte: dalla piaggia i duci

Si ritrasser pensosi: un rivo alpestre

Al lor cammin s'attraversò; saltarlo

Ducaro non potea. Perchè s'arresta

Il padre mio? disse Conalloio sento

Il nemico che avanza: ah fuggio figlio

Disse l'eroela possa di tuo padre

Già vacillae vien meno: alta ferita

Toglie al piè la sua lena; infra quest'ombre

Lascia ch'io mi riposi. Oimè! qui solo

Non rimarrai tu giàConàl soggiunse

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

125

Con profondo sospird'aquila penna

Sarà 'l mio scudo a ricoprirti: ei mesto

Curvasi sopra il padre; invano; e’ morto.

Il dì spuntòtornò la notte; alcuno

Non apparia dei buon cantor solinghi

In lor profondo meditare avvolti

Per dar lode all'estinto: e che? potea

Conàl la tomba abbandonar del padre

Pria che l'onor della dovuta fama

Sciolto gli fosse? Di Dartùla i cervi

Egli ferì di trascurati colpi

E diffuse il convito: alcun non giunge.

Ei sette notti riposò la fronte

Sulla tomba di Ducaro: lo scorse

Avviluppato di nebbiose falde

Quasi vapor sopra il cannoso Lego.

Alfin venne ColgànColganoil vate

Dell'eccelsa Temòra; egli di fama

Sciolse l'omaggio al morto eroe; sul vento

Ducaro salsee sfavillonne: il figlio

Lieto si volse ad onorate imprese.

Dolce lusinga ad un regale orecchio

Verace suon di meritata lode

Disse Fingalquando è sicuro e forte

L'arco del ducee gli si stempra il core

Alla vista del mesto. In cotal guisa

Sia famoso il mio nomeallor che i vati

Co' vivi canti al dipartir dell'alma

Aleggeran la nebulosa via.

Carilo vannee coi cantori tuoi

Alza una tombaivi Conàl riposi

Nell'angusto abituro: ah non si lasci

Giacer pasto di nebbia alma di prode.

Manda la luna un deboletto lume

Sul boscoso Moilena; a' raggi suoi

A tutti i prodi che cader pugnando

S'ergan pietre funebri; ancor che un duce

Ciascun non fossepur robuste in guerra

Fur le lor destre; ne’ perigli miei

Essi furo il mio scoglioed essi il monte

Ond'io presi a spiegar d'aquila il volo.

Quindi chiaro son io. Cariloi bassi

Non si scordin da noi. Canto di tomba

Alzano i vati. Carilo precede;

Seguon quei gorgheggiando; e la lor voce

Rompe il silenzio delle basse valli

Che giacean mute co' lor poggi in grembo.

Intesi il lento degradar soave

Del canto dilungantesie ad un punto

L'anima isfavillò; balzai repente

Dal guancial dello scudoe dal mio petto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

126

Scoppiar rotteincomposteimpetuose

Note di canto. Ode così talvolta

Vecchia dal verno dischiomata pianta

Il sibilo gentil di primavera;

Odeloe si ravvivae si fa bella

Di giovinette spogliee scote al vento

Le rinverdite sue tremule cime.

Dolce ronzio di montanina pecchia

Errale intornoe al rinnovato aspetto

Dell'erma piaggiail cacciator sorride.

Stava in disparte il giovincel di Clato

Raggio di Selma; avea disciolto il crine

L'elmetto a terra scintillava. A lui

Del Re la voce si rivolseed egli

L'udì con gioia. O figlio miodel padre

Tue chiare gesta rallegraro il guardo.

Meco stesso diss'io: l'avita fama

Scoppia dalla sua nubee si riversa

Sul figlio mio: sei valoroso in guerra

Sangue di Clatoil pur dirò; ma troppo

Temerario t'avanzi: in cotal guisa

Non combatteo Fingalbenchè temenza

Fossegli ignoto nome. Alle tue spalle

Sienti le genti tue riparo e sponda.

Son esse il nerbo tuo. Così famoso

Sarai tu per lunghi annie de’ tuoi padri

Vedrai le tombe. E’ mi ricorda ancora

Quando dall'oceàn la prima volta

Scesi alla terra dall'erbose valli.

Io mi sedea... Noi ci curvammo allora

Ver la voce del Re: s'affaccia agli orli

Di sua nube la lunae si fa presso

La nebbiae l'ombre de’ nebbiosi alberghi

Già di vaghezza d'ascoltarlo accese.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

127

CANTO IV

ARGOMENTO:Continua la seconda notte. Fingal racconta al convito la sua primaspedizione in

Irlanda e il suo matrimonio con Roscranafiglia di Cormac. I duci irlandesisi radunano alla

presenza di Cathmor. Storia di Sulmalla amante di quest’eroe. Aspra contesafra Foldath e

Nalthos. Cathmor si ritira a riposare in distanza dall’armata. Apparizionedell’ombra di Caibar

che oscuramente gli predice l’esito della guerra. Soliloquio di Cathmor.Egli scopre Sulmalla.

Canto amatorio di questa donzella

Colà di Selma sulla roccia ondosa

Sì riprese Fingàlsotto una quercia

Io mi sedeaquando sul mar da lungi

Con la lancia di Ducaro spezzata

Conallo apparve. Il giovinetto altrove

Da' propri colli rivolgeva il guardo

L'orme del padre rimembrando in quelli.

Io m'accigliai: mi s'aggirar per l'alma

Tenebrosi pensieri; i re d'Erina

Schierarmisi dinanzi: impugno il brando.

Lenti i miei duci s'avanzarquai liste

Di nubi raggruppantisilo scoppio

Di mia voce attendendo; ai lor dubbiosi

Spirti era dessaquasi all'aer soffio

Di nebbia sgombrator. Le vele al vento

Di sciorre imposi: dall'acquose valli

Già trecento guerrier stavan guatando

Il brocchier di Fingàlche in alto appeso

Tra le velate antenne al loro sguardo

Segna le vie del mar: ma poi che scese

La buia notteio percoteva il cerchio

Dator di cenni; e per lo ciel con l'occhio

Della vaga Ulerina igni–crinita

N'andava in traccia: la cortese stella

Più non s'ascoseella tra nube e nube

Tenea suo corso; dell'amabil raggio

Io seguitai la rosseggiante scorta

Sull'oceànche debilmente a quella

Gìa luccicando. Col mattin tra nebbie

Inisfela spuntò: nel seno ondoso

Di Moilena approdaich'ampio si versa

Tra risonanti boschi. Ivi Cormano

Contro la possa di Colculla irato

Schermo si fea del suo riposto albergo.

Nè sol Corman n'avea timor; con esso

Era Roscranala regal donzella

Dal guardo azzurro e dalle man di neve.

Appuntellati sul calcio dell'asta

S'avvicinaro i tremolanti passi

Del buon Cormano: un languido sorriso

Spunta sul labbroe duol calcagli il core.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

128

Videcie sospirò: l'armediss'egli

Veggio del gran Tremmòr; questi di fermo

Sono i passi del Re. Fingalloah! raggio

Se’ tu di luce al nubiloso spirto

Dell'afflitto Cormano: o figlio mio

Il tuo valor vince l'età; ma forti

Son d'Erina i nemici: adeguan possa

Di rimugghianti rivi. E questi rivi

Rimugghin purdiss'iol'alma sentendo

Gonfiarmisi di nobile alterezza.

Forse svolver potransi. O sir d'Erina

Non siam schiatta d'imbelli. E che? Temenza

Dunque verrà quasi notturno spettro

A sbigottirci? ah no: crescon del paro

Al nemico le forzeal prode il core.

Non riversar buio di tema in petto

D'animosi garzoni. A cotai detti

Pianto inondò la senil guancia: ei muto

Per man mi prese: alfin soggiunse: o sangue

Dell'ardito Tremmòrnube di tema

Su te non soffioe chi potrialo in terra?

Tu già nel foco dE’ tuoi padri avvampi;

Veggio la fama tuache qual corrente

D'orata luce il tuo sentier t'addita.

Seguiloo prode. Sol l'arrivo attendi

Del mio Cairba: di mio figlio il brando

Unir dessi al tuo acciaro. Egli d'Ullina

Chiama la prole dai riposti seggi

E l'invita a battaglia. Andammo insieme

Alla sala del rech'ergeasi in mezzo

D'alpestri scoglii di cui negri fianchi

Logri avean l'orme di rodenti rivi.

Quercie di spaziosi ispidi rami

Vi si curvano intorno: ondeggia al vento

Ivi folto scopeto: ivi Roscrana

Visibil mezzoe mezzo ascosa il dolce

Canto disciolse: sdrucciolò sull'arpa

La sua candida man; vidi il soave

Girar dell'azzurrina pupilletta

Vidiloe non invano: ella parea

Uno spirito amabile del cielo

A cui s'avvolge vagamente intorno

Negletto lembo di cerulea nube.

Festeggiammo tre dì; la bella forma

Sorgea tuttor nel mio turbato spirto.

Corman fosco mi videe la donzella

Dal candidetto sen diemmi; ella venne

Dimessa il guardoe 'l crin dolce scomposta.

Venne; ma pugna allor muggìo. Colculla

S'avanza; impugno l'astainalzo il brando

Mi circondano i miei; per entro i solchi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

129

Spingiamci in folla del nemico. Alnecma

Fuggìcadde Colculla; in mezzo a' suoi

Tornò Fingal carco di fama. O figlio

Famoso è quelcui fan riparo a tergo

I suoi campioni: il buon cantore il segue

Di terra in terra: ma colui che solo

Sconsigliato s'avanzaai dì futuri

Poche imprese tramanda. Oggi sfavilla

D'altissimo splendordoman s'eclissa.

Una sola canzon chiude i suoi vanti;

Serba un sol campo il nome suonè resta

La rimembranza dei suoi fatti altrove

Fuorchè colà dove affrettata tomba

Fa via via pullular le piote erbose.

Così parlò l'eccelso Re: sull'erto

Giogo di Cormo tre cantor versaro

Il canto lusinghevole del sonno

E quei discese. Carilo ritorno

Fè alla tomba di Conallo. O duce

Non fia che giunga al tuo squallido letto

La voce del mattinnè presso il freddo

Caliginoso tuo soggiorno udrai

Latrar di veltrio scalpitar di damme.

Come a meteora della notte intorno

Allumatrice di turbate nubi

Volvansi queste: in cotal guisa Erina

Intorno d'Ata al luminoso duce

Tutta s'accolse. Egli nel mezzo altero

Quasi per vezzo spensieratamente

Palleggiando la lanciaaccompagnava

L'alzarsi alterno e l'abbassar del suono

Che uscia dall'arpa di Fonarre. Appresso

Contro un masso appoggiata era Sulmalla

Dal bianco sendal cilestrino sguardo

Sulmalla di Gomorsir d'Inisuna.

Già di queste in soccorso il campion d'Ata

Vennee i nemici ne fugò: lo vide

Maestoso la vergine e leggiadro

Nella sala paternae non cadea

Indifferente di Catmòrre il guardo

Su la donzella dalle lunghe chiome.

Ma 'l terzo giorno dall'acquosa Erina

Fiti sen vennee raccontò l'alzarsi

Dello scudo di Selmaed il periglio

Dell'oscuro Cairba. Il duce a Cluba

Spiegò le vele: invan; che in altre terre

Soggiornavano i venti. Egli tre giorni

Sulla spiaggia si stettee l'occhio addietro

In ver le sale di Gomor volgea:

Che della figlia gli pungeva il core

La rimembranza; e ne traea sospiri.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

130

Or quando a risvegliar l'assonnate onde

Il vento incominciòscese dal colle

Sconosciuto guerrierche di far prova

Dell'asta giovinile avea vaghezza

Nei campi di Catmòrre. Ah sotto l'elmo

Qual volto si nasconde! era Sulmalla.

Venne anelante con forzati passi

Dietro l'orme del Re: natava in gioja

La sua azzurra pupilla in rimirarlo

Quando stendea le ben composte membra

Lungo il ruscello. Ma Catmòr credea

Ch'ella pur anco cavrioli e damme

Inseguisse con l'arco; oppur che assisa

Sopra la vetta di Lumonla bianca

Mano stendesse ad incontrar il vento

Che spirava da Erinaamato albergo

Del suo diletto: di tornar per l'onde

Promesso aveama lo prevenne. È dessa

Volgitio ducehai la tua bella accanto.

L'eccelse forme dei campion d'Erina

Cerchio feano a Catmòr; nessun mancava

Fuorchè Foldan dal tenebroso ciglio.

Giacea lungi costui sotto una pianta

Riconcentrato nel profondo orgoglio

Di sua caliginosa anima: al vento

Stride l'ispido crine: ei tratto tratto

Va borbottando discordanti note

Di dispettoso canto: alfin cruccioso

Pesta la pianta colla lanciae parte

E cogli altri si mesce. Al raggio ardente

D'arida quercia il giovinetto Idalla

Splender vedeasi in placido sembiante.

Giù per la fresca rubiconda guancia

In lunghe liste d'ondeggiante luce

Cadegli la biondissima ricciaja.

Soave era sua vocee lungo il Clora

Soavemente l'accordava al suono

Di music'arpae col gentil concento

Temprava il rugghio del ruscel natio.

Re d'Erinadiss'eiconviti e feste

Richiede il tempo: or viafa' che si desti

La voce dei cantor: l'alma dal canto

Torna più fresca e vigorosa in guerra.

Notte copre Inisfela; errarci intorno

Già scorgo i passi luridi dell'ombre;

L'ombre dei spenti in guerra intorno stanci

Sitibonde di canto: al cantoall'arpe

S'allegrino gli estinti. Estinti e vivi

(Scoppiò in tai detti di Foldan lo sdegno)

Copra dimenticanza: in faccia mia

Si ragiona di cantoor ch'io son vinto?

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

131

Ma novinto non fui; sallo il nemico

Se 'l mio sentier fu turbine e procella.

Stroscia di sangue m'allagava i passi

Piovea morte l'acciar: ma che? gl'imbelli

Stavanmi a tergo: indi fu Morven salva.

Or va'molle garzontasteggia l'arpa

Nella valle di Clora: ogni sua corda

Dura risponda alla tua voce imbelle.

Mentre più cerchi d'adescar cantando

Donna che adocchia in un boschetto ascosa

La tua gialliccia effeminata chioma.

Va sul Cloragarzonfuggi dal Luba;

Questo è campo d'eroi. L'ascoltie il soffri

Re di Temora? con arcigno volto

Malto riprese. A tesignors'aspetta

Dar della pace e della pugna i cenni.

Contro i nemici tuoi spesso tu fosti

Foco distruggitorspesso atterrasti

Entro tombe di sangue armate intere

Ma nel tuo ritornar chi di baldanza

Parole intese? I furibondii folli

Sol si pascon di stragi e spiran morte.

Sopra la punta della lancia è fitta

La lor memoriaed han pensieri e sensi

Di zuffe e sangue avviluppati e intrisi.

Sempre parlan costor. Duce di Moma

Vanta a tua posta il tuo valor: tu sei

Nemboturbintorrente. E che? tu solo

Scuoti la lancia? avesti a fronte i forti;

Non i fiacchi alle spalle. Ah! fiacchi noi?

Osil tu sostener? c'e’ chi tel niega

Chi del tuo irato impareggiabil brando

Non teme il paragon. Farsi due vampe

Nel volto i ducistralunar gli sguardi

Curvarsi innanzi ed impugnar le spade

Fu solo un punto. In fera zuffa avvolti

Il convito regal già già di sangue

Bruttato avriano; se di nobil ira

Non s'accendea Catmòr. Trasse l'acciaro

Riverberantee imperioso in atto

Olàgridòfreno a que’ spirti insani

Figli dell'alterezza: oltrenel bujo

Correte a rimpiattarvi: a sdegno forse

Provocarmi v'alletta? e trarmi a forza

Contro d'entrambi a sollevar la spada?

Guai se... non più: questo di gare e risse

Tempo non è; sparitemi dinanzi

Nubi importune; del comun diletto

Non turbate la gioja. Ambo allibiro

Ambo s'allontanar di quadi là

Tacitirannicchiati; avresti appunto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

132

Viste di paludosa infetta nebbia

Due smisurate ed orride colonne

Quando di mezzo in suo chiaror sovrano

Vi spunta il sol; s'arretran quellee dense

In sè raccolte tenebrosamente

Van roteando ai lor cannosi stagni.

Stavan gli altri guerrier taciti a cerchio

Della mensa regalee ad ora ad ora

Volgean mal fermo rispettoso il guardo

D'Ata al signorche passeggiava in mezzo

Nel nobile fervor di sua grand'alma

Che intiepidiasie già spuntava in quella

L'amabil calmae 'l bel seren natio.

Sul campo alfin l'oste sdraiossiil sonno

Scese in Moilena: di Fonàr soltanto

Seguia la voce a risonar Catmòrre

Sangue di Lartoil condottier del Lumo.

Ma non l'udia Catmòr; sopito ei giace

Lungo un fremente rio: sibila il crine

Gradito scherzo alla notturna auretta.

Venne Cairba a' sogni suoiravvolto

Tra fosca nubeche per veste ei prese

Nel grembo della notte: oscura in volto

Gli spuntava letizia; inteso avea

La funebre canzonche alla sua ombra

Carilo sciolsee ne volò repente

All'aeree sue stanze: usciro i rochi

Accenti suoi col fremito confusi

Del mormorante rio. Gioja riscontri

L'anima di Catmòr: Moilena intese

La voce sua; Cairba ebbe il suo canto.

Or veleggia su i venti; è la sua forma

Nelle sale paterne; ivi serpeggia

Quasi vampa terribile che striscia

Per lo deserto in tempestosa notte.

Generoso Catmòrrealla tua tomba

Vati non mancheranno: amor dei vati

Fu sempre il prode: lusinghiera auretta

È il tuo nomeo Catmòr. Ma odoo parmi

Un suon lugubre; nel campo del Luba

Stavvi una cupa voce. Aerei spettri

Inforzate il lamento: eran gli estinti

Carchi di fama: ecco si gonfia e cresce

Il mesto suonl'aere se n'empieil nembo

Ulula. Addio Catmòr... tra poco... addio.

Fuggì ravvoltolandosi: l'antica

Quercia sentì la sua partenzae 'l capo

Sibilante crollò. Dal sonno il duce

Scossesiimpugna l'astail guardo intorno

Desioso rivolge; altro non vede

Che notte atro–velata. Ella è la voce

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

133

Dissedel re: ma la sua forma è ita.

O figli della nottei vostri passi

Non lascian orma: in arido deserto

Quasi del Sole ripercosso raggio

Comparite talorma sparite anco

All'apparir dei nostri passi: or vanne

Debole stirpe: in te saper non regna.

Vane son le tue gioiea par d'un sogno

Che lusinga e svanisceo quale all'alma

Lieve–alato pensier s'affaccia e passa.

Catmor... tra poco... e che sarà? fia basso

Scuro giacente in la magione angusta:

Ve’ co' mal fermi ancor socchiusi lumi

Non arriva il mattin? Vatteneo ombra

Battaglia è 'l mio pensier: tutt'altro è nulla.

Già sovra penne d'aquila m'inalzo

Ad afferrar della mia gloria il raggio.

Giaccia sul margo a serpeggiante rivo

In solitaria valle anima imbelle

Di picciolo mortal: passano gli anni

Volvonsi le stagioniei neghittoso

Torpe in riposo vil: ma che? la morte

Vien sopra un nembo tenebrosa e muta

E 'l grigio capo inonorato atterra.

Tal io non partirò. Non fu Catmorre

Molle garzone ad esplorare inteso

Covil di damme: io spaziai coi regi

Con lor venni a tenzonee 'l mio diletto

Fu mortifero campoove la pugna

Spazza dal suol le affastellate squadre

Qual forte soffio accavallate nubi.

Così parlò d'Alnecma il siree ferma

Serenità gli si diffuse in petto:

Quasi fiamma vital valor gli serpe

Di vena in vena: maestosi e grandi

Sono i suoi passie già sgorgagli intorno

Il raggio oriental. Vid'ei la grigia

Oste gradatamente colorarsi

Alla nascente luceed allegrossi

Come s'allegra un spirito del cielo

Ch'alto su i mari suoi s'avanzae quelli

Vede senz'ondae senza penna i venti:

Fallace calma e passeggera; ei tosto

Risveglia i flutti imperiosoe vasti

Sonante spiaggia a flagellar li spinge.

Lungo la ripa d'un ruscello intanto

D'Inisuna la vergine giacea

Addormentata. Dall'amabil fronte

Caduto era l'elmetto: ella sognando

Sta nelle patrie terre: ivi il mattino

Dorava i campi suoi; scorrean dai massi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

134

Cerulei rivie 'l venticel per gioco

De’ giuncheti scotea le molli cime.

Vivace suono che alle caccia invita

Spargesi intorno: ai cacciator sovrasta

D'Ata l'eroe; l'innamorato sguardo

Egli torce a Sulmalla; essa la faccia

Rivolge altrove orgogliosettae l'arco

Piega negli atti non curante e in volto

Ferma: ah Sulmallaah! ma vacilla il core.

Tale era il sogno suo quando dappresso

Le si fece Catmòr. Videsi innanzi

Quel caro voltoinaspettata vista

E 'l ravvisò: che far dovea l'eroe?

Gemèpiansepartì. Noduce d'Ata

Non è tempo d'amort'attende il campo.

Ei disse; e 'l cerchio ammonitor percosse

Onde di guerra esce la voce. Erina

Sorsegli intornoe rimbombò: dal sonno

La vergine si scosse; arrossae trema

Delle sparse sue trecce; adocchia a terra

L'elmettoe frettolosa e palpitante

Lo ricogliee s'asconde: ohimè! s'Erina

Sapesse mai che in queste spoglie è avvolta

La figlia d'Inisuna! Ella rammenta

La sua stirpe regalee le divampa

La nobil alma di leggiadro orgoglio.

Dietro una rupe si celòda cui

Scende garrulo rivo in cheta valle;

Gioconda solitudine remota

A pacifiche dammeanzi che quindi

Ne le cacciasse alto fragor di guerra.

Qui della bella vergine all'orecchio

Giungeva ad or ad or la cara voce

Dell'amato guerriero: alla sua doglia

Qui s'abbandona; del suo mal presaga

L'anima le si abbuia; ella dal canto

Cerca confortoed amorosi lai

Sparge sul vento in suon flebile e fioco.

Breve giojaove se’ ita;

Caro sognoove sei tu?

Inisuna è già sparita

Il mio suol non veggo più.

Della caccia in la mia terra

Più non odo il lieto suon!

Falda orribile di guerra

Mi circonda: ove mai son?

Guardo fuornè veggo un raggio

Che m'additi il mio sentier.

Ah che speme altra non aggio!

Ah che basso è 'l mio guerrier!

Presso è il re dall'ampio scudo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

135

De’ possenti atterrator.

Ohimè! scende il ferro crudo

Ah tu cadio dolce amor!

Di Gomorre ombra diletta

Ove porti il mobil piè?

Caro padrearrestaaspetta

Non andar lungi da me.

Stranie terrealtri paesi

Vai sovente a visitar:

La tua voceo padreintesi

Mentr'io lassa era sul mar.

Figlia miatu corri a morte

La tua voce parea dir:

Tutto invan; che amor più forte

Nel mio cor si fea sentir.

Spesso i figli a trar di pene

La paterna ombra sen vien

Quando afflitti e fuor di spene

Solo in duol vita gli tien.

Il mio caro ah se m'è tolto

Vienio padreper pietà

Strutto in piantoin duol sepolto

Più del mioqual cor sarà?

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

136

CANTO V

Argomento:Le due armate si schierano in ordine di battaglia sulle due spondedel fiume Lubar.

Parlata di Fingal a’ suoi guerrieri. Egli dà il comando a Fillano ma nellostesso tempo lo

raccomanda alla direzione di Gaulo. L’armata del Fir–bolg è condotta daFoldhat. Grandi azioni

di Fillano: mentr’egli vince in una parteFoldhat nell’altra incalzaaspramente i Caledoni; ed

avendo ferito Dermid loro condottierogli mette in rotta. Dermidbenchèindebolito dalle ferite

risolve di sfidarlo a singolar combattimentoaffine di arrestarne iprogressi. Sopraggiunge Fillano

attacca Foldhate l’uccide. L’esercito dei Fir–bolg è pienamentesconfitto. Il canto si chiude con

un’apostrofe a Clatho madre di Fillano

O di lance e di scudi ospite amica

Arpache d'Ossian nelle sale appesa

L'esperta man risvegliatrice inviti;

Scendinearpa dilettae fa' ch'io senta

La tua voce gentil. Figlio d'Alpino

Tu percoti le corde; a te s'aspetta

Ravvivar l'alma del cantor languente.

La romorosa corrente del Lora

Sgombrò la storia dal mio spirto: io seggo

Nella nube degli anni; e pochiamico

Sono i spiragliove s'affacci e guati

Lo spirto mio ver le passate etadi;

E visionse vieneè fosca e tronca.

Ti sentoo graziosa arpa di Cona

Ti sento; e già le immagini vivaci

Tornano all'alma miacome ritorna

Il grembo a ravvivar d'arida valle

Dianzi da nebbia neghittosa ingombra

Dietro l'orme del Solcortese auretta.

Luba splendemi innanzi: in su i lor colli

Da un lato e l'altro le nemiche squadre

Stansi attendendo dei lor duci il cenno

Rispettose cosìcome dei padri

Mirasser l'ombre. Alle sue genti in mezzo

S'ergean dei Re le grandeggianti forme

Maestose a vederquasi due rupi

Scabre il dorso di pini: entro il deserto

Le vedi alzarsie soverchiar la nebbia

Torpido–veleggiante; in giù pei fianchi

Scorrono i rivi e gorgogliando ai nembi

Spruzzan le penne di canuta spuma.

Del suo signore alla possente voce

Erina rapidissima discende

Simile a fiamma che si sparge e stride;

Sotto i lor piè Luba s'asconde. A tutti

Vola inanzi Foldan: ma d'Ata il duce

Si ritrasse al suo poggioindi solleva

La lancia suaface di guerrae stella

Allumatrice d'onorata fiamma.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

137

Stassi non lungi di Gomor la figlia

Dolce–languente: di battaglie e stragi

Non è vago quel coree non allegra

Vista di sangue il mansueto sguardo.

Dietro la rupe una romita valle

Stendesi; intorno tre ruscelli azzurri

Dissetan l'erbe; la risguarda il Sole

Con grazioso raggio; in giù dal monte

Scendono in frotta cavrioli e damme:

In lor s'affisa la donzellae pasce

Le vaghe luci d'innocente obietto.

Vide Fingal di Borbarduto il figlio

E 'l minaccioso strepitar d'Erina

Sull'oscurata piaggia: egli percosse

Il cerchio del brocchierche manda i duci

Al campo della fama. Alzarsi al Sole

L'astei scudi echeggiar: già non vedresti

Timor per mezzo all'oste andar vagando

Quasi infetto vaporche a loro appresso

Stava quel Rech'è lor fidanza e possa.

L'eroe di gioja sfolgorò nel volto

In mirar le sue genti: oh quantoei disse

Di Morven mia m'è grato il suon: somiglia

Vento di boschi crollatoreo fiume

Rapido rotator d'argini e sponde;

Quindi è chiaro Fingalloe in altre terre

Vola il suo nome: una sfuggevol luce

Nei perigli ei non fuperchè alle spalle

Sempre gli fur de’ suoi guerrieri i passi.

Ma neppur io dinanzi unqua v'apparvi

Qual terribile spettrointenebrato

Di furordi vendetta; ai vostri orecchi

Non fu tuon la mia vocee gli occhi miei

Non lanciar contro voi vampe di morte.

Solo il mio sguardo i contumaci e alteri

Di mirar non degnava; il mio convito

Non s'imbandia per loro; e al mio cospetto

Svanian qual nebbia all'apparir del Sole.

Or io di gloria v'appresento innanzi

Un giovinetto raggio: ancora in guerra

Poche son l'orme suema tosto io spero

Alte le stamperà: quella dei padri

La sua forma pareggia; ed il suo spirto

È una facella dell'avita fiamma.

Miei fidiil v'accomando; ah custodite

Di Clato il figlio dalla bruna chioma

Difendeteloo prodie lui con gioja

Riconducete al padre; egli star solo

Quinci innanzi potrà. Stirpe di Morni

Movi dietro i suoi passie sprone e scorta

Siagli la voce tua: l'onore rammenta;

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

138

Hai chi t'osservao frangitor di scudi.

Disse; e di Cormo ver l'eccelsa vetta

Ei s'avviò; lento io seguialo; accorse

Gaulo; lo scudo rallentato pendegli

Dalla cintura: Ossian t'arresta ei grida

Legami al fianco questo scudoil lega;

Vedrallo Alnecmae crederà che ancora

Io rizzi l'asta: se cader m'è forza

Celisi la mia tomba; io senza fama

Deggio cader: ed Evircòma ascosa

Sia la mia morte; ella n'aria vergogna.

Fillansta sopra noi l'occhio del forte;

Ogni possa s'adopri: ah non si soffra

Che giù dal colleper recar soccorso

Al nostro rotto e fuggitivo campo

Scenda Fingallo: e sì dicendo ei vola.

La mia voce il seguì: sangue di Morni

Tu morir senza fama? ah non temerlo.

Ma così va; le lor passate imprese

Sono all'alme de’ forti un sognoun'ombra;

E van pel campo della fama in traccia

Di novelli trofeinè da i lor labbri

Escon mai voci di baldanza e vanto.

Io m'allegrai nel rimirarlo; il giogo

Salii di Cormoe al Re posimi a fianco.

Ecco gli opposti eserciti piegarsi

L'un contro l'altro in due ristrette file

In ripa al Luba: ivi Foldan torreggia

Nembo d'oscuritade; indi sfavilla

La giovinezza di Fillan: ciascuno

Manda suono guerrier: Gaulo di Selma

Batte lo scudo: all'armeal sangue: acciaro

Sopra l'acciar sgorga i suoi raggi: il campo

Mette un chiarorqual di cadenti rivi

Qualor da opposte irto–cigliute rupi

Escon mescendo le stridenti spume

Con fragor rovinoso. Eccoloei viene

Il figlio della fama: osservaosserva

Quant'oste atterra! o mio Filland'ancisi

Tu semini i sentier; per te già i nembi

Traboccan d'ombre; ogni tuo passo è morte.

Fra due spaccati massia cui fean ombra

Querce intralciate co' fronzuti rami

Stava Rotmàrscudo d'Erina. Ei rota

Sopra Fillano l'oscurato sguardo

E a' suoi sponda si fa. L'aspro conflitto

Vide Fingallo avvicinarsie tutta

L'anima gli balzò: ma quale appunto

Il gran sasso di Lodaa cader fora

Di Drumanardo dal ciglion petroso

Diradicatoallor che mille a prova

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

139

Imperversando tenebrosi spirti

Squassan la terra in lor furorcon tanta

Molecon tal rimbombo il terren presse

Rotmar feroce dal ceruleo scudo.

Non lungi era Culmin: proruppe in pianto

Il giovinetto di cordoglio e d'ira:

Ei con Rotmàr la prima volta avea

Curvato l'arco al natio fonte in riva

E de’ cervetti sul matin con esso

Seguia le tracciee discopriane il letto.

Scontrarsi agogna con Fillanoe a colpi

Colpi mischiar: vampo menando inalza

L'acciaroe l'aer fendee fere il vento

Pria che Fillan: ma già l'assal. Che fai

Figlio di Colallina? a che ti scagli

Su quel raggio di luce? un foco è questo

Foco distruggitor: garzon di Struta

Mal accortot'arretra; i vostri padri

Non fur nel campo e nella zuffa uguali.

Misera madre! in la romita sala

Siedee col guardo sul ceruleo Struta

Pende inquieta: ecco repente insorgono

Sopra il torrente tortuosi turbini

E mentre sibilando si travoltolano

Nel vorticoso sen pallida pallida

Portano un'ombra: la ravvisa ed ulula

Lo stuol de’ veltri; sanguinose gocciole

Tingon lo scudo: ah tu cadesti o figlio!

Misera madre! o cruda Erina! oh guerra!

Qual cavriolo a cui furtiva freccia

Il molle fianco trapassòsi scorge

Del rio sul margo palpitar prosteso:

Il cacciator che lo ferì s'arresta

Nè senza senso di pietà rimembra

Del piè di vento il saltellar vistoso;

Così giacea di Colallina il figlio

Su gli occhi di Fillan; l'onda corrente

Immolle e svolve le polite anella

Del biondo crine; e riga atra di sangue

Striscia lo scudo: ancor la man sostenta

L'acciaro; infido acciar! che al maggior uopo

Mai lo soccorse. Il buon Fillan lo sguarda

Pietosamentee sventuratoei grida

Caduto se’ pria che si udisse intorno

Risuonar la tua fama! il padre tuo

Mandotti al campoe d'ascoltar s'attende

Tue chiare imprese: egli or canuto e fiacco

Forse ti chiamae ver Moilena ha 'l guardo.

Invan! che tu non torni a consolarlo

Carco di spoglie di nemici ancisi.

Disse; e fugaterrorscompiglioe morte

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

140

Segue a sgorgar sulla smarrita Erina.

Ma d'altra parte rovesciato e infranto

Cade uom sopr'uom dall'infocata rabbia

Del feroce Foldanch'oltre sul campo

Delle sue squadre sospingea la piena

Forte rugghiando: ad arrestarne il corso

Mosse Derminoe a lui strinsersi intorno

Di Cona i figli: ma spezzò Foldano

Lo scudo al ducee i suoi guerrier n'andaro

O spenti o spersi. Allor gridò quel fero

Nell'odiosa sua burbanza: ho vinto

Morven fuggì; va la mia fama al cielo.

Vatteneo Maltoed a Catmòr comanda:

Guardi il sentier che all'oceàn conduce

Perchè Fingallo dal mio brando invitto

Non si sottragga; a terra ei debbea terra

Cader per esso: appo un cannoso stagno

Abbia la tomba; ma di lode e canto

Perda la speme; inonorato ei mora

Ed il suo spirto per la pigra nebbia

Ravviluppato si dibatta invano.

Malto l'udì senza far mottoe solo

Sorgeagli in volto a quel superbo vanto

Disdegnosa dubbianza: alza lo sguardo

Verso Fingalloindi a Foldan lo torce

Bieco; sorride amaramentee muto

Volgesie immerge entro la zuffa il brando

Di Clono intanto nell'angusta valle

Ove due querce sul ruscel son chine

Di Dutno il figlio taciturno e fosco

Stava nel suo dolor: spicciava il sangue

Dalla trafitta cosciaappiè spezzato

Giace lo scudoinoperosa a un masso

Posa la lancia; a cheDerminsì mesto?

Odo il rugghiar della battaglia: e sole

Son le mie schiere: vacillanti a stento

Traggo i miei passi e non ho scudo: ah dunque

Fia che vinca costui? nose pria basso

Non è Derminnon vincerà: Foldano

Ti sfideròt'affronterò. La lancia

Isfavillando di terribil gioja

Prende; ma Gaulo ecco già vien. T'arresta

Figlio di Dutnoonde tal fretta? il sangue

Segna i tuoi passi: ov'è lo scudo? inerme

Dei tu cader? Signor di Strumoei disse

Dammi lo scudo tuo: spesso ei travolse

Piena di guerranel suo corso al fero

Farommi incontro. Alto campionnon vedi

Quella pietra colàche il grigio capo

Sporge tra l'erba? ivi riposa un duce

Del ceppo di Dermin: colà già spento

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

141

Ponmi a dormir nella perpetua notte.

Sale ei sul poggio lentamentee mira

Lo scompigliato campo: erran quala

Le della zuffa scintillanti file

Diradatespezzate. In notte oscura

Qual è a mirar su piaggia erma lontano

Foco che al variar d'instabil vento

Varia d'aspetto: or tu lo vedi assorto

Fra globi atri di fumoora lo scorgi

Rigurgitar con tortuosi slanci

La rossa rapidissima corrente;

Tale affacciossi di Dermino al guardo

La variata mischia. All'oste in mezzo

Campeggia il passo di Foldanqual vasta

Mole di naveche in orribil verno

Di mezzo a due scogliose isole opposte

Spuntarsi scorgee balzellon sull'onde

Va il mar sopposto a soverchiar. Dermino

Furibondo l'adocchiae già si scaglia

Entro la zuffaahi! ma vacilla; e grossa

Cade dall'occhio del guerrier dolente

Lagrima di dispetto. Allora il corno

Suonò del padreed il cerchiato scudo

Ben tre volte colpìtre volte a nome

Chiamò Foldan ferocemente. Udillo

Foldan con giojae sollevò la lancia

Sanguinosaferal: qual masso alpestre

Mostra in tempesta i rugginosi fianchi

Segnati a strisce di correnti rivi;

Cotal movea contro Dermino audace

Tutta strisciata di grondante sangue

La forma spaventevole di Moma.

Da un lato e l'altro si ritrasse l'oste

Dal conflitto dei duci: alzansi a un punto

Le scintillanti spadee già... ma tosto

Fillano si precipitaed accorre

Alla zuffa inegual; tre passi a retro

Balzò Foldan che abbarbagliollo il vivo

Raggioche qual da nube uscìo repente

L'eroe ferito a ricattar: dell'atto

Ebbe onta il trucee di rabbioso orgoglio

Ebro avanzossie chiamò fuora all'opra

Quanto avea possa nell'esperto acciaro.

Qual due talor di spaziose penne

Aquile alto–volanti a giostrar vanno

Per le piagge dei ventionde del cielo

La vasta solitudine rimbomba;

Tai s'avventar l'un contro l'altro i duci

Sopra Moilena. In sulle opposte rupi

Dei due gran Re che si sedeano a fronte

Involontari a cotal vista i passi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

142

Quinci e quindi avanzarsiallora appunto

La buia zuffaallor parea che stesse

Già per calar sulle taglienti spade.

Segreta gioja ricercar le vene

Sentì Catmorgioja d'eroiqualora

Sorge periglio a lor grand'alme eguale.

Sul Luba noma ben sul Mora ha fitto

L'avido sguardoche di là s'ergea

Maestoso e terribile a mirarsi

Del re di Selma il signoril sembiante.

Ecco riverso sul ceruleo scudo

Foldano stramazzò. Fillan coll'asta

Passagli il sennè a risguardar si volge

Sopra l'estinto; oltre si spingee rota

Onda di guerra. Sorgono le cento

Voci di morte. Il frettoloso passo

Figlio di Clatoarresta; ohimè! non vedi

Isfavillar quella terribil forma

Fosco segno di morte? ma il re d'Alnecma

Non destar in tuo danno; assai facesti

Prode garzonfa' che ti basti; arresta.

Vide Foldan giacentee fosco appresso

Stettegli Malto; ira e rancor dall'alma

Gli s'era sgombro: ei somigliava a rupe

Là nel desertoin sul cui negro fianco

Sta l'umidor di non rasciutte stille

Poichè la basso–veleggiante nebbia

Lasciolla scarcae gli alberi riarsi

Restaro al vento. Con pietosi accenti

Al moribondo eroe tenne parole

Dell'oscura magion. Dìla tua grigia

Pietra alzerassi nella verde Ullina

Oppur di Moma in la selvosa terra

Ove risguarda di soppiatto il Sole

Sul ceruleo Dalruto? ivi s'aggira

Mentre a te pensail solitario passo

Di Dardulena tua. La mi rimembri

Disse Foldanperchè di figli privo

Garzon non lascioche l'acciaro impugni

Per vendicar l'ombra paterna? Malto

Già vendicato io son: pacata in campo

Non futu 'l sai la destra mia: d'intorno

Al mio angusto abituro alza le tombe

Di quei ch'io spensi: ecco le mie vendette.

Io dal mio nembo scenderò sovente

Per visitarlee mi fia vanto e gioja

Vederle a cerchio coi muscosi capi

Far corona al mio sassoe la folt'erba

Crescervi sopra e sibilar sul vento.

Dissee 'l suo spirto rapido si spinse

Alle valli di Momae venne ai sogni

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

143

Della diletta Dardulena. Appunto

Tornata allor dalle cacciate damme

Lungo la ripa di Dalruto erbosa

Dormia la bella; rallentato l'arco

Stavale accantoe il candidetto seno

Co' bei flagelli della lunga chioma

Leve leve battea scherzosa auretta.

In cotal atto rivestita e sparsa

Di sua fiorita giovenil beltade

Giacea la verginellaamor d'eroi.

Venne dal boscoe verso lei curvossi

Torbido il padre: ampia ferita ha in petto;

Si mostrava talortalora avvolto

Fra la nebbia svaniascoppianti lagrime

Rupperle il sonno; ella s'alzòconobbe

Ch'era basso il guerrier; poscia a colpirla

Venne un baleno dal paterno spirto

Che sovra i nembi suoi correa sublime

E ferilla una voce: ultima adesso

O Dardulena dall'azzurro sguardo

Dell'altera tua schiatta ultima sei.

Già fugge Bolga; e di confuse grida

Già Luba echeggia: a scompigliar le squadre

Su i loro passi rapido anelante

Pende Fillan; sparso di morti è il suolo.

Sulle prodezze dell'amato figlio

Gioìa Fingallo: alfin Catmorre alzossi

Il possente Catmòr. Figlio d'Alpino

Qua quarecami l'arpaal vento spargi

La gloria di Fillanoalto solleva

Il nome suo finchè sfavilla ancora.

Esci fuor vezzosa Clato;

Vieni al prato

Col bel guardo cilestrin.

Ver Moilena gira il ciglio

Guarda il figlio

Quasi raggio mattutin.

Raggio che splende

Ma fere e incende:

Luce nemica al suo chiaror non dura;

Miralo a balenar;

Ohimè! più nol mirar – ch'egli s'oscura.

Al suon piacevole

D'arpe tremanti

Mescete o vergini

Mescete i canti:

Fillan gli chiede

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

144

Del suo valor mercede.

Ei non va cercando il letto

O di damma o di cervetto

Del mattin sul primo albor.

Nè sul rio negletto e lento

Piega l'arcoe scocca al vento

Sconosciuto cacciator.

Contro il suo fianco la guerra si volve

Egli qual turbo le schiere travolve

Rugge la mischiala piena ingrossa

Egli rotasie 'l campo arrossa:

La man forte

Piove morte;

Alto il piede nel sangue passeggia

L'occhio folgorae morte lampeggia.

Dillo un irato spirito del cielo

Che del nembo

Scuote il lembo

E scende con furor: scosso l'oceàno

Sente in sè l'orma profonda;

Mentr'ei move d'onda in onda

Il suo dorso a calpestar.

Vampa feral n'arde i vestigi; e l'isole

Con forte tremito

I capi crollano

Sul trabalzato mar.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

145

CANTO VI

ARGOMENTO: Catmor vedendo la morte di Foldathrisolve di entrar nellamischia e di

combattere contra Fillano. Fingal invia Ossian a sostener il fratello e siritira dietro la rupe di

Cornul. Fillano è assalito e ferito a morte da Catmorinnanzi che Ossiansia giunto. All'arrivo di

questo si rinnova la battagliama la notte divide i combattenti. Ossiantrova Fillano spirante. Il

suo corpo è riposto dal fratello in una grotta vicina. L'armata de' Caledonjè richiamata da Fingal.

Il Reintesa la morte del figliosi ritira in silenziodopo averdichiarato di voler guidar la

battaglia il giorno seguente. Gl'irlandesi padroni del campo si avanzano.Cathmor giunge alla

grotta ov'era Fillano: suoi riflessi a quella vista. Canzone di Sulmallaconcui si chiude il canto

che termina verso la metà della terza notte.

S'alza Catmòr? che fia? l'acciar di Lona

Fingallo impugnerà? ma che fia poscia

Di tua fama crescentealtero germe

Della candida Clato? Ah! dal mio volto

Non torcer no l'annuvolato sguardo

O figlia d'Inistor: non fia ch'io copra

Col mio chiaror quel giovinetto raggio:

Ei mi brilla sull'alma. Oh colle falde

Degli aerei tuoi boschi alzatio Mora

Fra la battaglia e me: perchè degg'io

Starmi la pugna a risguardarper tema

Che cader debba anzi il suo tempo spento

Il mio guerriero dalla bruna chioma?

Lungi il tristo pensier: confuso suono

Chiuda al fragor della battaglia il varco.

Carilodella leve arpa tremante

Sgorga fra' canti il suon: qui delle balze

Son pur le vocie delle onde cadenti

Il grato sussurrar. Padre d'Oscarre

Tu solleva la lanciaal giovinetto

Porgi soccorso; ma i tuoi passi ascondi

Agli occhi di Fillano: ah non conosca

Il pro' garzon ch'io del suo acciar diffidi.

Nofigliuol mionon sarà mai che sorga

Sulla tua luminosa alma di foco

Nube per meche la raggeli o abbui.

Dietro il suo poggio ei si ritrasse al suono

Della voce di Carilo: io gonfiarsi

Sentiimi l'alma; e palpitante presi

La lancia di Temora. Errar io scorsi

Lungo Moilena l'orrida rovina

Della zuffa di mortearmati ed arme

Ravviluppatiscompigliate schiere

Qual ferirqual fuggir. Fillan trascorre

Per l'ostee ne fa scempioe d'ala in ala

Foco devastator desola e passa.

Tutti dinanzi a lui stempransi i solchi

Della battagliae van qual fumo al vento.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

146

Ma in suo regale bellicoso arnese

Scende Catmòr: dell'aquila temuta

Oscure roteavano le penne

Sull'elmetto di foco: ei move al campo

Spregiantemente in suo valor securo

Come se d'Ata lo chiamasse ai boschi

Festosa caccia: sollevò più volte

La terribil sua voce. Udillo Erina

E si raccolse; l'anime de’ suoi

Che svanian per timorcorsero addietro

Quasi torrentie meraviglia ed onta

Ebber di lor temenza: in cotal guisa

Quando il mattino le pendici indora

Lo sbigottito peregrin si volge

Con protesi occhi a risguardar la piaggia

Orrido campo di notturni spettri;

E in quel vivo chiaror prende conforto.

Fuor della rupe di Moilenascossa

D'improvviso tremoreuscì Sulmalla

Incespicantevacillante; un ramo

D'ispida quercia attraversossi; e l'asta

Di man le trasse; ella nol sente; intesa

Pendea col guardo sopra il duce. O bella

Non è dinanzi a te piacevol tresca

Nè scherzosa tenzon d'archi e di strali

Siccome allor che di Gomòr agli occhi

Fe’ di sè mostra il giovine di Cluba.

Qual la rupe di Runoallor che afferra

Le scorrevoli nuvole pei lembi

Della lurida veste e le si addossa

Sembra ingrandir sopra la piaggia ondosa

In sua raccolta oscuritade; il duce

D'Ata così farsi maggior parea

Mentre a lui folta raccoglieasi intorno

L'armata Erina. Come varj nembi

Volan sul mare e ciascun d'essi innanzi

La sua fosco–cerulea onda sospinge;

Tal d'ogni lato di Catmòr le voci

Sospingean grossa onda d'armati. E muto

Non è Fillan sotto il suo poggio; ei mesce

L'alta sua voce all'echeggiante scudo:

Aquila ei par che le sonanti penne

Batte con forzae a secondarne il corso

Chiama i rapidi venti allor che scorge

Lungo la valle del giuncoso Luta

Errar in frotta cavrioli e damme.

Si curvanos'azzuffano: le cento

Voci di morte odi suonar; l'aspetto

De’ due gran Ducidei guerrier gli spirti

Incendea di magnanime faville.

Io corsi a slanci; ma massima tronchi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

147

Dirupatiammontati inciampo al piede

Feano e ritardo: udii d'acciaro intorno

Un forte strepitar; m'accosto alfine.

Erto sul poggio rimirai dell'una

Oste e dell'altra i minacciosi passi

Lentamente aggirantisie le luci

Torvo–guardanti: tenebrosi e grandi

Per le scintille del lucente acciaro

Gli eroi scorgeansi passeggiar spiranti

Fero riposo: i due campioni alteri

S'eran già scontri in sanguinosa zuffa.

Precipitaiche per Fillan m'assalse

Subita tema e mi distrinse il core.

Giunsi; Catmòr mi videe non pertanto

Non s'avanzònon s'arretrò; di fianco

Sol seguiami col guardo; alta di ghiaccio

Massa ei parea: ratto all'acciar mi corse

La destra e l'alma. In sull'opposto margo

Del rio corrente a passeggiar ci stemmo

Un cotal pocoindi rivolti a un tratto

Sollevammo le lance; a separarci

Scese la notte; è tutto bujo intorno

Tutto silenziose non quanto ascolti

Lo scalpitar delle disperse schiere.

Io venni al luogo ove Fillan poc’anzi

Pugnato avea: che fia? voci non sento

Suono non odo: uno spezzato elmetto

Giacea sul suoloe in due fesso uno scudo.

Fillano ove se’ tu? parlagridai

Figlio di Clato. Egli m'udìle stanche

Membra appoggiato ad un alpestre masso

Che sul rivo sporgea la grigia fronte:

M'udìma torvo lì si tennee fosco.

Alfin vidi l'eroe; perchè vestito

Ti stai d'oscuritàgli dissio luce

Della schiatta di Selma? il tuo sentiero

Isfavillò nel tenebroso campo:

Lunga finora e perigliosao prode

Pugna pugnastior di Fingallo il corno

S'ode squillar; la nubilosa vetta

Ascendiov'egli tra la nebbia assiso

Porge all'arpa di Carilo l'orecchio;

Reca gioja all'anticoo giovinetto

Di scudi infrangitore. - Arrecar gioja

Può forse il vinto? io frangitor di scudi?

Più scudoOssiannon ho; spezzato ei giace

Là sulla piaggiavolano dell'elmo

Stracciate e sparse l'aquiline penne:

Non s'allegra su i figli occhio di padre

Fuorchè quando il nemico in fuga è volto

Dai loro brandi; ma qualor son vinti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

148

Mal celati ne scoppiano i sospiri.

NonoFillan del genitore al guardo

Non s'offrirà più mai: perchè degg'io

Recar onta all'eroe? - Fratello amato

A che sì fosco l'anima m'attristi?

Foco ardente tu fosti: ed allegrarsi

Non dovrassene il padre? Ossian non ebbe

La gloria tua; pur meco il Re fu sempre

Placido Sole; ei risguardò con gioja

Sopra i miei passie sul sereno volto

Mai non sorse per me nube di sdegno.

Poggiao Fillansul Mora: il suo convito

Colà t'attende. - Ossianlo scudo infranto

Arrecamiraccoglimi le penne

Ch'errano al ventoperchè men si perda

Della mia famale mi poni accanto.

Ossianio manco: in quel concavo sasso

Ripommi; ma non s'alzi alcuna pietra

Sulla mia tombaonde talun non chiegga

Delle mie gesta: il primo de’ miei campi

Fu pur l'estremo; anzi il mio tempo io caddi

E caddi senza onor: sol la tua voce

L'anima fuggitiva riconforti.

Ah non sappia il cantor qual sia la stanza

Ove soggiorni d'immatura morte

Spento Fillan: svenne in ciò dir. - Fratello

Errando or va su i vorticosi venti

Lo spirto tuo? gioja t'inondi e segua

Sulle tue nubi: già l'eccelse forme

De’ tuoi padrio Fillanstendon le braccia

Per accogliere il figlio: alto sul Mora

Sparse vegg'io le lor fiammelleio veggo

Le lor vesti ondeggiar: fratel mio dolce

Gioja ti scontri; ella è per noi già spenta

Siam foschi e mesti: ah che 'l nemico accerchia

L'eroe canutoe già vacilla e langue

L'alta sua fama: o regnator di Selma

Tu sei solo nel campoohimèsei solo.

Nello speco il riposi appresso il rugghio

Del notturno torrente; in sul guerriero

Guardava d'alto una rossiccia stella

E i venti sollevavano buffando

Il nero crin: stetti in orecchi a corne

Alcun soffio vital; soffio non spira

Che dormiva l'eroe sonno di morte.

Come balen sopra una nube striscia

Rapido sopra l'anima mi corse

Improvviso pensier: rizzomiin foco

Rotan le luci miemovo squassando

L'arme sonanti: o duce d'Ataattendi

M'attendiio vengo a tevoglio scontrarti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

149

Là fra' tuoi mille: e soffrirò che sfugga

Quella nube feralche acerbamente

Spense quell'astro giovanile? O ombre

De’ padri mieisui vostri poggi adesso

Tutte accendete le meteore vostre

E all'audace mio piè fatevi scorte.

Struggeròsperderò... ma s'io non torno?

Il Re non ha più figli; egli è canuto

Fra' suoi nemici; al braccio suo già manca

L'antica possa; oscurità minaccia

La sua vecchiezza: ah non sia mai ch'io 'l vegga

D'alto giacer sul sanguinoso campo.

Tornisi a lui: come tornar? che dirgli?

Non chiederà del figlio suo novella?

Fillan fu a te commesso; ov'è? mel serbi

Mel difendi così? rampogna atroce!

Su s'affronti il nemico: ErinaErina

Mi scaglio sopra te; godo al rimbombo

Dell'oste armata; nel tuo sen la tomba

Grata mi fia; l'inferocito sguardo

Sol si sfugga del padre. Ohlà dal Mora

Non ascolto una voce? egli è Fingallo

Che chiama ambi i suoi figli: io vegno o padre

Io vegno a te nel mio cordoglio amaro.

Aquila sembrocui notturna fiamma

Scontrò là nel desertoe lasciò spoglia

Della metà di sue robuste penne.

Già Morven scompigliata in rotte bande

Vien respinta sul Mora: ognun confuso

Dagli altrie più dal Re stassi in disparte;

Ognun torbido e tacito si curva

Sulla lancia di frassino: sta muto

Fingallo in mezzo a' suoi: dentro il suo spirto

Pensier sopra pensier volvesicome

Onda sopr'onda in su romito lago

Col suo dorso di spumaei guarda intorno

Nè scorge il figlio sollevar la lancia

Lungo–raggiante: alto dal petto e grave

Gli esce un sospirma lo reprime: io venni

Sotto una quercia mi gettainè udissi

La voce mia: che dir poteva al padre

In quel punto d'affanno? Ei parla alfine

E il popolo protendesi ad udirlo

Lentoaggrottatotra vergogna e doglia.

Ov'è il figlio di Selmail garzon prode

Condottier di battaglia? io nol riveggo

Tornar a me fra le festose grida

Del popol mio: dunque cadéo trafitto

Il maestoso cavriol leggiadro

Onor de’ nostri poggi! ei cadde al certo

Poichè siete sì muti: infranto giace

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

150

Lo scudo di mie guerre.Orsù dappresso

Stiasi a Fingallo il suo guerriero arnese

E la spada di Luno; acerbo colpo

Mi risveglia e mi scuote: io col mattino

Scendo a pugnar; voi m'intendeteio scendo.

Alto di Cormo in su l'alpestre vetta

Arde al vento una quercia; erra d'intorno

La grigia nebbia in sinuose falde.

Il Re tre volte passeggiò spirante

Bellicoso furor: sempre dall'oste

Ritrarsi egli soleaqualor nell'alma

Gli ardea battaglia; a due grand'aste infitto

Pendea d'alto il suo scudoil scintillante

Segno di morteil paventato scudo

Ch'ei percoteva infra gli orror notturni

Pria che movesse a battagliar: le schiere

Conoscevano allorche il Re la pugna

Guidar dovea; che quel fragor soltanto

Del furor di Fingallo era foriero.

Scomposto passo e disugualfocoso

Sguardotorbida fronte in lui si scorge

Mentr'ei sfavilla della quercia al lume

Terribile a mirarsi a par del tetro

Spirito della notteallor ch'ei veste

Di densa nebbia il suo feroce aspetto

E di tempeste spargitor sul dorso

Del turbato oceàn carreggia i venti.

Nè già dalla passata aspra tempesta

Era del tutto abbonacciato il mare

Della guerra d'Erina: odi sul campo

Un aggirarsiun bisbigliar confuso

Dell'inquiete schiere. Innanzi agli altri

Solo è Catmorree coll'acciaro incalza

Di Morven fuggitiva i sparsi avanzi.

Giunto era appunto alla muscosa grotta

Ove giacea Fillàn: curva una pianta

Ombrava il rio che dalla rupe spiccia.

Ivi ad un raggio tremulo di Luna

Scorgesi luccicar l'infranto scudo

Del garzone di Clatoe presso a quello

Brano velluto il piè giacea sull'erba.

Egli sul Mora avea smarrito il Duce

E lungo tempo lo cercò sul vento.

Ei si credea che in placido riposo

Il vago cacciator dal guardo azzurro

Fosse addormitoe colla testa inchina

Sopra il suo scudo ad aspettar si stava

Ch'ei si svegliasse; una liev'auraun soffio

Non passò sulla piaggia inesplorato

Dal fido Branoavido pur che questo

Del suo dolce signor fosse il respiro.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

151

Ferì lo sguardo di Catmorre il veltro

Dal bianco pettolo ferì la vista

Del brocchiero spezzato; oscuritade

L'anima quasi nuvola gli adombra:

Rammenta il breve fuggitivo corso

Della vita mortale: un popol viene

È corrente ruscel; svanisceè soffio.

Altra schiatta succede; alcun fra tanti

Segna però nel suo passaggio il campo

Co' suoi possenti e gloriosi fatti.

Egli la muta oscurità degli anni

Signoreggia col nome; alla sua fama

Serpe un garrulo rivoella rinverde.

Tal sia d'Ata il guerrierqualora ei prema

Colle membra il terren: possa la voce

Della futura eta Catmor già spento

Scontrar spesso nell'aere allor ch'ei spazia

Di vento in ventoo a visitar si curva

Su le penne d'un nembo i poggi suoi.

D'intorno il Re la vincitrice Erina

Lieta si strinsead ascoltar le voci

Del suo poter: con disuguali scorci

Vedi piegarsi alla fiammante quercia

Le giojose lor facce: allontanati

Son pur quinci i terribilipur Luba

Fra la lor oste a serpeggiar ritorna.

Catmorraggio del ciella tetra notte

Che 'l suo popol premeasgombrò d'intorno

E gli spettri fugò: ciascun l'onora

E festeggia ed applaude: al suo cospetto

S'alzan tremanti di letizia i cori;

Tutto è pieno di gioja; il Re soltanto

Gioja non mostrail Re non novo in guerra.

Sir di Temòraa che sì fosco? disse

Malto il guerrier dall'aquilino sguardo:

C'è nemico sul Luba? hacci chi possa

L'asta rizzar? così pacato e dolce

Non fu già Borbardutoil sir dei brandi

Tuo genitor: contro i nemici in petto

Gli ardea di rabbia inestinguibil vampa

E si struggea di furibonda gioja

Sulla lor morte: festeggiò tre giorni

L'eroe grigio–crinitoallor che intese

Ch'era spento CalmàrCalmàr di Lara

Che ad Ullina e a Cormàn porse soccorso.

Spesso ei toccò con la sua man l'acciaro

Che trapassò del suo nemico il petto:

Ei lo toccò che per l'età già spente

Avea le luci. Ma co' fidi suoi

Era egli un soleuna piacevol aura

Sollevatrice d'abbassati rami.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

152

Nelle sue sale la gioiosa conca

Sonar s'udiva; chè onorati e cari

Gli eran di Bolga i figli: ora il suo nome

Rimane in Ataveneratoaugusto

Qual ricordanza d'ombreil cui sembiante

Desta terrorma le tempeste e i nembi

Sgombra col soffio. Or via d'Erina i canti

Sollevino lo spirtoe infondan gioja

In petto al Reche sfavillò nel bujo

Della battagliaed atterrò gagliardi.

Di quella roccia sul ciglion petroso

Fonart'assidi; degli andati tempi

Sgorga le storiee se n'allegri Erina

D'intorno assisa. A meCatmor riprese

Canto non s'alzerà; per me Fonarre

Sullo scoglio del Luba invan s'asside;

Son qui bassi i possenti: i loro spirti

Deh non turbiam con importuno canto

Mentre salgon nell'aere: applausi o lodi

Da me stien lungi: io non m'allegroo Malto

Sul nemico giacentee che non puote

Venir più meco al paragon del brando.

Alla pugna pensiam: doman s'adopri

La nostra possa; uopo n'è benFingallo

Sul poggio suol'alto Fingallo è desto.

Come al soffiar di poderoso vento

Onde respinteritirossi Erina

Alla voce del Re: spargonsi intorno

Romoreggiando le guerresche torme

Per lo campo notturno: ogni cantore

Sotto l'albero suo s'assisee l'arpa

Toccòcoi canti sollevando al cielo

Quel duce o questo a lui più stretto e caro.

Sulmalla anch'essa della quercia al raggio

Solleticava le tremanti corde

Della piacevol arpae udia frattanto

Tra i lunghi crini sibilar l'auretta.

Stava non lungi sotto annosa pianta

Il campion d'Ata; della fiamma il lume

Non fiedea la sua facciaegli la bella

Vedea non vistol'anima di furto

Ver lei gli scappa in un sospirmirando

Quel timidetto sguardo; invan: battaglia

D'Erina o condottierbattaglia hai presso.

Pian piano discorrevano sull'arpa

Le molli dita di Sulmalla: il suono

Tratto tratto soffermae pur ascolta

Se riposi l'eroe: riposo è spento

Nel petto della verginee sol brama

Darnon udita di canzon dolente

Dolce conforto all'amoroso affanno.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

153

Alfin sulle lor ale ai loro alberghi

Tornano i nembi della notte: omai

Cessar le voci de’ cantori: intorno

Van volteggiando co' suoi spirti in grembo

Rosse meteore; si rabbuja il cielo

E frammiste alle nubi il fan più fosco

Le forme della morte: allor si curva

Sopra la bassa illanguidita fiamma

La figlia di Gomorre: o campion d'Ata

In quell'alma d'amor tu solo alberghi:

Odi il dolce arpeggiareodine il canto.

Venne Clungala mesta

Che la diletta figlia avea smarrita.

Dovedove se’ ita

Luce delle mie sale? O cacciatori

Della muscosa rupe

Vedeste voi la bella

Occhi–azzurra donzella?

Forse col piè festoso

Segna Lumone erboso?

Seguita forse in caccia

De’ cervetti la traccia? - Ohimè che scorgo!

Non è quello il suo arco

Alla parete appeso? Oh me dolente!

Che fia? chi me l'addita?

Luce delle mie saleove se’ ita?

Resta in paceo madre amata

Vane son le tue querele;

Io non t'odoe le mie vele

Lungo il mar sospinge amor.

Del mio duce io seguo il corso

Caro duce onde tutt'ardo;

A lui solo ho volto il guardo

Solo in lui confitto ho 'l cor.

Lassa! ch'ei giace immerso

Nelle falde di guerrae non si volge

A mirar le mie peneil mio desio:

Sol dell'egro cor mio

Che non m'arrechi il desiato giorno?

In tenebre io soggiorno

Veglia nell'ora del comun riposo

Lo mio spirto amoroso;

A te pensaa te geme

Nebbia m'accerchia e preme

Tutto rugiada ho 'l crine: o mio bel Sole

La mia notte rischiara

Mostrami i tuoi bei rai

Sol dell'anima miavolgiti omai.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

154

CANTO VII

ARGOMENTO :Il canto comincia alla metà della terza notte. Apparizione diFillano al padre.

Fingal batte lo scudo in segno della battaglia del giorno susseguente.Straordinario effetto di quel

suono. Sulmalla scossa dal sonno risveglia Cathmor: loro affettuosocolloquio. Sulmalla sollecita

vanamente Cathmor a chieder la pace. S'introduce per episodio la storia diSommor. Cathmor

desta l'armata. Descrizione dello scudo di Cathmor. Canto di Fonar intorno ilprimo stabilimento

in Irlanda della colonia dei Fir–bolg sotto la condotta di Larthon. Spuntail mattino. Sulmalla si

ritira alla grotta di Lona. Il canto si chiude con una canzone di Ossian

Dalle bosco–cerchiate onde del Lego

S'alzae nell'aere in tortuosi gorghi

Poggia lurida nebbiaallor che chiuse

Son d'occidente le cerulee porte

Rincontro all'aquilino occhio del Sole.

Ampio si spande sul ruscel di Lara

L'atro e denso vapor; nuotavi a stento

La Luna in mezzoqual ferrigno scudo

Ed or galleggiaor vi si tuffa e perde.

Di cotal nebbia i subitani aspetti

Veston gli antichi spirtiallor che vanno

Da nembo a nembo per la buia notte.

Talor misti col vento han per costume

Sopra la tomba di campion possente

Rotolar quella nebbiaasilo e veste

Delle ignude ombreinsin ch'indi le inalzi

A più puro soggiorno aura di canto.

Venne un suono dal deserto: era Conarte

Regnator d'Inisfela; ei la sua nebbia

Sopra la tomba di Fillan riversa

Presso il ceruleo Luba: oscuro e mesto

Entro il lurido suo solco fumoso

Sedea lo spirto; ad or ad ora il nembo

Levasie via nel soffia; egli ben tosto

Ritorna: ei torna con protesi sguardi

E serpeggianti nebulosi crini.

È buio: posa l'oste: è spento il foco

Sul poggio di Fingallo. Il Re giacea

Solingo e fosco sull'avito scudo:

Socchiusi ha gli occhi in lieve sonno: a lui

Venne la voce di Fillan. Di Clato

Dorme lo sposo? può posar tranquillo

Il padre dell'estinto? Oblio ricopre

L'infelice Fillano? ah padre! - Ah Figlio!

D'uopo fors'è che a mescolar si venga

La tua voce a' miei sogni? Ohimè! poss'io

Obliartio Fillan? poss'io scordarmi

Colà nel campo il tuo sentier di foco?

Nosì liev'orma di Fingallo in core

Non sogliano stampar del prode i fatti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

155

E d'un prode ch'è figlio: essi non sono

Fuggitivo balen: sì ti rammento

Fillan diletto il mio furor ben tosto

Lo ti diràch'ei già divampa. Afferra

La mortifera lanciae ne percote

Quel che d'alto pendea funesto scudo

Cupo–sonanteannunziator di guerra.

D'ogni parte a quel suon volaro in frotta

Ombree fer massa e velo al ciel: tre volte

Dalla ventosa valle uscir le cupe

Voci dei mortie dei cantor non tocche

Mandaron l'arpe un suon lugubre e fioco.

Lo scudo ei ricolpì: battaglie alzarsi

Nei sogni del suo popolo; sfavilla

Su i loro spirti sanguinosa zuffa:

Alteri re d'azzurri scudi al campo

Scendonoarmate fuggono disperse

Bieco–guardanti e gloriosi fatti

Veggonsi trasparir confusamente

Fra le raggianti dell'acciar scintille.

Ma quando alzossi il terzo suond'intorno

Le nubi rintronarbalzaro i cervi

Dalle concave rupie nel deserto

S'udir le strida di smarriti augelli

Che mal securi rintanar fra i nembi.

Tutti ad un puntoal poderoso suono

Di Fingalloi guerrier scossersiall'asta

Corron le destre: or che sarà? silenzio

Riede ben tosto: ognun conobbe il picchio

Del regio scudo: a poco a poco il sonno

Torna ai lor occhi; è cheto il campo e fosco.

Ma non scende sopor sopra il tuo ciglio

O figlia di Gomorre. Udì Sulmalla

Il terribil fragor; s'alzarivolge

Verso il re d'Ata il piè: potria il periglio

Scuoter l'anima audace? in dubbio stassi

E l'occhio tende per mirarlo. Il cielo

Ardea di tutte stelle: ecco di nuovo

Suona lo scudo: e che sarà? si scaglia

S'arresta; or vanneor vien; voce tremante

L'esce a metàl'altra s'affoga e manca.

Gli si fa pressoed il campion rimira

In mezzo all'armeche del cielo ai fochi

Mettevan raggi; per le spalle il vento

Facea del lungo crin flagelli al petto.

Miraloe incerta e timorosa il passo

Rivolge addietro. - Il condottier d'Erina

Ch'io svegli? a che? de’ suoi riposi il sogno

Vergine d'Inisunaah! tu non sei.

Cresce il fragorcresce il terror: un tremito

Prendelal'elmo appiè cadele: ed alto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

156

Mentr'ei giù scende rotolondel Luba

La balza n'echeggiò. Catmorre in quella

Scosso dai sogniun cotal poco alzossi

Sotto l'albero suovidesi innanzi

La bella forma: una rossiccia stella

Godea di scintillar tra ciocca e ciocca

Dell'ondeggiante chioma. A che ten vieni

De’ sogni miei nella stagion tranquilla?

Disse Catmòr; chi sei? m'arrechi forse

Qualche nuova di guerra? o stammi innanzi

Forma d'antiche etadie voce ascolto

Ch'esce fuor d'una nube ad annunziarmi

Il periglio d'Erina? - A te non vegno

Notturno esplorator; nè voce io sono

Ch'esca da nube: un tuo fedel son io

Che pur ti avverte del periglio estremo

Che ad Erina sovrasta. O duce d'Ata

Odi tu questo suono? il fiacco al certo

Questi non èche sparge alto sul vento

I suoi segni di guerra. - E i segni suoi

Sparga a sua postaessi a Catmòr son arpe.

Grande è la gioja miagrandee divampa

Su tutti i miei pensieri; è questa appunto

La musica dei regiessa n'accende

Gli audaci spirti a gloriose imprese.

Solo il codardo nella valle erbosa

Dell'auretta soggiornaove le nebbie

Al serpeggiante rio di sè fan velo:

Là ricovrase vuoi. - Codardi e fiacchi

Re de’ mortaligià non furo i padri

Della mia stirpe; essi tra guerre avvolti

Vissero ognor nelle lontane terre:

Pur non s'allegra l'alma mia nei tetri

Segni di morte. Esce coluim'intendi?

Che mai non cede. Il tuo cantor di pace

MandaCatmorre. Inumidissi il ciglio

Del guerriero a quel suon; stette qual roccia

Stillanteimmota; quell'amabil voce

Quasi auretta sull'anima gli corse

E risvegliò la cara rimembranza

Delle contrade ov'ella avea soggiorno

Lungo i pacati suoi ruscelliinnanzi

Ch'ei gisse al campo con Gomorre. O figlia

Dei stranieridiss'egli (ella tremante

Fessi addietro a tai detti) è molto tempo

Ch'io t'adocchiai sotto il mentito acciaro

Giovine pianta d'Inisuna e bella.

Ma che? meco diss'iofera tempesta

M'accerchia l'almaa che degg'io fissarmi

A vagheggiar quel grazioso raggio

Pria che rieda il seren? Ma tu donzella

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

157

Cessa di paventar: pallor mi tinse

Forse la faccia di Fingallo al suono?

La stagion del periglio è dessa appunto

La stagion del mio cor; gonfiasi allora

Qual torrente spumosoe mi sospinge

A rovesciar la poderosa piena

Sopra i nemici. Or tu m'ascolta: sotto

L'erma balza di Lona appresso un rivo

Nei grigi crini dell'età soggiorna

Clomalo re dell'arpe; a lui sul capo

Fischia una querciae i cavrioli intorno

Van saltellando in graziose tresche.

Della zuffa il fragor fere non lungi

L'orecchio suomentr'ei curvo si volve

Nei pensieri degli anni: il tuo riposo

Sia qui Sulmallainfin che cessa il rugghio

Della battagliainfin ch'io spuntoo bella

Nelle vittoriose arme sonanti

Fuor della nebbia che circonda il seggio

Del diletto amor mio. Subita luce

Balenò della vergine sull'alma:

S'alza accesail risguarda; ah! gridainnanzi

Fia ch'aquila del ciel s'arretri e lasci

Quella che l'asseconda aura corrente

Allor chegrata tenerella preda

Sotto gli occhi le stan cervetti e damme

Di quel che il gran Catmorre unqua sia svolto

Dalla zuffa di gloria: ah possa almeno

Tosto vedertio mio guerrier diletto

Dolce spuntar sul nebuloso Lona

Bramata luce. Insin che ancor sei lungi

BattiCatmòrbatti lo scudoond'io

Mi riconfortie rassereni il core

Tenebroso per te. Ma se tu cadi...

Io sono in terra di stranieriio resto

Desolataperduta; ah mandao caro

Fuor d'una nube la tua voce amata

A Sulmalla che languee a te la chiama.

O ramicello di Lumon gentile

A che ti scuoti per terroree chini

Quasi ad irreparabile tempesta

Le verdi cime? ah non temerCatmorre

Più d'una volta dall'oscuro campo

Tornò famoso; a me di morte i dardi

Son grandinenon altro; e dal mio scudo

Spuntati al suolo rimbalzar sovente.

Spesso da buja guerra uscir fui visto

Quasi meteorache vermiglia appare

Fuor d'una nube a scolorarla intesa.

Statti tranquillae non uscir dall'antro

Del tuo riposoquando ingrossa e freme

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

158

Il rugghio della mischia: allor potrebbe

Il nemico scapparcome altre volte

Accadde al tempo de’ miei padri. Acerbo

Giunse nunzio a Sommòr che 'l pro' Clunarte

Fu spento in guerra da Cormàn: tre giorni

Stettesi fosco sul fratello anciso.

Videlo muto la sua sposae tosto

Presagì la battaglia: occultamente

L'arco assettò per seguitar l'eroe.

Non era Ata per lei che orrore e lutto

S'era lungi Sommòr. Di notte alfine

Dai lor cento ruscei sboccaro a torme

D'Alnecma i figli: il bellicoso segno

Colpiti aveaglie bellicosa rabbia

In lor si accese: s'avviar fremendo

Ver la boscosa Ullina. Il Re sovente

Ad animargli percotea lo scudo

Di guerra condottier: moveagli addietro

Sulallina gentil su i colli ondosi

E lì d'alto parea vivida stella

Allumatrice dei notturni passi

Del popol suo per la soggetta valle.

Non s'attentava d'appressarsi al Duce

Che in Ata la credea: ma quando il rugghio

Crebbe della battagliaoste sopr'oste

Ravviluppata rotolavaardea

Sommor qual foco incenditor del cielo.

La crinisparsa Sulallina accorse

Che pel suo re tremava: ei della zuffa

Rattenne il corsoonde salvar la bella

Vaghezza degli eroi. Di notte intanto

Il nemico fuggio; Clunarte inulto

Dormì senza il suo sangueil sangue ostile

Che sulla tomba del guerrier dovea

Sgorgarsi a dissetar l'ombra dolente.

Non si crucciò Sommòr; ma foschi e tristi

Furo i suoi giorni; Sulallina errava

Sul natio rivolagrimosa il ciglio

Sogguardava il guerrier quand'era avvolto

Fra' pensier suoima timida ben tosto

S'ascondea dal suo sguardoe ad altra parte

Volgeva i lenti solitarj passi.

Sorse alfin la battagliae via qual nembo

Sgombrò la nebbia dal suo spirto; il Duce

Caramente sorrisein rimirando

L'amata facciae della mano il dolce

Tra corda e corda biancheggiar vezzoso.

Tacqueciò dettoil correttor d'Erina;

E avviossi colàdove il suo scudo

Pendea dal ramo d'un muscoso tronco

Sopra l'ondoso strepitar del Luba.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

159

Sette cerchi sorgean gradatamente

Sopra il brocchieroe quinci uscian le sette

Voci del Reche de’ suoi varj cenni

Annunziatrici si spargean sul vento

Dai duci accolte e tra i guerrier diffuse.

Sopra ciascun de’ cerchi una notturna

Stella è scolpita: Càmato vi splende

La ben–chiomata; da una nube spunta

Colderna; Uloico di nebbiosa vesta

Velata appare; di Catlin sul balzo

Vedi i bei raggi scintillar; Reldura

Mezzo con dolce tremolio sorride

Sopra l'onda ceruleae mezzo in essa

Tinge la vaga occidental sua luce.

Rossiccio l'occhio di Bertin risguarda

Tra fronda e fronda al cacciator che lieto

Di notte alla magion tornae le spoglie

Di snello cavriol porta sul dorso.

Ma sfavillante di sereno lume

Brilla in mezzo Tontenaastro cortese

Che per la notte si fè lampa e scorta

A Larto ondi–vagantea Larto audace

Che tra i figli di Bolga osò primiero

Con fermo cor peregrinar su i venti.

Sul mar profondo si spargean del Duce

Le di candido sen vele volanti

Ver l'ondosa Inisfelaoscura notte

Tutto il cingea con tenebrose falde.

Sbuffava il vento disugualee d'onda

Trabalzavalo in onda; allor mostrossi

Tontena igni–crinitae in due partendo

La nube oppostaal buon guerrier sorrise;

Allegrossene Lartoe benedisse

Quel che la via segnogli amico raggio.

Sotto la lancia di Catmòr s'intese

Suonar la voce che i cantori invita.

Quegli accorser con l'arpee tutti a prova

Già tentavan le corde. In ascoltarli

Gioinne il Requal peregrin che ascolta

In sul mattin romoreggiar da lungi

Grato concento di loquaci rivi.

Ond'èdisse Fonàrche per la queta

Stagion del suo riposo a sè ci appella

D'Erina il correttor? L'avite forme

S'affacciaro a' suoi sogni? o forse assise

In quella nube ad aspettar si stanno

Il canto di Fonarre? Aman sovente

Gli antichi padri visitar le piagge

Ove i lor figli a sollevar son pronti

L'asta di guerra: o scioglierem noi forse

Canto di lode a quel terror dei forti

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

160

Al furibondo struggitor del campo

Sir di Moma selvosa? Oblio non copre

Disse Catmòrquel bellicoso nembo.

Cantor d'antichi tempialto Moilena

Sorger vedrà di quel campion la tomba

Soggiorno della fama; ora il mio spirto

Tu riconduci alla passata etade;

L'età de’ padri mieiquand'essi osaro

Irritar l'onde d'Inisuna intatte.

Chè non solo a Catmorre è dolce e cara

La rimembranza di Lumon selvoso

Lumon di molti riviamato albergo

Di verginelle dal bel sen di neve.

Lumon ricco di fontiecco tu sorgi

Sull'alma di Fonarre; il sole investe

I fianchi tuoi d'ispide piante ombrosi:

Per li tuoi folti ginestreti io scorgo

Balzare il cavriol; solleva il cervo

La ramosa sua fronteindi s'inselva

Tremandoche spuntar vede da lungi

Fra cespo e cespo l'inquiete nari

Del veltro indagator che lo persegue.

A lenti passi per la valle intanto

S'aggirano le verginile belle

Figlie dell'arco dalle bianche braccia.

Per mezzo i rivi della lunga chioma

Traguardan essee l'azzurrine luci

Alzano al colle. Ah d'Inisuna il duce

Cercate indarnoei non è qui: di Cluba

L'accoglie il golfo sinuoso; ei l'onde

Ama calcar nella scavata quercia

Quercia famosa che 'l gran Larto istesso

Dagli alti gioghi di Lumon recise

Per gir con essa a barcollar sul mare.

Le donzellette palpitanti altrove

Volgono il guardoper timor che basso

L'eroe non giaccia inabissato o infranto

Che mai più visto non avean l'alato

Mostro novel cavalcator dell'onde.

Ma non teme quel prode: i venti appella

E insultar osa all'oceàn. Sorgea

Dinanzi a lui fra 'l nebuloso fumo

La verde Erina; tenebria notturna

Piombò sul mare inopportunae al guardo

Ne tolse i boschi; paventaro i figli

Di Bolgaove drizzarsi? Ecco da un nembo

Spuntar Tontena focosetta il crine

Che l'ondoso sentiero a Larto addita.

Culbin cerchiato di sonanti boschi

La nave accoglie: uscia non lungi un rivo

Dall'orrida di Dutuma spelonca

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

161

Spelonca ove talor gli spirti antichi

Con le nebbiose mal compiute forme

Oscuramente luccicar fur visti.

Sogni presaghi di futuri eventi

Sceser sopra l'eroe; mirò sette ombre

De’ padri suoile mal distinte intese

Misteriose vocie qual per nebbia

Travide i fatti di venture etadi.

Vide i re d'Atai gloriosi figli

Della sua stirpe; essi godeano in campo

Guidar le squadresomiglianti in vista

A sgorgheggiar di nebulose strisce

Onde al soffio d'autunno Ata s'adombra.

Larto fra dolci armonici concenti

Alzò di Samla le capaci sale

Che dovean risonar d'arpe e di conche.

Spesso ei d'Erina ai cavrioli e ai cervi

Turbò la natia calmae guerra ignota

Portò ne’ lor pacifici covili:

Non però di Lumon verde la fronte

Perdeo la rimembranza; egli più volte

Valicò l'onde a riveder quei poggi

Ove Flatilla dalla bianca mano

Stava dall'alto risguardando il mare

L'invido mar che l'amor suo le invola.

Salve altero Lumonricco di fonti

Sull'alma di Fonar tu sorgi e brilli.

Spunta il mattin; le nebulose vette

Lievemente s'indorano; le valli

Mostrano aperte l'azzurrino corso

De’ lor garruli rivi: odon le schiere

Lo scudo di Catmorrealzansi a un tratto

Come s'alzan talor le affollate onde

Quando col suo fischiar le scuote e desta

Rapida imperiosa ala di vento.

Mesta Sulmalla si ritrasse e lenta

Ver la grotta di Lona: il piè s'avanza

Ma rivolgesi il guardoe glie l'offusca

Nebbia di duol che in lagrime distilla.

Giunta alla rupe che la valle adombra

L'alma le scoppia in un sospir; s'arresta

Guarda l'amato Regeme e si cela.

Su su percotansi

Le corde tremule:

Gioja non abita

Nell'arpa amabile?

Sgorgalasgorgala

D'Ossian sull'anima

Figlio d'Alpin.

Cantoreio odoti

Ma scorda il vivido

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

162

Suono piacevole:

Dolcezza flebile

Ad Ossian devesi

Ad Ossian misero

Che siede in tenebre

Già presso al fin.

O verde spina del colle dei spirti

Che scuoti il capo all'agitar del vento;

Perchè fra i rami tuoi frondosi ed irti

Una fresc'aura mormorar non sento?

Falda ventosa

Non erra in te.

Ombra nascosa

Dunque non v'è?

Pur fra i nembi sovente

So che la smorta gente - alto sospira

Quando la colma Luna

Torbida e bruna - per lo ciel s'aggira.

UllinCariloe Rino

Voci de’ giorni antichiah voi mandate

Il vostro suon che l'anima ristori.

V'ascoltoah sì v'ascolto

Figli del canto; or dite

Qual nubiloso tetto

A voi porge ricetto?

Fuor d'invisibil arpa

Spargete voi gli armoniosi lai

Vestiti della nebbia mattutina

Quando giubbato il sol d'orati rai

Spunta dalla verdiccia onda marina?

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

163

CANTO VIII

ARGOMENTO: Fingal sceso dal monte ove s'era ritirato la nottespedisce GauloDermide

Carilo alla valle di Cluna perchè scortino al campo dei Caledonj Feradarthola sola persona che

rimanesse della famiglia di Conar. Il Re s'accinge alla battaglia. Cathmordispone l'armata

irlandese. Conflitto generale: prodezze di Fingal e CathmorTempesta. Rottatotale dei Firl–bolg. I

due Re s'azzuffano dentro una colonna di nebbia. Loro atteggiamento ecolloquio dopo la battaglia.

Morte di Cathmor. Fingal rinunzia ad Ossian la lancia di Tremmore ilcomando delle guerre.

Cerimonie osservate in questa occasione. Apparizione dello spirito di Cathmora Sulmalla.

Sopraggiunge la sera. Feradartho viene all'armata fra 'l canto dei bardi. Ilpoema si chiude con

una parlata di Fingal.

Come allor che di verno orrido vento

L'onde del lago della rupe afferra

Tenacemente in tempestosa notte

E le inceppa di ghiaccioal guardo incerto

Del mattutino cacciator da lungi

I biancheggianti cavalloni ondosi

Sembrano ancora diguazzarsi; ei tende

L'orecchio al suon dei disuguali solchi;

Ciascuno è chetoluccicantee sparso

Di rami e sterpi e di cespugli e d'erbe

Squassanti il capoe zufolanti al vento

Su i lor grigi di brina aspri sedili;

Così mute al mattin splendean le file

Delle morvenie squadre. Ogni guerriero

Fuor dell'elmetto traguardava al colle

Ove Fingallo fra la nebbia avvolto

Si mostra e cela. Ad or ad or l'eroe

Scorgesi in maestosa oscuritade

D'arme sonando passeggiar; battaglia

Di pensier in pensier fosca si volve

Lungo la poderosa anima audace.

Miraloei scendeei vien: primo comparve

L'acciar di Luno: da una nube a mezzo

Spuntava l'astafoscheggiava ancora

Fra la nebbia il brocchierma quando il Duce

Tutto quant'era in suo regal sembiante

Chiaramente visibile avanzossi

Crollando i grigi rugiadosi crini

Allor le voci clamorosi alzarsi

Dell'oste sua che gli si strinse intorno:

Terribil gruppo; e un echeggiar di scudi

L'aer di lungo mormorio percosse.

Tal si scuotonos'alzanorimbombano

I flutti intorno ad un aereo spirto

Che per la via scorrevole del vento

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

164

Cala sul mare: il peregrin sul balzo

Ode l'alto fragordeclina il guardo

Sopra il turbato golfoe vedeo pargli

Veder la fosca formidabil forma:

Torreggian l'onde imbizzarritee fanno

Dell'inquiete terga archi spumosi.

Di Dutno il figlioil battaglier di Strumo

E di Cona il cantor stavan prostesi

Sotto l'albero suo; ciascun da lungi

Stava; ciascuno vergognoso il guardo

Sfuggia del Re; chè i nostri passi in campo

Non seguì la vittoria. Un picciol rio

Scorreami innanzi; io nella lucid'onda

Gìa diguazzando la punta dell'asta

Sbadatamente chè colà non era

D'Ossian lo spirto; ei s'avvolgea confuso

Tra varie curee ne mettea sospiri.

Figlio di Morniil Re parlòDermino

Di damme cacciatorperchè vi state

Sì lagrimositaciturniimmoti?

Con voi Fingal non ha rancor; voi sete

Mia forza in guerrae mia letizia in pace.

Ben vi sovvienche una piacevol aura

Fu la mia voce al vostro orecchioallora

Che per la caccia ripuliva i dardi

Il mio Fillàn; ma il mio Fillano adesso

Ah non è qui... nè qui la caccia! Or via

Perchè vi state sì lontani e foschi

Spezzatori di scudi? Ambo avviarsi;

Miraro il Reche avea volta la faccia

Verso il vento di Mora: onda di pianto

Scappava all'occhio per l'amato figlio;

Che nell'antro dormia; pur si rivolse

E sedato parlò: Cromala alpestre

Campo di ventia cui corona intorno

Fanno boscose balzee nebbia eterna

L'ondoso rugghio del ceruleo Luba

Sgorga alla vista; dietro a lui serpeggia

Il chiaro Lava per la cheta valle.

S'apre nel fianco della rupe un antro

Profondo e cupo: sopra quello un nido

Aquile altere di robuste penne

Fanvi e dinanzi spaziose querce

S'odono al vento strepitar di Cluna.

Qui colla bionda giovenil ricciaja

Sta Feradartol'occhiazzurro figlio

Del buon Cairba regnator d'Ullina.

Ei qui la voce di Condano ascolta

Mentre canuto a quella fioca luce

Curvasi e canta; il giovine in un antro

Ne ascolta il cantochè Temora è fatta

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

165

Stanza de’ suoi nemici. Egli talvolta

Esce a ferir le saltellanti damme

Quando la densa nebbia il campo adombra.

Ma come spunta il Solpiù non si scorge

Lungo il riopresso il balzo; egli la stirpe

Fugge di Bolga che locossi altera

Nel seggio de’ suoi padri. Or voi n'andate

Fidi miei ducie gli recate annunzio

Chei di lui dritti a sostenerla lancia

Fingallo impugna; e che i nemici suoi

Dell'usurpato suo regal retaggio

Non andran forse trionfanti e lieti.

Alza lo scudo poderosoo Gaulo

E proteggi il garzon; tu di Temora

Rizza l'astao Dermin; dentro il suo orecchio

Tu la dolce armoniaCarilo infondi;

E le gesta de’ padri a lui rammenta.

Siagli tu scorta ver Moilena erbosa

Campo dell'ombre ch'io di là mi spingo

Fra la torbida mischia: anzi che scenda

La buja nottedi Dumòra il giogo

Fa di salirindi rivolgi il guardo

Verso l'irriguo Lena: il mio vessillo

Se qui vedi ondeggiar spiegato al vento

Sopra il lucido Lubaesso diratti

Che di Fingal l'ultimo campo ai tanti

Della sua scorsa etade onta non reca.

Tacque; e a' suoi detti s'avviaro i duci

Lentiaccigliatitaciturni: obliquo

Volgeano il guardo sull'armata Erina

Foschi per dogliache non mai dal fianco

Si spiccaron del Requalor di guerra

Ruggia tempesta: dietro lor movea

Grigio–crinito Carilosovente

L'arpa toccando; ei prevedea l'alterna

Stragee suono mettea flebile e basso

Quasi d'auretta querulache a scosse

Vien dal cannoso Legoallor che il sonno

Pian pian sul ciglio al cacciator discende.

Ma di Cona il cantor perchè sta chino

Lì su quel rio? disse Fingallo: è questo

Padre d'Oscàrtempo di lutto? in pace

Si rimembrin gli eroidacchè 'l rimbombo

Degli scudi cessò: curvati allora

Nella tua dogliae coi sospiri accresci

L'aure della montagna; allora in folla

Schierinsi innanzi al tuo angoscioso spirto

Gli abitatori della tomba amati.

Or vedi Erina minacciosa e fosca

Che sul campo precipita; mio figlio

Alza il tuo scudo; ah figlio mio son solo.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

166

Qual talor subitana aura di vento

D'Inisuna sul mar fere una lenta

Naveche torpe in odiosa calma

E la sospinge a cavalcar sull'onde;

Così la voce di Fingal riscosse

Dal torpor di tristezza Ossiane al campo

Riconfortato lo sospinse. Alzai

Lo scudo mioche gìa spargendo intorno

Nel bujo della zuffa omai vicina

Torbida lucequal di smorta Luna

Nei lembi d'una nubeanzi che sorga

Tenebrosa tempesta. Ecco dal Mora

L'aspra guerra precipita: Fingallo

Guida i suoi prodiil gran Fingal: sull'alto

Veggonsi sventolar l'altere penne

Dell'aquila temuta: i grigi crini

Scendon sull'ampie spalle: avanza il passo

Come tuon fragoroso; egli a' suoi duci

Spesse mettenti dall'acciar scintille

E dal monte scagliantisi sovente

Lo sguardo animator volgee s'arresta

Fermo e grande a veder: rupe il diresti

Che sotto il ghiaccio incanutisce e il vento

Frange coi boschi; dall'irsuta fronte

Spiccian lucidi rivie infranti al balzo

Spruzzano i nembi con l'occhiuta spuma.

Giunse all'antro di Lubaove giacea

Muto Fillàn: su lo spezzato scudo

Stavasi Brano cheto cheto; al vento

Sparse dell'elmo erravano le penne

E colla punta luccicante uscia

Fuor delle foglie d'arida ginestra

La lancia del garzon. Dolor sconvolse

L'alma del requal improvviso turbo

Sulla faccia del lago; altrove il passo

Rivolse in frettae si curvò sull'asta.

Ma saltellando al calpestio ben noto

Del passo di Fingalfestoso accorse

Brano dal bianco petto; il fido veltro

Accorree accennae guaiolae risguarda

Pur alla grottaove giacea prosteso

L'amato cacciatorch'egli solea

Spesso guidarlo all'albeggiar del giorno

De’ cervetti al covil: Fingallo il pianto

Più non ritenne; tenebrìa di doglia

Gli adombrò tutta l'anima: ma come

Forte vento talor spazza repente

Le tempestose nubie al sole aperti

Lascia i lucidi rivi e i colli erbosi;

Tal la possente immagine di guerra

Rischiarò l'alma annuvolata: il Luba

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

167

Fermo sull'asta sua varca d'un salto

Batte lo scudo; a quel rimbombo l'oste

Pinsesi in fuor col minacciante acciaro.

Nè paurosa di battaglia il segno

Erina intese; ella s'avanza: oscuro

Malto traguarda dal velluto ciglio;

Presso gli è Idallaamabil raggio; il torvo-

Guardante Maronnàn seguelo; inalza

L'acuta asta Clonàr; Cormiro al vento

Scuote la chioma cespugliosa; avanza

Dietro la rupe maestoso e lento

D'Ata l'eccelso eroe; prime spuntaro

Le due lance del Duceindi comparve

La metà del brocchiermeteora in notte

Su la valle dell'ombre; intero alfine

Rifulse e grandeggiò; l'un oste e l'altra

Scagliasi allora nella zuffae l'arme

Già già pria di ferir pugnan coi lampi.

Quasi con tutta di lor poderose onde

La formidabil massa a scontrar vansi

Due procellosi mari allor che intorno

Lo scoglioso Lumonrombar le penne

Odon dei venti; sfilano sul balzo

L'ombre combattitrici: sul profondo

Precipitosi piombano spezzati

Diradicati boschie fansi inciampo

Delle sconce balene ai passi ondosi;

Tai si mischian le armate: ora Fingallo

Or s'avanza Catmor; morti su morti

Tombano in folla: degli eroi su i passi

Sgorgano scintillanti onde d'acciaro;

E quindi e quinci ai lor fendenti a terra

Va un monte d'elmied un filar di scudi.

Ecco per mano di Fingal percosso

Stramazza Maronnanoe col suo corpo

Attraversa il ruscel: s'ammassan l'onde

Sotto il suo fiancoe gorgogliando balzano

Sul cerchiato brocchiero: è là trafitto

Da Catmorre Clonàrnè però il duce

Preme il terreno; una ramosa quercia

nel suo cader gli afferra il crine: al suolo

Rotola l'elmoabbandonato pende

Dalla ciarpa lo scudoe vi serpeggia

Il nero sangue in grossi gorghi: ahi lassa!

Tu piangerai bella Tlaminae spesso

Farà la chiusa mano oltraggio al petto.

Nè l'asta Ossian scordò; con essa il campo

Sparge di morte: il giovinetto Idalla

Leggiadra voce dell'ondoso Clora

S'avanza: ohimèperchè la lancia arresti

Mal accortoperchè? scontrato innanzi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

168

T'avessi altrove alla tenzon del canto!

Malto basso lo vedeegli s'offusca

E mi sguardae s'avventa: ambi curviamci

Ambi la lancia...Ecco repente il cielo

Rabbujasiraggruppasi; rovesciasi

Stemprato in pioggia procellosa: intorno

Alle voci ululabili dei venti

Rimugge il bosco: or quel colleor questo

Vestono falde d'abbagliante foco

E in tempestosi vortici di nebbia

Rotola il carro assordator del tuono.

Fra lo scompiglio e fra l'orror tremanti

Rannicchiarsi i nemicie sbalordita

Di Morven l'oste si ristette: io fermo

Mi tenni pur sopra il ruscellasciando

In preda ai venti il crin fischiante. Io sento

La voce di Fingalsento le grida

Del fuggente nemico: accorroil padre

Cercoma scappa al guardo; un incessante

Alternar di baleni e di tenebre

Lo mostra a mezzoe tosto il cela; or l'elmo

Traspare or l'asta: e ben; sia bujo o luce

Pugniam; batto lo scudoincalzo i passi

D'Alnecma: innanzi a me rotte e disperse

Sfuman le schiere. Alfin risguarda il Sole

Fuor d'una nube; di Moilena i cento

Rivi disfavillar; ma presso al monte

Vedi di nebbia spaziar colonne

Lentedenseatre: ov'è Fingallo? il prode

Catmorre ov'è’? sul riosul balzoal bosco?

Non già; che fia? sento un colpir d'acciari:

Colàcolà di quella nebbia in seno

È la zuffa dei Re. Così talvolta

Pugnan due spirti entro notturna nube

Pel governo dell'onde o 'l fren dei venti.

Precipitai: si sollevòsi sperse

La grigia nebbia: scintillanti i Duci

Sul Luba grandeggiavano. Catmorre

Posava al balzo: penzola lo scudo

Dal braccio illanguidito; e il rio che spiccia

Fuor dal masso vicin lo batte e inonda.

Gli sta presso Fingallo: ei vide il sangue

Del campion d'Ata: a quella vista al fianco

Lentamente discendegli la spada

Ed in voci pacifiche e pietose

Parla con gioja tristeggiante e fosca.

Cede l'eroe d'Alnecma? o vuol pur anco

La lancia sollevar? chiara abbastanza

È la tua fama in Ata. Ata soggiorno

Per te d'ogni stranier; spesso il tuo nome

Qual aura del desertoa colpir venne

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

169

L'orecchio di Fingal. Vieni al mio poggio

Vieni alla festa miacedi; i possenti

Ceder ponno senz'onta: io non ho sdegno

Col dimesso nemicoe non m'allegro

Al cader d'un eroe: mio studio e cura

È saldar piaghe di guerrier ferito.

Note mi son l'erbe dei collie spesso

Amo di corne le salubri cime

Mentre del rivo ondeggiano sul margo:

Teco godrò dell'arte mia far prove.

Vientenee che? tu stai pur fosco e muto

Prence d'Ata ospital? Sull'Ataei disse

S'alza una rupe; ondeggianvi di sopra

Ramose piante; ad essa ampia nel mezzo

S'apre una grotta a cui ruscel non manca.

Colà prostesoil calpestio più volte

Sentii del peregrinche di mie conche

Giva alla sala; in sul mio spirto ardea

Vampa di giojae benedissi il balzo

Che de lor passi rispondeva al suono.

Qui fia nel bujo il mio soggiorno; io quindi

Salirò spinto da piacevol canto

Sopra l'auretta che sparpaglia i velli

Del cardo de’ miei poggi: e in giù dall'alto

Traguarderò fuor dell'azzurra nebbia

Sul caro balzo e sul diletto speco:

La mia tomba sia questa. - Ohimè! di tomba

Perchè parla il guerriero? Ossiant'accosta

Miraloegli spirò. Gioja ti scontri

Quasi ruscelgioja t'inondi e bei

Alma leggiadra e dei stranieri amica.

Mancò il possente: ah figliuol miosia questo

L'ultimo de’ miei fatti; è tempo omai

Ch'io cessi dalle pugne: odo qui presso

La chiamata degli anniessi passando

Della lancia m'afferrano la punta

E sembran dir: perchè Fingal non posa

Nelle sue sale? Alma d'acciaroil sangue

Così dunque t'alletta? - Anni scortesi

No che nel sangue io non m'allegro; il pianto

Di vedove e di figli è a me torrente

Vernal che scende a desolarmi il core.

Ma che? quand'io pacifico e tranquillo

Giaccio su i colli mieisorge la voce

Poderosa di guerrae sì mi desta

Dal mio riposoe la mia spada appella.

L'appelli? omai fia vano. Ossiantu prendi

La lancia di Fingal; per lui la inalza

Quando sorge il superbo. I miei grand'avi

Sempre i vestigi miei segnar dall'alto;

Grate fur loro le mie gesta: ovunque

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

170

Mossi a guerreo perigliognora io vidi

Le nebulose lor colonne azzurre

Farmisi scorta di vittoria in pegno.

Ossiansai tu perchè? sempre il mio braccio

Gli oppressi ricattò; contro il superbo

Contro l'alma feroce arse soltanto

Lo sdegno mionè s'allegrò il mio sguardo

Sulle sciagure altruisull'altrui morte.

Per questo al mio passar le avite forme

Verran tutte festose in su la soglia

Dell'aeree lor sale ad incontrarmi

In graziosa maestàcon veste

Di luce candidissimae con occhi

Placidamente in dolce foco accesi:

Ove al superbo ed al crudel son esse

Lune pregne d'orrorche a spaventarlo

Mandan vampa feral nunzia di sdegno.

Abitator di vorticosi venti

Tremmòr padre d'eroimiramiio porgo

La lancia ad Ossian mio: quest'atto inviti

E allegri i sguardi tuoi. Spesso io ti vidi

Fuor d'una nube balenarmi al volto;

Tal ti mostra a mio figlioallor ch'ei l'asta

Rizza nelle battaglie; egli in mirarti

Membrerà il tuo valorTremmorre invitto

Già signor dei mortaliora dei nembi.

La lancia ei porse alla mia mano; e a un tempo

Erse una pietraonde col grigio capo

Narrasse il fatto all'altre età; sott'essa

Pose una spadae colla spada un cerchio

Del rinomato scudo; oscuro intanto

Volgeasi e muto in fra pensieri; alfine

Sciolse la voce in cotai detti: O pietra

O pietraallor che le remote etadi

Ti faran polvee che sarai già spersa

Per entro il musco roditor degli anni

Verrà qui forse peregrin non degno

E passerà fischiando: alma codarda!

Ah tu non sai quanto di fama un giorno

Sfavillasse in Moilena! è quiche l'asta

Fingallo al figlio nella man depose

E coronò col memorabil atto

L'ultimo de’ suoi campi. Or viati scosta

Ombranon uom; gloria t'ignora; il margo

D'un rio t'arresta in ozio vile; ancora

Poch'annie poi se’ nulla; oblio t'attende

Per ingoiartiabitator palustre

Di grossa nebbiasconosciuto al canto.

Tal non sarà Fingalfama qual manto

Fia che 'l rivestaed il suo nome altero

Irraggerà di nobili faville

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

171

Le tarde etàperchè il suo forte acciaro

Schermo fu sempre all'infelice oppresso.

Disse; e alla quercia s'avviò che curva

Pendea sul Luba: una pianura angusta

Sotto vi giacee vi discorre il fonte

Che spiccia dalla rupe: ivi di Selma

Lo spiegato vessillo ondeggia al vento

E 'l suo cammino a Feradarto addita;

A Feradarto che in ascosta valle

Sta palpitante e di sua sorte incerto:

Lucido il Sole d'occidente intanto

Fende le nubi; il gran Fingal ravvisa

Morven sua trionfanteode le voci

Romoroseconfuse; osserva i moti

D'inquieta esultanzae se n'allegra;

Qual cacciator che dopo aspra tempesta

Mira splendere al sol le cime e i fianchi

Del natio colle; il già dimesso capo

Rizza lo spinoe i cavrioli in frotta

Fanno sull'altoscorribande e tresche.

Ma d'altra parte entro muscoso speco

Stavasi il grigio Clòmalo; già spente

N'eran le lucied un baston sostegno

Faceasi all'arco delle annose terga.

Pendea dinanzi dal suo labbro intenta

Sulmalla ad ascoltar le grate istorie

Dei prenci d'Ata. Del cantor cessato

Già nell'orecchio era il fragor lontano

Del conflitto crudel; s'arresta a un tratto;

E gli scappa un sospiro: a lui sovente

Sull'alma balenavano gli spirti

Dei duci estinti; ei ravvisò Catmorre

Sanguinosoprosteso. A che sì fosco?

Disse la bella; omai cessò nel campo

La fera zuffa; vincitor tra poco

Verrà 'l mio duce; d'occidente il sole

Tocca le grottegià l'ingrata nebbia

Sorge dal lagoe quel poggetto adombra

Giuncoso seggio delle damme; e in breve

Ei spunteràvedrollo... il veggo; ah vieni

Solo diletto miovientene. - Er'egli

Lo spirto di Catmòrlentaaltaaltera

Movea la forma: rannicchiossi a un punto

Dietro al fremente rio. - Travidiè questo

Un cacciator che a lenti passi il letto

Cerca del cavriol; guerra ei non cura

La sua sposa l'attende; egli fischiando

Carco di spoglie di cervetti bruni

Tornerà alle sue braccia. - Ella pur gli occhi

Tien volti al colle: ecco di nuovo appare

La maestosa forma. - Or sì ch'è desso. -

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

172

Corre a quello festosa; egli s'arretra

Si rannebbiadigradanosvaniscono

Le sue membra fumosee sfansi in vento.

Conobbe allor ch'ei più non era. - Ahi lassa!

Amor miotu cadesti!... Ossianah scorda

Scorda il suo luttoegli a quest'alma è morte

Notte scese in Moilena; alto la voce

Risuonò di Fingalloalzossi intorno

La fiamma della quercia; il popol tutto

Con gioja s'adunòma in quella gioja

Serpea qualch'ombra; che drizzando il guardo

Di fianco al Regli si scorgeva in volto

Non compiuta letizia e pensier gravi.

Piacevolmente dal deserto intanto

Venìa voce di musica; dapprima

Parea fiochetto mormorìo di fonte

Sopra lontana rupe; ella accostossi

E lenta rotolavasi sul balzo

Qual ala crespa di leggera auretta

Che pel silenzio di tranquilla notte

Pian pian ferisce le vellute barbe.

Era cotesta di Condàn la voce

Mista all'arpa di Carilo: venièno

Essi con Feradartoil sir gentile

A Fingallo sul Mora. Ad incontrargli

Mossero pur del Lena i vatia' canti

Canti mescendoe d'esultanza in segno

Alzossi un plauso universal di scudi.

Piena e splendida allor gioja s'aperse

Sulla faccia del Recome talvolta

Raggio improvviso in nubiloso giorno.

Trasse ei dal cerchio del brocchiero un suono

DE’ suoi cenni forier: cessaro a un punto

Le gridai canti; e 'l popolo sull'aste

Curvossi ad ascoltar la voce amata.

Morvenie schiereè già di sparger tempo

Il mio convitofra concenti e feste

Scorra la notte: sfavillasteo prodi

Assai nel buioor la tempesta è sgombra.

È rupe il popol mio; su questa io fermo

Spiccai più volte un aquilino volo

Verso la famae l'afferrai sul campo.

Or sia fine a' miei fatti. Ossiantu l'asta

Hai di Fingallo; ella non ètu 'l sai

Verghetta di fanciul che i cardi atterra;

Questa è l'asta dei grandi; essi di quella

Spesso armata la man prestaro a morte.

Pensa a' tuoi padrio figliuol mioson essi

Dopo tant'annivenerati raggi

D'intemerata famaa lor t'agguaglia.

Fa che al nuovo mattin da te sia scorto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

173

Feradarto in Temòrae lui nel seggio

Loca degli avi suoi; fa' ch'ei rammenti

D'Erina i regied il morvenio sangue

Che in sen gli serpee il tralignarne aborra.

Non si scordin gli estinti; a lor dovute

Son grate laudi: Carilotu sgorga

La voce tuache gli rallegri in mezzo

Della lor nebbiae sia compenso a morte.

Compiuta è ogn'opra; io col mattin tranquillo

Spiegherò le mie vele inver l'ombrose

Mura di Selmaove Dutùla ondoso

L'erboso letto ai cavrioli irriga.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

174

CALLODA

POEMA

CANTO I

ARGOMENTO: Fingal in uno de' suoi viaggi all'isole Orcadiintrapreso pervisitare il suo amico

Cathulla re d'Inistorefu spinto dalla tempesta in una baja dellaScandinavia vicino alla residenza

di Starno. Quel re veggendo a comparire gli stranieri lungo la costaraccolse le sue tribùe s'inviò

ad Uthorno per assalirli: ma come intese esserne capo Fingaldi cui aveasperimentato il valore

pensò di ricorrere al tradimentoe mandò invitandolo al suo convito.Fingalche ben conosceva la

perfidiae l'atrocità di costuiricusa d'andarvie si accinge adifendersiqualora fosse assalito da

Starno. Venendo la notteDuthmarunouno degli eroi caledonj propone aFingal d'osservare i

movimenti del nemico. Il re stesso intraprende di vegliare. Avanzandosi versoil nemicoviene alla

grotta di Turthorove Starno avea confinata Conban-carglasfiglia d'un capovicino da lui ucciso.

Fingal giunge al luogo di adorazioneove Starno e suo figlio Svaranoconsultavano lo spirito di

Loda intorno l'esito della guerra. Incontro di Fingal e Svarano. Il canto sichiude colla descrizione

dell'aerea sala di Cruth-lodache si suppone l'Odin della Scandinaviamentovato nel poema

precedente.

Canto una storia antica: a che dell'aria

Peregrina invisibile gentile

Che ti trastulli col velluto cardo

A cheplacida aurettaabbandonasti

D'Ossian l'avido orecchio? io non ascolto

Tintinnio d'arpa e non garrir di rivo.

Cacciatrice di Lutaah vienie l'alma

Col suon leggiadro al buon cantore avviva.

A te guardoo Loclinguardo al solcato

Golfo d'Utornoove Fingal discese

Dall'oceànmentre ruggiano i venti.

Pochi del duce nell'estrania terra

Sono i seguaci. Il fero Starno invia

L'abitator di Lodaonde al convito

Fingallo inviti: ma i trascorsi fatti

L'Eroe rimembrae di giust'ira avvampa.

Non fia giammai che nè Gormàlnè Starno

Vegga Fingallo: su quell'alma atroce

Errano tetre immagini di morte

Come d'autunno nugoloni oscuri.

Poss'io scordarmi la vezzosa figlia

Di quel padre crudel? Cantor di Loda

Va va: Fingallo il suo parlar non prezza

Più che fischio di nembo. O Dumaruno

Braccio di morteo del ferrato scudo

SignorCrommagloo pro' Strummòrch'esulti

Nelle battaglie; e tu Cormar di cui

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

175

Guizza sull'onde il baldanzoso legno

Come rosso vapor di nube in nube;

Eroistirpe d'eroisorgetee cerchio

Fate al Re vostro: questa estrania terra

Provi la nostra possa; ognun risguardi

L'avito scudoe 'l gran Tremmorre imiti

Guidator di battaglie. O dal tuo ramo

Ove pendi lassù misto coll'arpe

Scendi mio scudo; o questa onda travolvi

Che ci sta soprao meco giaci in terra.

Tutti s'alzarnè voce uscioma rabbia

Parla nei loro voltiafferran l'aste

Han le lor alme in sè raccolte: alfine

S'alzò repente dei percossi scudi

Un lungo consonar: ciascun dei duci

N'andò al suo poggio: disugual susurro

S'udia di canto tra 'l buffar dei venti.

Rifulse ampia la luna. Armato innanzi

Fessi il gran Dumarunoegli che venne

Già dall'alpestre Cromacarnoil torvo

Cacciator del cignale: ei sparse all'aura

Le vele sue verso Cruntormo ondosa

Quando un frequente rintronar di corno

Scosse i suoi boschi: in perigliosa caccia

Ei fra' nemici isfavillò: spavento

Al tuo gran coreo Dumarunoè ignoto.

O figlio di Comalloiodissei passi

Moverò per la nottea spiar pronto

Le mosse di Loclin: scorgomi a fronte

Svaranoe Starno dei stranier nemico;

E non senza cagion curvansi innanzi

La Pietra del Poter. Ma s'io non torno

La sposa mia siede solinga e mesta

Nella magion paternaove a scontrarsi

Vanno con l'onde due frementi rivi

Di Crammocraulo nella piaggia ombrosa

Che sopra ha verdi collie 'l mar dappresso.

Va lungo il lito il mio Candòna errando

E con vaghezza fanciullesca intento

Nella strillante folaga s'affisa.

Fingalloe sposa io t'accomando e figlio:

Tu lei confortaed a Candòna arreca

Il teschio del cignalfa ch'egli apprenda

Quanta gioia inondasse il sen del padre

Quando d'Itorno il setoloso mostro

Sull'asta sua rotò confitto. O prode

Fingal ripresei padri miei rammento

E vo’ per l'onde ad imitargli inteso.

Non fu tra lor che d'un periglio ad altri

L'onor cedesse; dei nemici in faccia

Freddo timor non mi germoglia in petto

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

176

Benchè le spalle mi ricopra e sferzi

Chioma di gioventù: no not'arresta

Duce di Crammocrauloil campo e’ mio.

Disseed armato si slanciò d'un salto

Oltre il rivo di Turtoroche lungi

Manda di notte un violento rugghio

Là di Gormàl per la nebbiosa valle.

Isfavillante della luna il raggio

Fiedea le balze; a quel chiaror rifulse

Leggiadra forma; di Loclin donzella

La scopriano le vesti; ondeggia il crine

Biancheggia il pettodisuguali e brevi

Sono i suoi passi; uno spezzato canto

Lancia sul ventoad or ad or dibatte

Le bianche bracciae si contorce: angoscia

Par che in quell'alma desolata annidi.

O Torcutorno dall'antico crine

Ella cantòdove t'aggiri? intorno

Forse al Lula paterno? ah tu cadesti

Lungo le sponde de’ tuoi rivio padre

Dell'infelice Conbacarla afflitta.

Cadesti sìma pur talor ti scorgo

Presso le sale spaziar di Loda

Quando la notte colla larga vesta

Fosco–faldata al muto ciel fa velo.

Talor pur anco il tuo ferrigno scudo

La Luna affrontae ne l'adombra: io scorgo

Il suo buio avanzantesi: per l'aria

Tu veleggi su i ventie tu nel foco

Delle meteore per la notte accendi

Il lungo crinche ne divampa e striscia.

Or perchè me nella mia grotta oscura

Scordi mesta e solinga? Ah dalle sale

Del poderoso Loda un guardoo padre

Volgi che mi confortie pietà prendi

Dell'infelice Conbacarla afflitta.

Chi sei? Fingal domanda: Ella tremante

S'arretra. Oh chi sei tul'Eroe riprende

Voce notturna? Ella pur temee muta

Si rannicchia nell'antro. A lei s'accosta

Fingalloe 'l cuoio annodator discioglie

Dalla candida mano: indi novella

Chiede de’ padri suoi. Presso il torrente

Di Lulaessa incominciaavea soggiorno

Torcutorno di Cratlo; avealperch'ora

Ei va scuotendo la sonante conca

Nella sala di Loda: armato incontro

Feglisi Starno di Loclin; pugnaro:

Lungo e fero conflitto! alfin pur cadde

Torcutorno mio padre. Io dalla rupe

Scendeacoll'arco nella man del sangue

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

177

Di saltellanti cavrioli intriso

E rannodava la scomposta chioma

Scherzo de’ venti: odo un rumor; protendo

Gli occhimi s'alza il molle senm'avvio

Per iscontrartiamato padre. Ahi lassa!

Starno era questiil truce re: rota egli

Sopra di me gli occhi di bragiaombrati

Dall'ondeggiante setoloso ciglio

Gioja atroce spiranti. Ov'è mio padre

Dissi già sì possente?... ah tu sei sola

Fra' tuoi nemicidolorosa figlia

Di Torcutorno. Ei per la man m'afferra

Scioglie le vele e me piagnente in questa

Grotta nasconde. Ad or ad or si mostra

Quasi infetto vaporlo scudo a fronte

M'alza del padre mio: ma pur talvolta

Passa quinci oltre a serenarmi un vago

Raggio di giovinezza: o raggio amato

Tu solo alberghi in questo cor dolente.

Vaga figlia di Lulaa te soprasta

Nembo segnato di focose striscie

Disse Fingallo: ehdi guardar tralascia

La fosca lunao le meteore ardenti.

L'acciar mio ti sta pressoe l'acciar questo

Non è del fiacconè dell'alma oscura.

Vaghe donzelle in tenebrosa grotta

Non si chiudon tra noinodi tenaci

Non fanno oltraggio a bianca man gentile;

Gaje in Selma si curvano sull'arpa

Le vergini d'amornè la lor voce

Per la deserta piaggia invan si sperde.

Fingal più oltre s'avanzò sin dove

Di Loda balenavano le piante

De’ venti al soffio scotitor; tre pietre

V'ergon muscosi capi; indi un torrente

Carco di spuma rotolon si versa;

E terribile rotasi d'intorno

La rosso–fosca nuvola di Loda.

Fuor dagli orli di quellaincognita ombra

Sformata in forma di nebbioso fumo

Traguardae manda un'interrotta e roca

Voceche 'l rugghio del torrente avanza.

Lì presso appiè d'una sfrondata pianta

Stanno curvi due reSvaranoe Starno

Nemico dei stranieria corre il sacro

Misterioso suon: s'appoggian quelli

Su i loro scudihan tese l'aste; il nembo

D'oscurità stride di Starno intanto

Per la folta del mento ispida chioma.

Udiro i passi di Fingalloalzarsi

Nell'arme lor; va'disse Starnoatterra

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

178

Svaràn; colui che 'l temerario passo

Osa inoltrarprendi il paterno scudo

Egli è rupe di guerra. Ei movee scaglia

L'asta raggiante; ella restò confitta

Nell'albero di Loda: allora entrambi

Trasser la spada e s'azzuffar. L'acuta

Lama di Luno in mezzo a' cuoi si spinge

Del brocchier di Svaran; quei cadeinfranto

Cade per l'elmo: il sollevato acciaro

Fingallo arresta: disarmato ignudo

Stette Svarànne fremei muti sguardi

Ei rotaal suol getta la spadae lento

Lungo il torrente s'incammina e fischia.

L'adocchiò Starnoe furibondo in atto

Volse le spalle: atro–velluto il ciglio

Vedi ondeggiar sull'addensata rabbia

Che gli scoppia dal guardo; egli di Loda

Contro l'albero avventasi coll'asta

E s'avvìa borbottando: entrambi all'oste

Vennero di Loclind'orgoglio e d'ira

Ambi bollentifrementispumanti

Come duo rivi in rovinosa pioggia.

Alla pioggia di Tùrtoro frattanto

Tornò Fingallo: d'oriente il raggio

Vivido sorsee tra le man del Duce

Riverberò sulle Loclinie spoglie.

Bella dalla sua grotta uscì la figlia

Di Torcutorno: il crin raccoglieed alza

La sua rozza canzoncanzon che spesso

Sonar s'udìa nelle paterne sale

Fra le conche di Lula. Ella di Starno

Vide lo scudo sanguinoso; in volto

Le sorrise la giojae già... ma l'elmo

Vede anco infranto di Svaràns'arretra

S'asconde impallidita; ah tu cadesti

Speme di questo corcadestied io...!

Utornoalpestre Utorno

Che sull'onde soggette alzi la fronte

La Luna

S'imbruna

Dietro i folti tuoi boschi: in su la vetta

Delle tue balze siede

La nebulosa

La spaventosa

Abituro inamabile dell'ombre

La magion di Crulloda

La negra Loda

Della funesta intenebrata sala:

Per lo tetto

Per li fianchi

Vampeggiano

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

179

Volteggiano

Vario–pinte meteore a torme a torme

E vi stampan focose orribili orme.

Vedo Crullodail vedo

Benchè tra i globi di sua nebbia involto:

Il rugginoso volto

S'affaccia allo sportelcingonlo i tetri

Sformati spetri; - ei colla destra afferra

Scudo di guerra; - la sinistra ha innante

Conca sonante. - Egli la scote e stende

A chi più splende - nell'orror guerriero

E va più nero - d'atro sangue ostile.

Ma tra Crulloda e 'l vile

Si frappone il suo scudoe ne lo scosta

Di rapprese tenebre orrida crosta.

Gaia qual arco

Che poi ch'è scarco

Di pioggiail cielo

Ne pinge il velo

D'un bel balen;

Vien la di Lulla

Vaga fanciulla

Dal bianco sen.

..............

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

180

CANTO II

ARGOMENTO: Fingal ritorna sul fare del giornoe dà il comando delle suegenti a Duthmaruno.

Questi attacca il nemicoe lo respinge sopra il torrente di Turthor. Fingalrichiama i suoi;

Duthmaruno torna vittoriosoma ferito mortalmentee spira da lì a poco.Ullino in onor del morto

racconta la storia di Strinadona e di Colgormouno degli antenati diquell'eroe.

Ove seiregio figlio? e che trattienti?

Esclama Dumaruno: ohimè! cadesti

Forseo di Selma giovinetto raggio?

Egli non riede: ah perchè tarda? albeggia

Sopra Utorno il mattino; il sol la nebbia

Punge co' rai: su suguerrierialzate

Gli scudi al mio cospetto: il re non debbe

Cader come vaporche il ciel lambendo

Orma in bosco non lascia. Eccololo veggo

Ei vieneei vien qual aquila sonante

Dal conflitto dei venti; in mano ei porta

Le spoglie di Loclin: per teFingallo

Eran nostr'alme intenebrate e meste.

Dumarunoei risposea noi dappresso

Fansi i nemici; escono fuor quasi onde;

Che per la nebbia ad or ad or fan mostra

Di lor cime spumose; il peregrino

Si rannicchia tremantee non sa dove

O celarsi o fuggir. Ma noi tremanti

Peregrini non siam: figli d'eroi

Ora è d'uopo d'acciaro: alzar la spada

Dovrà Fingallo? o de’ miei duci alcuno

La guerra condurrà? De’ padri i fatti

Soggiunse Dumarunoai nostri passi

Scorta e lume son sempre. Ancor che involto

Entro la fosca nuvola degli anni

Pur si scorge Tremmòr: fiacca non era

L'anima dell'Eroe; nè fatti oscuri

Per quel lucido spirto ivano errando.

Da cento poggi lorda cento rivi

Mossero un tempo a Colgacrona erboso

Le morvenie tribù; ciascuna avea

Alla testa il suo ducee ciascun duce

D'esser pretende il condottier; le spade

Snudano a mezzorotano gli sguardi

Rossi d'orgoglio; l'un dall'altro irati

Stanno in dispartee dispettose voci

Van bisbigliando: io cederò? qual dritto?

Perchè? fur pari i nostri padri in guerra.

Tremmorre era co' suoi: sferzava il tergo

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

181

Giovenil crinee maestade ha in volto.

Vide i nemici avvicinarsie cruccio

L'alma gli strazia; le dannose gare

Cerca acchetar con provido consiglio;

Vuol che ciascun dei duci alternamente

Guidi le squadre. Le guidarfur vinti:

Scese Tremmorre alfinle schiere al campo

Guidò pur esso; gli stranier fuggiro.

S'affollaro i guerrierie cerchio intorno

Fero al campionee d'esultanza in atto

Picchiar gli scudi. Allor la prima volta

Dalla regal sala di Selma usciro

Le voci del poter: pure a vicenda

Negli scontri minor soleano i duci

Spiegar vessillo: ma qualor gagliardo

Sorgea perigliorispettosi e presti

Correano al renè vi correano indarno;

Ch'era lo stesso a lui vittoria e pugna.

E bendisse Crommàgloassai son chiare

Le avite gesta: ma chi fia che innanzi

L'occhio del Re l'asta sollevi? ingombra

Nebbia colà quei quattro poggi oscuri;

Per mezzo ad essa ogni guerrier colpisca

Lo scudo; forse entro quel buio i spirti

Scender potrianoe destinarci al campo.

Salse ognuno il suo poggio: il suon dei scudi

I cantori notar; suonò più forte

Dumarunoil tuo cerchio; or vasei duce.

Come precipitose e sonanti onde

Vien la schiatta d'Utorno; è Starno innanzi

E 'l pro' Svaran: sopra i ferrati scudi

Tendono il guardocome suol talvolta

Crulloda occhi–focosoallor che il capo

Sporge dagli orli d'offuscata Luna

E veste il ciel di sue ferali insegne.

Appo il ruscel di Tùrtoro i nemici

Scontrarsi: si sollevanos'affrontano

Quai flutti accavallantisi; i sonanti

Colpi meschiarsi: volano nell'alto

Di schiera in schiera orride morti: i campi

Sembran due nembi grandinosi il seno

Nelle cui falde avviluppati e attorti

Sbattonsi i venti: in giù piomba confuso

Il rovinio delle piovose stroscie

Con accoppiato rugghioil mar percosso

Ne sente il pondoe si rigonfiae sbalza

Zuffa d'Utornoorrida zuffae come

Narrerò le tue morti? Ora tu stanzi

Cogli anni che passaroe sul mio spirto

La tua memoria inaridisce e sfuma.

Starno pugnòpugnò Svarano; entrambi

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

182

Sgorgan furor: ma paurosao fiacca

Non è la man di Dumaruno: il brando

Rotaincalza Loclinl'ancide o sperde.

Ne fremettero i regi: un rancor cupo

Rode i lor corialle fuggenti schiere

Torcono il guardo inferocito. Il corno

Squilla di Selmad'Albion selvosa

Tornano i figli al noto suon; ma molti

Sulle ripe di Turtoro prostesi

Molti eroi di Loclin lascian nel sangue.

O di cignali cacciatoreo duce

Di Cromacarnail Re gridònon senza

Sanguigne spoglie e generosa preda

Veggo l'aquila mia tornar dal campo.

Palpiterà di gioia il bianco petto

Della vaga Lanillae a' tuoi trionfi

Candona tuo s'allegrerà. Colgormo

Riprese il Ducedi mia stirpe il primo

Sen venne ad Albion. Colgormo il prode

Solcator dell’oceano. Egli in Itorno

Il fratello trafissee de’ suoi padri

La terra abbandonò: tacito ei scelse

Presso l'alpestre Crammocraulo il luogo

Del suo soggiorno; bellicosa stirpe

Da lui disceseuscì ciascuno in campo

Ma ciascun vi perì; quella ferita

Che loro ucciseè mio retaggio. Ei trasse

Dal suo fianco uno stralpallido cadde

Su straniero terren: ma l'alma a volo

Levossie i padri a visitar sen corse

Nella lor tempestosa isola: ei gode

Là d'inseguir col suo dardo di nebbia

Nebulosi cignali. A quella vista

Stettero i duci taciturni immoti

Quasi pietre di Loda; il peregrino

Per lo dubbio chiaror di fioca luce

Le scorgee veder crede alte ombre antiche

Meditanti fra lor future guerre.

Notte scese in Utorno. I guerrier foschi

Stan pure in doglianon curando i nembi

Che lor fischian fra i crini; alfin s'udio

Del pensoso Fingallo uscir la voce.

Chiama Ullino dall'arpee ad esso impone

Di sciorre il canto. Non vapor cadente

Fu già l'eroe di Crammocraulo; egli era

Sole possente allumator del cielo

Che nella forza de’ suoi raggi esulta.

Ullinoi nomi de’ suoi padri appella

Dai lor foschi soggiorni. - ItornoItorno

Il cantor cominciòche torreggiante

Al mar sovrastie perchè mai sì fosco

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

183

D'ocean tra la nebbia il capo ascondi?

Dall'acquose tue valli uscio la forte

Al paro delle rapide possenti

Aquile tue d'infaticabil penna

La stirpe dell'intrepido Colgormo

Delle sale di Loda abitatrice.

Nell'isola di Tormo il poggio ondoso

S'alza di Lartache il boscoso capo

Ama chinar sopra una cheta valle.

Colà di Cruro alla spumosa fonte

Rurma abitavacacciator ben noto

Di setosi cignali; era sua figlia

Strinadona gentilcandida il seno

Meraviglia a veder. Molti possenti

Remolti eroi di ferrei scudie molti

Garzon di lunga inanellata chioma

Venner di Rurma all'echeggianti sale

Per vagheggiar la maestosa e vaga

Cacciatrice di Tormo: invantu volgi

Freddo su tutti e trascurato il guardo

Strinadona gentilcandida il seno.

S'ella movea lungo la piaggia il passo

Vincea il suo petto al paragon la bianca

Mollissima lanugine di cana;

S'iva sul lito ondi–battuto errando

Del mar la spuma nel candor vincea:

Due stelle erano gli occhiera la faccia

Gaia e ridentecome il vivid'arco

Del ciel piovoso; i nereggianti crini

Per lo volto ondeggiavanoquai spesse

Nubi fosco–rotantisi: tu sei

L'abitatrice dei leggiadri cori

Strinadona gentilcandida il seno.

Venne Colgormo l'occhi–azzurroe venne

Colculsura possente: i due fratelli

Lasciaro Itornod'ottener bramosi

Il bell'astro di Tormo: ella mirogli

Ambi nell'arme rilucentie tosto

Le si fisse in Colgormo il guardo e 'l core:

Ei suo pensieroei sogno suo. Comparve

L'occhio notturno d'Ulloclinae vide

Della donzella il tenero sospiro

L'alzar del senoe 'l volteggiar del fianco.

Muti i fratelli per gelosa rabbia

Aggrottaron le cigliae minacciose

Dei torbid'occhi si scontrar le vampe.

Volgonsi altrovesi rivolgon tosto

Batton lo scudoe sugl'ignudi acciari

Stanno le destre di furor tremanti.

Pugnar: dubbia è la pugna; alfin nel sangue

Colculsùra cadeo. Fremè di sdegno

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

184

L'antico padree discacciò Colgormo

Lunge da Itornoonde ramingo errasse

Scherzo dei venti. Egli il suo seggio elesse

Nello scoglioso Crammocrauloin riva

Di straniero ruscel; ma non è solo

In sua tristezza il re dolente; appresso

Stagli di Tormo l'amorosa stella

Strinadona dilettae lo conforta.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

185

CANTO III

ARGOMENTO: Descrivesi la posizione dell'armata danesee de' suoi re.Colloquio di Starno e

Svarano. Starno vuol persuadere il figlio ad uccidere proditoriamente Fingalche riposava sul

colle vicino. Affine d'inanimirlo a un tal colpo e di levargli ogni scrupologli arreca il suo proprio

esempioe racconta la storia di Foinar–bragal. Era questa sorella diStarnoche essendosi

innamorata di Corman–trunarsignor di Urlorera scappata con lui. Annirosuo padre unito a

Starno li inseguì sino ad Urlore venne a battaglia con Corman–trunarmafu sconfitto. Starno

volendo vendicarsi a qualunque prezzosi travestì da cantoreandò aCorman–trunare fingendo

che Anniro fosse mortochiese da quello una treguafinchè si rendessero almorto gli onori

funebri. Indi aspettando che gli amanti dormisseroli uccise ambedueetornò ad Anniro che si

rallegrò moltissimo per questo fatto. Negando Svarano di aderire allaproposizione di Starnosi

accinge egli stesso a una tal impresa. È vinto e fatto prigioniero da Fingal;ma dopo un acerbo

rimprovero della sua crudeltàè lasciato partire liberamente.

Da qual fonte mai sgorga? in qual profonda

Incognita voragine si perde

La corrente degli anni? ove nasconde

I vario-pinti suoi lubrici fianchi?

Io guardo ai tempi che passarma foschi

Sembrano al guardo miocome riflesso

Barlume fievolissimo di luna

Su lontano ruscello. Indi di guerra

Spuntan astri focosiivi sta muta

La schiatta de’ codardi: ella non lascia

Di nobil orma ed ammirandaimpressa

La fronte dell'etade. O tu che stanzi

Colà tra i scudio tu che avvivi e desti

L'alma che mancaarpa di Conaah scendi

Con le tre voci tue: quella risveglia

Che raccende il passatoe fa ch'io scorga

De’ prischi padri isfavillar le forme

Sopra la densa tenebria degli anni.

Nembosa Utornoin sul tuo fianco io veggo

Gli eroi del sangue mio: Fingallo è curvo

Di Dumarùno in sulla tomba; i duci

Non lungi stan. Ma rannicchiata in ripa

Del torrente di Tùrtoro nell'ombre

Sta l'oste di Loclin: rabbiosi i regi

Siedon sui poggi lor; col mento inchino

Sopra lo scudoalle notturne stelle

Rossiccie peregrine d'occidente

Tendono il guardo. Curvasi Crullòda

Sotto sembianze di meteora informe

I suoi divoti a rimirar; ei sgorga

Dal seno i ventie gli frammischia agli urli

Orridi annunziator de’ cenni suoi.

Starno ben s'avvisò che il re di Selma

Non è facil vittoria: egli due volte

Pestò la quercia con furor. Suo figlio

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

186

Ver lui s'avanzae mormora fra i labbri

Crucciose note. S'arrestar: rivolti

L'un dall'altro si standue querce in vista

Percosse e curve da diversi venti;

Pende ciascuna in sul suo rivoe intoppo

Fa co' gran rami alla corsia de’ nembi.

Fu già (Starno a dir prese)Anniro il padre

Foco distruggitorlanciava il guardo

Balen di morte: erano a lui le stragi

Conviti e festee degli ancisi il sangue

Era al suo corquasi ruscello estivo

Allegrator d'inaridita valle.

Ei presso il lago di Lucormo un giorno

Uscì co' suoi per farsi incontro al grande

Abitator dei vortici di guerra

Al prode Cormantruna. Il campiond'Urlo

Lasciò i torrentied a Gormàl sen venne

Con le sue navi: ivi adocchiò la bella

Figlia d'Anniro dalle bianche braccia

Foinabrilla; ei l'adocchiònè freddo

Cadde sul duce e spensierato il guardo

Della regia donzella. Ella di notte

Fuggì solettae allo stranier sen corse

Quasi raggio lunar che scappa e segna

Notturna valle di fuggente striscia.

Sul marchiamando a secondarlo i venti

Mosse Anniro a inseguirlae non già solo;

Era Starno al suo fianco: ioqual d'Utorno

Di giovinette penne aquila audace

Gli occhi tenea fissi nel padre. Apparve

Urlo rugghiante: Cormantruna armato

Ci spinse incontro i suoi guerrier; pugnammo

Ma prevalse il nemico. Anniro involto

Stette nel suo furor; col brando irato

Facea tronconi delle verdi piante

Gli occhi son bragiae le tremanti labbra

Spuman di rabbia. Le sembianze e l'alma

Notai del padremi ritrassi; un elmo

Fesso dai colpie un traforato scudo

Colgo dal campo sanguinosoincarchi

Della sinistra man; gravo la destra

Di rintuzzata lanciain tal sembiante

Fommi al cospetto del nemico innanzi.

Sopra una ruped'alta quercia al raggio

Stava il gran Cormantrùnaa lui dappresso

Foinabrilla dal ricolmo seno

Sedea sotto una pianta: io l'elmo e l'asta

Getto al suo pièchiuso nell'armee parlo

Le parole di pace. In ripa al mare

Giace Anniro prosteso: il Re trafitto

Fu nella pugnaaddolorato Starno

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

187

Gli alza la tomba: eime figlio di Loda

Invia qua nunzio alla germanaond'ella

Mandi una ciocca del suo crin sotterra

Funebre donoa riposar col padre.

E tusignor d'Urlo raugghiantearresta

Il furor della pugnainsin che Anniro

Dalla man di Crulloda igni–crinito

Prende la concaguiderdon dei forti.

Proruppe in pianto la donzella e sorse

E una ciocca stracciòciocca del crine

Ch'iva sul petto palpitante errando.

Recò la conca il duce; e d'allegrarmi

Seco m'impose: io m'acquattai nell'ombre

Chiuso la faccia nel profondo elmetto.

Sonno discese in sul nemicoio tosto

Sorgo qual ombracolle dita estreme

Appuntando il terren; pian pian m'accosto

E passo il fianco a Cormantruna: e salva

Già non uscì Foinabrilla; ansante

Rota nel sangue il bianco sen: malnata

Figlia d'eroiperchè destarmi a sdegno?

Sorse il mattinole nemiche schiere

Fuggiro velocissimequal nebbia

Spinta da vento subitano. Anniro

Colpì lo scudo; dubitoso il figlio

Rappella. Io venni a lui segnato a lunghe

Striscie di sangue; in rimirarmi il padre

Alzò tre volte impetuoso strido

Quasi scoppiar d'un rufolo di vento

Da una squarciata nube. Ambo tre giorni

Ci satollammo di rabbiosa gioja

Sopra gli estintied appellammo a stormi

I falconi del ciel: volaron quelli

Da tutti i venti loro ad isbramarsi

Al gran convitoche per man di Starno

Dai nemici d'Anniro a lor s'offerse.

Svaranoudisti; su quell'ermo poggio

Fingal solo riposa. Or vadi furto

Passagli il fianco: come Anniro un tempo

Gioì per metal per tuo brando adesso

Mandi il cor di tuo padre urlo festoso.

Figlio di Annirnon pugnerà Svarano

Nell'ombra della frode: esco alla luce

Ed affronto il nemicoe non pertanto

I falconi del ciel non fur mai tardi

A seguir il mio corso: essi dall'alto

Usan segnarloche fu loro in guerra

Sempre scorta alle prede. Arse a tai detti

Il Re di sdegno; contro il figlio l'asta

Tre volte sollevò: pur si riscosse

La man rattennee via si volse. Appresso

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

188

Al torrente di Tùrtoro un'oscura

Grotta è ripostache fu dianzi albergo

Di Conbacarla: ivi deposto l'elmo

De’ regialtro ne presee a sè di Lula

La donzella chiamò: nessun risponde

Ch'era fatta la bella abitatrice

Della sala di Loda. Egli fremendo

D'ira e dispetto s'avviò laddove

Giacea solo Fingallo: il re posava

Sopra lo scudo. Cacciator feroce

Di velluti cignalnon hai dinnanzi

Fiacca donzellao garzonetto imbelle

Che su letto di felci adagi il fianco

E al mormorio di Turtoro s'addorma:

Questo è letto d'eroidonde ad imprese

Balzan di morte: alma feroce e vile

Non risvegliar dal suo riposo il prode.

Starno vien borbottando: il re di Selma

Rizzasi armato: olà chi sei? rispondi

Figlio di notte. Ei taciturno l'asta

Scagliae s'avanza: in tenebrosa zuffa

Meschiansi i brandi; in due spezzato a Starno

Cade lo scudo; è’ ad una quercia avvinto.

Alzossi il raggio orientalFingallo

Scorse il re di Loclin; gli occhi in silenzio

Volvee ricorre coi pensieri al tempo

Che Aganadeca dal bel sen di neve

Movea con passi misurati e lenti

Come armoniche note; il cuoio ei sciolse

Dalle mani di Starno. Oltre diss'egli

Figlio d'Anniro al tuo Gormàl ten riedi:

Torna quel raggio a balenarmi al core

Ch'era già spento: io mi rimembro ancora

La figlia tua dal bianco sen. T'ascondi

Negra almaatroce refuggi e t'inselva

Nel tuo cupo abituroo nubiloso

Nemico dell'amabile; vavivi

De’ stranieri abbominioorror de’ tuoi.

Malvina mial'antica storia udisti.

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

189

LA NOTTE

ARGOMENTO: In più d'un luogo di queste poesiee segnatamente nel poemettodi Cromaal

v.191

si fa menzione di canti fatti all'improvviso. Furono questi tenuti ingrandissimo pregio dai Bardi

dei tempi susseguenti. Ciò che ci riman di quel genere mostra piuttosto ilbuon orecchioche il

genio poetico degli autori. IL traduttore inglese non ha incontrato che unasola di queste

composizioni che meriti d'esser conservataed è per l'appunto la presente.Ella è di mille anni più

recente del secolo di Ossianma sembra che gli autori si sieno studiatid'imitar lo stile di questo

poetae di adottarne molte espressioni. Eccone il soggetto. Cinque bardiocantori passando la

notte in casa d'un signoreo capo di tribùil quale era anch'esso poetauscirono a far le loro

osservazioni sopra la nottee ciascheduno ritornò con una improvvisadescrizione della medesima.

La notte descritta è nel mese d’ottobree nel nord della Scozia ell’haveramente tutta quella

varietàche i cantori le attribuiscono.

I° CANTORE

Trista è la nottetenebrìa s'aduna

Tingesi il cielo di color di morte:

Qui non si vede nè stellanè luna

Che metta il capo fuor dalle sue porte.

Torbido è 'l lagoe minaccia fortuna

Odo il vento nel bosco a ruggir forte.

Giù dalla balza va scorrendo il rio

Con roco lamentevol mormorìo.

Su quell'alber colàsopra quel tufo

Che copre quella pietra sepolcrale

Il lungo–urlante ed inamabil gufo

L'aer funesta col canto ferale.

Ve’ ve’:

Fosca forma la piaggia adombra:

Quella è un'ombra:

Strisciasibilavola via.

Per questa via

Tosto passar dovrà persona morta:

Quella meteora de’ suoi passi è scorta.

Il can dalla capanna ulula e freme

Il cervo geme - sul musco del monte

L'arborea fronte - il vento gli percote;

Spesso ei si scuote - e si ricorca spesso.

Entro d'un fesso - il cavriol s'acquatta

Tra l'ale appiatta - il francolin la testa.

Teme tempesta - ogni uccelloogni belva;

Ciascun s'inselva - e sbucar non ardisce;

Solo stridisce - entro una nube ascoso

Gufo odioso;

E la volpe colà da quella pianta

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

190

Brulla di fronde

Con orrid'urli a' suoi strilli risponde.

Palpitanteansantetremante

Il peregrin

Va per sterpiper bronchiper spine

Per rovine

Chè ha smarrito il suo cammin.

Palude di qua

Dirupi di là

Teme i sassiteme le grotte

Teme l'ombre della notte;

Lungo il ruscello incespicando

Brancolando

Ei strascina l'incerto suo piè.

Fiaccasi or questa or quella pianta

Il sasso rotolail ramo si schianta

L'aride lappole strascica il vento.

Ecco un'ombrala veggola sento;

Trema di tuttonè so di che.

Notte pregna di nembi e di venti

Notte gravida d'urli e spaventi!

L'ombre mi volano a fronte e a tergo:

Aprimiamicoil tuo notturno albergo.

II° CANTORE.

Sbuffa 'l ventola pioggia precipitasi

Atri spirti già strillano ed ululano

Svelti i boschi dall'alto si rotolano

Le fenestre pei colpi si stritolano.

Rugghia il fiume che torbido ingrossa:

Vuol varcarlo e non ha possa

L'affannato viator.

Udiste quello strido lamentevole?

Egli è travoltoei muor.

La ventosa orrenda procella

Schianta i boschii sassi sfracella:

Già l'acqua straripa

Si sfascia la ripa

Tutto in un fascio la capra belante

La vacca mugghiante

La mansueta e la vorace fera

Porta la rapidissima bufera.

Nella capanna il cacciator si desta

Solleva la testa

Storditoavviva il foco spento: intorno

Fumanti

Stillanti

Stangli i suoi veltri: egli di scope i spessi

Fessi riempiee con terrore ascolta

Due gonfi rivi minacciar vicina

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

191

Alla capanna sua strage e rovina.

Là sul fianco di ripida rupe

Sta tremante l'errante pastor.

Una pianta sul capo risuona

E l'orecchio gli assorda e rintrona

Il torrente col roco fragor.

Egli attende la Luna

La Luna che risorga

E alla capanna co' suoi rai lo scorga.

In tal notte atra e funesta

Sopra il turbo e la tempesta

Sopra neri nugoloni

Vanno l'ombre a cavalcioni.

Pur è giocondo

Il lor canto sul vento:

Che d'altro mondo

Vien quel novo concento.

Ma già cessa la pioggia: odi che soffia

L'asciutto ventol'onde

Si diguazzano ancoraancor le porte

Sbattono: a mille a mille

Cadon gelate stille

Da quel tetto e da questo. Oh! oh! pur veggo

Stellato il cielo: ah che di nuovo intorno

Si raccoglie la pioggia; ah che di nuovo

L'occidente s'abbuia.

Tetra e’ la notte e buja

L'aer di nembi è pregno:

Ricevetemiamicia voi ne vegno.

III° CANTORE

Pur il vento imperversae pur ei strepita

Tra l'erbe della rupe: abeti svolvonsi

Dalle radicie la capanna schiantasi.

Volan per l'aria le spezzate nuvole

Le rosse stelle ad or ad or traspaiono

Nunzia di morte l'orrida meteora

Fende co' raggi l'addensate tenebre.

Ecco posa sul monte: io veggo l'ispida

Vetta del giogo dirupatoe l'arida

Felce ravviso e l'atterrata quercia.

Ma chi è quel colà sotto quell'albero

Prosteso in riva al lago

Colle vesti di morte?

L'onda si sbatte forte

Sulla scogliosa ripaè d'acqua carca

La piccioletta barca:

Vanno e vengono i remi

Trasportati dall'onda

Ch'erra di scoglio in scoglio: oh! su quel sasso

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

192

Non siede una donzella?

Che fia? l'onda rotante

Rimira

Sospira

Misero l'amor suo! misero amante!

Ei di venir promise

Ella adocchiò la barca

Mentre il lago era chiaro: oh me dolente!

Oimè questo è 'l suo legno!

Oimè questi i suoi remi!

Questi sul vento i suoi sospiri estremi!

Ma già s'appresta

Nuova tempesta

Neve in ciocca

Fioccafiocca

Biancheggiano dei monti e cime e fianchi;

Sono i venti già stanchi

Ma punge l'ariaed è rigido il cielo:

Accoglietemi amiciio son di gelo.

IV° CANTORE

Vedi notteserenalucente

Puraazzurrastellataridente;

I venti fuggiro

Le nubi svaniro

Si fan gli arboscelli

Più verdi e più belli;

Gorgogliano i rivi

Più freschie più vivi;

Scintilla alla Luna

La tersa laguna.

Vedi notteserenalucente

Puraazzurrastellataridente.

Veggo le piante rovesciateveggo

I covoni che il vento aggira e scioglie

Ed il cultor che intento

Si curva e li raccoglie.

Chi vien dalle porte

Oscure di morte

Con piè pellegrin?

Chi vien così leve

Con vesta di neve

Con candide braccia

Vermiglia la faccia

Brunetta il bel crin?

Questa è la figlia del signor sì bella

Che pocanzi cadéo nel suo bel fiore.

Deh t'accostat'accostao verginella

Lasciati vagheggiarviso d'amore.

Ma già si move il ventoe la dilegua;

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

193

E vano è che cogli occhi altri la segua.

I venticelli spingono

Per la valle ristretta

La vaga nuvoletta:

Ella poggiando va;

Finchè ricopre il cielo

D'un candidetto velo

Che più leggiadro il fa.

Vedi notteserenalucente

Puraazzurrastellataridente.

Bellanottepiù gaia del giorno:

Addiostatevi amiciio non ritorno.

V° CANTORE

La notte è chetama spira spavento

La Luna è mezzo tra le nubi ascosa:

Movesi il raggio pallido e va lento

S'ode da lungi l'onda romorosa.

Mezza notte varcòche 'l gallo io sento:

La buona moglie s'alza frettolosa

E brancolando pel bujo s'apprende

Alla paretee 'l suo foco raccende.

Il cacciator che già crede il mattino

Chiama i suoi fidi canie più non bada;

Poggia sul collee fischia per cammino:

Colpo di vento la nube dirada;

Ei lo stellato aratro a sè vicino

Vede che fende la cerulea strada:

Ohdiceegli è per tempoancora annotta

E s'addormenta sull'erbosa grotta.

Odiodi!

Corre pel bosco il turbine

E nella valle mormora

Un suon lugubre e stridulo;

Quest'è la formidabile

Armata degli spiriti

Che tornano dall'aria.

Dietro il monte si cela la Luna

Mezzo pallida e mezzo bruna:

Scappa un raggioe luccica ancora

E un po' po' le vette colora:

Lunga dagli alberi scende l'ombra

Tutto abbuiatutto s'adombra:

Tutto è orridoe pien di morte:

Amicoah non tardarschiudi le porte.

IL SIGNORE

Sia pur tetra la notteululi e strida

Per pioggia o per procella

Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian

194

Senza lunanè stella;

Volino l'ombree 'l peregrin ne tremi;

Imperversino i venti

Rovinino i torrentierrino intorno

Verdi–alate meteore; oppur la notte

Esca dalle sue grotte

Coronata di stellee senza velo

Rida limpido il cielo

È lo stesso per me: l'ombra sen fugge

Dinanzi al vivo mattutino raggio

Quando sgorga dal monte

E fuor dalle sue nubi

Riede gioioso il giovinetto giorno:

Sol l'uomcome passònon fa ritorno.

Ove son orao vati

I duci antichi? ove i famosi regi?

Già della gloria lor passaro i lampi.

Sconosciutiobliati

Giaccion coi nomi lorcoi fatti egregi

E muti son delle lor pugne i campi.

Rado avvien ch'orma stampi

Il cacciator sulle muscose tombe

Mal noti avanzi dagli eccelsi eroi.

Sì passerem pur noi; profondo oblio

C'involverà: cadrà prostesa alfine

Questa magion superba

E i figli nostri tra l'arena e l'erba

Più non ravviseran le sue rovine.

E domandando andranno

A quei d'etade e di saper più gravi:

Dove sorgean le mura alte degli avi?

Sciolgansi i cantici

L'arpa ritocchisi

Le conche girino;

Alto sospendansi

Ben cento fiaccole;

Donzelle e giovani

La danza intreccino

Al lieto suon.

Cantore accostisi

Il qual raccontimi

Le imprese celebri

Dei re magnanimi

Dei duci nobili

Che più non son.

Così passi la notte

Finchè il mattin le nostre sale irraggi.

Allor sien pronti i destri

Giovani della cacciae i canie gli archi.

Noi salirem sul collee per le selve

Andrem col corno a risvegliar le belve.